Pierre Teilhard de Chardin è stato non solo un genio (parzialmente) incompreso (cfr. articolo precedente, del 12 agosto 2025), ma anche un visionario illuminato. Non ha avuto in vita un grande seguito perché le sue «visioni» sull'uomo, sull'universo, su Cristo, sulla Chiesa, sulla religione… furono ritenute in alcuni ambienti pericolose. Per questo non ha potuto pubblicarle mentre era in vita e da morto i suoi sostenitori hanno faticato molto a raccogliere i suoi scritti in almeno 13 volumi. Hanno contribuito alla sua rivalutazione postuma il gesuita Henri de Lubac (1962), lo scrittore Giancarlo Vigorelli (1963), ma soprattutto il cardinale Ratzinger, poi papa Benedetto XVI, che lo citò più volte, affermando, fra l’altro, che quella di Teilhard fu una «grande visione» per cui alla fine «avremo una vera liturgia cosmica, e il cosmo diventerà ostia vivente». Dopo aver accennato nel precedente articolo alla «passione dell’Assoluto» che ha animato l’intera vita di Teilhard de Chardin, in questo desidero soffermarmi su due altri aspetti della vita e della ricerca del gesuita francese: l’universo «divino» e il «fenomeno umano».
L’Universo «divino»
L’idea del cosmo (universo) ha sempre affascinato filosofi e ricercatori fin dall’antica Grecia, dando alla filosofia e alla scienza stimoli preziosi per tutte le ricerche che miravano a svelare il mistero dell’universo che ci avvolge e ci comprende. Per Teilhard de Chardin, però, tutte le visioni cosmologiche antiche avevano un limite perché consideravano l’universo secondo un modello statico e geocentrico (con al centro la terra), in un cosmo finito.
Studiando la terra
nei suoi vari aspetti fisici ed evolutivi (organici e inorganici) e immersa
nell'universo siderale, Teilhard maturò invece l’idea che l’universo non fosse
statico ma in continua evoluzione. A spingerlo in questo interminabile
movimento sarebbe la coscienza o meglio il «vento di coscienza», che
soffia in continuazione da un’infima semplicità verso una sempre maggiore
complessità per culminare, un giorno, nel «Punto Omega» (di cui si è
molto discusso), una specie di super-organismo, coincidente, però, con Dio stesso nella persona di Gesù Cristo, «Dio da Dio», «Luce da Luce»,
«Dio vero da Dio vero».
Mi sembra inutile
addentrarsi in queste considerazioni, ma ritengo la visione dell’universo di
Teilhard de Chardin molto interessante perché squarcia l’universo,
solitamente considerato statico e indecifrabile, in un universo dinamico e
certamente più umano, perché ci avvolge e coinvolge tutti, cerca di dare senso
a ogni cosa, è capace di animare i nostri sogni e le nostre speranze, offre la
possibilità di conciliare la scienza con la fede
nel pieno rispetto delle convinzioni religiose di ciascuno. Per questo
Teilhard chiama «divino» il movimento che agita in continuazione l’universo.
Il «fenomeno umano»
Ciò che colpiva
maggiormente Teilhard de Chardin nell'immenso universo era tuttavia il
«fenomeno umano», l’uomo visto non solo come «punto superiore e forse ultimo»
dell’evoluzione sul pianeta Terra e «chiave d’interpretazione dell’universo»,
ma soprattutto come essere pensante (sulla scia dell’aristotelico «l’anima è
tutto», anima est omnia) e
«coscienza», che ha il senso dell’immensità siderale, del tempo e dello spazio,
«occupa una posizione chiave, di asse principale, una posizione polare nel
mondo», è testa, nucleo, chiave, asse, freccia dell’evoluzione, naturalmente
proiettato verso il Punto Omega.
È difficile seguire il pensiero di Teilhard de Chardin perché disperso in numerosi scritti non sistematici, ma è facile comprendere la passione e lo spirito che lo hanno spinto e guidato nella ricerca e nella vita religiosa. Egli infatti ha sempre cercato da una parte di cogliere la complessità dell’universo e dell’azione umana, mettendo in evidenza la forza dell’«energia umana», capace di produrre tanto bene (per es. strumenti sofisticati per la ricerca scientifica, strumenti di lavoro per rendere l’uomo meno dipendente dalla fatica, ecc.), ma anche tanto male (per es. costruendo e usando la bomba atomica per distruggere) e dall'altra di cogliere la presenza del divino nell'universo, proponendo di fatto un nuovo volto di Dio, il Dio dell'evoluzione e cercando di far capire che l’universo si compie nel Cristo e che Cristo si coglie nell'universo spinto al massimo delle sue possibilità.
In questo sforzo di
valorizzazione del «fenomeno umano» non va dimenticato che Teilhard de Chardin
ha dedicato molta attenzione e molte pagine anche all'«eterno femminino», come
contributo fondamentale al progresso umano verso il Punto Omega: «c’è ancora
bisogno di me [eterno femminino] per elevare l’anima verso il divino». E
ancora: «L’amore è una funzione a tre termini: l’uomo, la donna, Dio» e solo
l’armonioso equilibrio è perfezione; trinomio mai riducibile a binomio.
In una lettera alla
cugina Margherita, egli riconosce come valore il movimento di affermazione
della donna, anche se spera che la donna non perda la sua femminilità e la sua
capacità di illuminazione, idealizzazione, forza tranquillizzante per semplice
azione di presenza. Ricorda anche che nella vita, il femminino «essenziale
universale» si manifesta soprattutto nella forma di sposa-madre.
Purtroppo non è
possibile trattare altri aspetti del pensiero di Teilhard de Chardin, anche se
lo meriterebbero (valore del tempo, dell’azione, della scienza, della
religione, ecc.), ma non si esclude di riparlarne qualora se ne presentasse
l’occasione, anche perché questo visionario illuminato è uno dei più
interessanti pensatori moderni nell'ambito dell'antropologia e della filosofia della religione.
Giovanni Longu
Berna 20.8.2025
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