Grenchen è una cittadina del Cantone di Soletta di circa
17.000 abitanti, che ha con gli italiani un rapporto speciale. L’esempio più
fulgido è stato l’accoglienza riservata a Giuseppe
Mazzini (1805-1872), eroe genovese ricercato da varie polizie europee per
le sue idee libertarie. Esule in Svizzera, trascorse qualche tempo a Grenchen
(1835-36), dove il 12 giugno 1836 gli fu concesso il «diritto di borghesia»,
considerato allora una pre-condizione per la naturalizzazione, di competenza
cantonale. Il Cantone di Soletta, però, la negò, rendendo inutile il gesto
generoso del Comune di Grenchen.
Grenchen: città «mazziniana»
![]() |
Grenchen: monumento a Mazzini |
Quando il 22 agosto 1836 la Dieta federale, su pressione
dell’Austria e della Francia, ordinò l’espulsione di tutti i rifugiati dalla
Svizzera, anche il Cantone di Soletta, che aveva tollerato fino ad allora la
presenza di Mazzini sul suo territorio, dovette eseguire l’ordine. Per qualche
tempo l’esule genovese riuscì a nascondersi, poi si arrese e decise di
rifugiarsi in Inghilterra.
Mazzini lasciò la Svizzera il 2 gennaio 1837, ma non partì come
un fuggitivo. Infatti il Comune di Grenchen, considerandolo un perseguitato politico,
che si batteva per la libertà del suo Paese, lo fece accompagnare fino al
confine del Cantone da una delegazione ufficiale guidata dal sindaco, col
valletto comunale e il gonfalone. Da Londra Mazzini scrisse : «In Svizzera
siamo stati trattati in modo indegno», ma non si riferiva certamente agli
abitanti di Grenchen, da cui si sentiva rispettato e sostenuto. In effetti,
ancora oggi essi continuano a onorarlo con una fondazione, un museo, una
statua, un parco, una strada. In occasione del 150° anniversario dell’unità
d’Italia il sindaco di Grenchen Boris
Banga ebbe a dire: «Grenchen è legata a Giuseppe Mazzini e ai suoi
concittadini e alle sue concittadine di origine italiana. Sono lieto di questo
evento».
L’effetto Mazzini e «il perfetto italiano»
L’affetto che Grenchen riservò a Mazzini non finì con la sua
partenza, ma si riversò sui suoi amici rimasti e sugli italiani in generale,
che cominceranno ad arrivare in gran numero sul finire del secolo XIX. Una
testimonianza dei buoni rapporti tra la città e gli italiani è data dalla
pubblicazione nel 1900 (quindi ben prima dell’arrivo in massa degli italiani
destinati alla costruzione della galleria ferroviaria del Grenchenberg)
di un manuale per l’apprendimento della lingua italiana: «Der perfekte Italiener
(Il perfetto italiano)».
Agli inizi del Novecento al completamento della rete ferroviaria
svizzera e internazionale mancavano ancora diversi trafori a nord delle Alpi. Per
questi lavori, si sa, gli italiani erano ritenuti indispensabili. Così, nel 1911
giunsero a Grenchen molti italiani per lo scavo del tunnel tra Grenchen e
Moutier (8,578 km). Fu approntata una baraccopoli chiamata «Tripoli», in
seguito all’euforia che regnava in Italia dopo la conquista di Tripoli (ottobre
1911). Per non confonderla con questa di Grenchen, un’altra baraccopoli sorta a
Trimbach, vicino a Olten, fu chiamata «Tripolis».
Ben presto Tripoli divenne un luogo di attrazione, visitato
dagli abitanti di Grenchen, mossi inizialmente dalla curiosità, poi attratti
dall’atmosfera allegra che vi regnava e dalla cucina italiana. A Tripoli c’erano,
oltre alle baracche-dormitori e a una ventina tra ristoranti e mense, negozi
che vendevano prodotti italiani, un ospedale, una scuola, un asilo nido, la
Missione cattolica con alcune suore venute da Goppenstein al termine della
galleria del Lötschberg.
Immigrati italiani del secondo dopoguerra
Terminati i lavori ferroviari (1915), una parte dei
lavoratori si trasferì ad altri cantieri, una parte rientrò in patria
(richiamati per il servizio militare) e una parte si stabilì a Grenchen consolidando
quel buon rapporto che si era instaurato con la maggioranza della popolazione
locale.
La situazione cambiò negli anni ’60 e ’70 del secolo scorso
quando giunsero a Grenchen (e nella regione) migliaia di italiani addetti all’edilizia
e alle industrie in forte sviluppo. Le difficoltà di convivenza misero in luce i
sentimenti antistranieri di una parte della cittadinanza, che si manifestarono nel
1970 accettando con una maggioranza del 58,1% l’iniziativa antistranieri di Schwarzenbach.
Dopo la crisi economica della metà degli anni ’70 e la
partenza di numerosi italiani la situazione migliorò e il processo
d’integrazione dei rimasti s’intensificò. Oggi il loro grado d’integrazione è
elevato e facilmente riscontrabile in molteplici espressioni d’italianità, dai
matrimoni misti al bilinguismo di italiani e svizzeri, dalla frequentazione dei
bar e ristoranti italiani all’acquisto di prodotti italiani, dalla stessa
composizione di associazioni d’interesse comune (Commissioni scolastiche,
Comitati dei Genitori, ecc.).
Nessun commento:
Posta un commento