Molte costituzioni moderne ai primi articoli sanciscono il principio che «la sovranità appartiene al popolo», precisando tuttavia i limiti entro cui si esercita. Quella italiana, per esempio, stabilisce che il popolo esercita il suo potere sovrano «nelle forme e nei limiti della Costituzione» (art. 1, cpv. 2); quella francese è più esplicita: «La sovranità nazionale appartiene al popolo che la esercita per mezzo dei suoi rappresentanti e mediante referendum» (art. 3, cpv. 1); quella tedesca è più dettagliata: «Tutto il potere statale emana dal popolo. Esso è esercitato dal popolo per mezzo di elezioni e di votazioni e per mezzo di organi speciali investiti di poteri legislativo, esecutivo e giudiziario» (art. 20).
Diritti popolari sempre più ampi
Leggendo queste e altre affermazioni simili si ha
l’impressione che i costituenti dei vari Paesi si siano preoccupati più di
limitare che di estendere i diritti popolari. La Costituzione svizzera dà
invece un’altra impressione, quella di ricordare costantemente alle istituzioni
e ai cittadini che la sovranità popolare è illimitata e reale, benché la si
debba esercitare secondo determinate regole (per esempio, tipo di maggioranza richiesta,
numero di firme necessarie, ecc.) e non in maniera selvaggia, ai fini del buon
governo e non per sopraffare le minoranze.
Tale impressione si basa oltre che sul testo
costituzionale attuale anche sulla storia della democrazia in Svizzera. Il
nucleo essenziale risale al 1848, quando già la prima Costituzione federale
prevedeva il diritto di voto (democrazia rappresentativa) e il referendum
obbligatorio per tutte le revisioni parziali o totali della Costituzione; ma fu
la revisione totale del 1874 che segnò il passaggio decisivo alla democrazia
diretta introducendo il referendum facoltativo contro tutte le leggi federali e
contro i decreti federali di carattere obbligatorio generale. Ulteriori
ampliamenti dei diritti popolari si ebbero nel 1891 con l’introduzione
dell'iniziativa popolare per la revisione parziale della Costituzione federale,
nel 1921 con l’estensione del referendum applicato ai trattati internazionali e
i successivi ampliamenti del 1977 e 2003.
La storia dei diritti popolari in Svizzera non registra solo il
progressivo sviluppo di tali diritti, ma ne indica anche l’origine. Questa
getta ulteriore luce sulla democrazia svizzera perché non furono le maggioranze
al potere a favorire l’estensione dei diritti popolari, ma furono le minoranze
e i movimenti di opposizione che non si sentivano
sufficientemente rappresentati nelle istituzioni dominanti a reclamare fino ad
ottenere per l’insieme del popolo sovrano un potere quasi illimitato di
controllo, di verifica, di approvazione ma anche di rigetto di molte decisioni
delle istituzioni.
Sovranità popolare quasi illimitata
Che tale potere del popolo sia «quasi
illimitato» lo prova il fatto stesso che il popolo e soltanto lui può
modificare o quantomeno approvare ogni cambiamento costituzionale e dunque
anche le regole con cui esercita il suo potere sovrano. Tanto è vero che la
Costituzione svizzera non impone limiti sostanziali alla sovranità popolare,
mentre indica chiaramente, fin dal 1848, che i poteri della Confederazione,
cioè dello Stato federativo, sono «limitati» dalla maggioranza dei Cantoni e
dalla maggioranza del Popolo. A differenza di gran parte degli Stati europei, in
cui la Costituzione, il Parlamento, il Governo o la Corte costituzionale
possono limitare i diritti popolari, in Svizzera né il Parlamento né il Governo
né i partiti politici né gruppi d’interesse hanno la facoltà di controllare la
democrazia diretta.
La Costituzione federale è chiara: quando
all’articolo 148 capoverso 1 stabilisce che «l’Assemblea federale esercita il
potere supremo nella Confederazione», aggiunge immediatamente «fatti salvi i diritti
del Popolo e dei Cantoni».
Un caso emblematico è il referendum finanziario: mentre esso esiste a
livello cantonale (generalmente riguardo alle spese), non esiste a livello
federale, ma non perché lo escluda la Costituzione o una legge federale, bensì
perché l’adozione di questo tipo di referendum è stata sempre respinta. Un
altro caso è l’iniziativa popolare legislativa: in Svizzera gli elettori non
possono proporre in forma articolata una nuova legge mentre possono modificare
la Costituzione semplicemente perché il popolo non ha mai voluto aggiungere alle
svariate possibilità d’intervento in suo possesso anche quella tipicamente
parlamentare e governativa.
E’ bene notare che il
popolo svizzero non è solo titolare di un diritto sovrano, ma è anche consapevole
di averlo, per cui l’idea (presente in molti tecnocrati europei) che gli
svizzeri possano rinunciare in qualche modo alla loro piena sovranità o ridurre
per decisione di poteri stranieri l’esercizio dei propri diritti democratici significa
non conoscere la storia della Confederazione e le lotte del popolo svizzero per
la libertà, l’indipendenza e il benessere. Se il rappresentante di un grande
Paese membro dell’Unione europea dice che il suo Paese non è disposto a farsi
telecomandare da Bruxelles, è facile immaginare cosa potrebbe dire qualunque
rappresentante della Svizzera che non fa parte dell’UE.
Validità e limiti
della democrazia diretta
Sulla democrazia
diretta o semidiretta svizzera si è molto discusso e le discussioni si animano
ancora soprattutto in prossimità di votazioni popolari il cui esito potrebbe
avere ampie ripercussioni sull’intera società. La domanda fondamentale è
soprattutto la seguente: è ancora giustificata la democrazia diretta?
Formulata diversamente, la domanda potrebbe essere: non è forse eccessiva la
sovranità praticamente illimitata del popolo svizzero?
La risposta non è
univoca e spesso non è nemmeno semplice. Sebbene la maggioranza degli svizzeri
sia convinta che la democrazia svizzera non abbia eguali almeno negli Stati
europei, non sono pochi coloro che la ritengono inutile e persino pericolosa.
Inutile perché, come negli altri Stati, anche in Svizzera la democrazia
rappresentativa dovrebbe essere sufficiente. In fondo, le assemblee elettive
sono espressione della volontà popolare e quindi pienamente legittimate ad
agire per il bene della nazione. Pericolosa perché il popolo svizzero, non
diversamente da altri, si lascerebbe facilmente suggestionare e sviare da un
ragionamento che dovrebbe essere oggettivo, logico e lungimirante.
Credo che meritino
rispetto sia la convinzione della maggioranza che le osservazioni delle
minoranze. Circa queste ultime si può tuttavia obiettare che anche la
democrazia rappresentativa parlamentare non esclude appunti dello stesso
genere. E quando si afferma, per esempio, che il popolo svizzero, per quanto
sovrano, non ha le competenze sufficienti per giudicare e decidere oggetti
complessi, di portata nazionale e internazionale (il pensiero corre
spontaneamente alla decisione del 9 febbraio 2014 sulla limitazione
dell’immigrazione di massa e alla prossima votazione sulle espulsioni degli
stranieri criminali), viene da chiedersi in quante assemblee rappresentative i
votanti sono realmente competenti nella materia che votano. Inoltre, si è
davvero convinti che i delegati al Parlamento siano così ben preparati e,
soprattutto, così interessati a promuovere il bene comune piuttosto che
l’interesse proprio o di partito? Chi non sa che, a prescindere dalle
affermazioni di principio per cui i parlamentari dovrebbero votare senza
vincolo di mandato e di partito, in realtà in molti Parlamenti la disciplina di
partito è seguita rigidamente?
Democrazia svizzera
come modello insuperabile?
D’altra parte,
accettare senza batter ciglio, che il popolo, essendo sovrano, ha sempre
ragione, comunque voti, mi pare eccessivo. E’ facile, infatti, che in mancanza
di informazioni sufficienti e corrette il popolo votante possa incorrere in
errore. In un caso del genere, credo che le istituzioni, pur rispettando
immediatamente il verdetto popolare, debbano provvedere a rimediare all’errore,
fornendo allo stesso popolo sovrano più ampie e approfondite informazioni per
rivotare sullo stesso argomento. Spesso infatti il voto dei cittadini
rispecchia più le suggestioni che le convinzioni. La maggioranza dei cittadini
non è mai disposta a farsi del male con le proprie mani.
In generale, credo che
la democrazia diretta com’è praticata in Svizzera sia un esempio straordinario
di partecipazione responsabile del popolo alla gestione della cosa pubblica.
Non ritengo tuttavia che sia allo stato attuale un modello insuperabile. E’
sicuramente migliorabile. Riuscisse a superare certe barriere psicologiche che
portano ad una eccessiva chiusura, aprendosi maggiormente sia al mondo
circostante (penso in particolare al principio della libera circolazione delle
persone e all’accoglienza degli immigrati e dei profughi) che allo stesso mondo
svizzero (estendendo i diritti popolari almeno agli stranieri residenti
stabilmente da molti anni), sono convinto che il modello svizzero di democrazia
semi-diretta sarebbe di sprone e di esempio per la realizzazione del difficile
progetto di Unione europea.
Giovanni Longu
Berna, 27.1.2016
Berna, 27.1.2016
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