La Svizzera non sarà mai interamente
comprensibile se non si capisce l’origine e la natura del federalismo, che
costituisce un principio cardine dell’organizzazione e del funzionamento della Confederazione.
Prima del 1848 i Cantoni erano giuridicamente veri e propri Stati sovrani, uniti
solo da un patto di alleanza (la Lega dei confederati). Accettando nel
1848 la Costituzione federale (e con essa fondando la moderna Confederazione
Svizzera), gli Stati-Cantoni non hanno inteso costituire un’entità
sovracantonale a cui sottostare in tutto e per tutto, ma hanno voluto delegare
alla Confederazione unicamente quei compiti che separatamente non avrebbero più
potuto sostenere (difesa, politica estera, sviluppo economico, ecc.), senza
tuttavia rinunciare totalmente alla loro sovranità.
Dalla Repubblica Elvetica alla Confederazione Svizzera
Per comprendere a fondo la portata dell’atto
fondativo della nuova Confederazione non è necessario ripercorrere la lunga
storia della formazione dello spirito federalistico (dal latino foedus,
alleanza, patto) dei Cantoni svizzeri, dal mitico giuramento del Grütli (1291)
al 1848. Basta accennare agli sconvolgimenti che hanno caratterizzato la storia
svizzera nel cinquantennio precedente il 1848.
Dopo l’occupazione francese del 1798 Napoleone
aveva imposto la «Repubblica Elvetica», «una e indivisibile», che
aboliva i Cantoni e i poteri cantonali e li sostituiva in blocco con un nuovo
Stato unitario in cui la sovranità apparteneva al popolo. La trasformazione fu
non solo incomprensibile e sgradita alla maggioranza dei Cantoni, ma provocò
anche una lunga serie di contestazioni, disordini, colpi di Stato, lotte tra
sostenitori dell’unità nazionale e federalisti, tra liberali e conservatori.
Poiché la situazione rischiava di degenerare,
lo stesso Napoleone ritornò sulla sua decisione e, con l’«Atto di Mediazione»
del 1803, ristabilì i Cantoni con i loro poteri, non senza qualche innovazione
rispetto al passato, soprattutto in materia di diritti civili. Tra le novità
più importanti vi fu anche l’elevazione al rango di Cantoni indipendenti di
quei territori prima sottomessi («baliaggi») di Argovia, Turgovia, Ticino,
Vaud, San Gallo e Grigioni.
Con l’Atto di Mediazione la Svizzera cambiò
nuovamente nome per assumere quello che costituisce ancor oggi la denominazione
ufficiale: Confederazione Svizzera. Per un momento sembravano attenuarsi
i conflitti politici e sociali tra conservatori e liberali, soprattutto dopo
che il Congresso di Vienna (1815) aveva restaurato la vecchia Confederazione di
Stati e garantito l'integrità dei 22 Cantoni (ai 19 del periodo della
Mediazione erano stati aggiunti i Cantoni di Ginevra, Vallese e Neuchâtel).
La guerra del Sonderbund
Il ge. Dufour, vincitore della guerra del Sonderbund (1847) |
Nel 1845, per impedire il propagarsi delle
idee liberali e centralistiche (a cui si accompagnava talvolta anche un po’ di
anticlericalismo, che si manifestava ad esempio nell’ostilità verso alcuni
conventi e ordini religiosi, specialmente i Gesuiti) i sette Cantoni
conservatori cattolici di Lucerna, Uri, Svitto, Untervaldo, Zugo, Friburgo e
Vallese si unirono in una «Lega separata» (Sonderbund) che si
proponeva in primo luogo di difendere la religione cattolica e la sovranità
cantonale. La protezione accordata dal Cantone di Lucerna ai Gesuiti, dopo che
i liberali ne avevano chiesto l’allontanamento, è sintomatica delle tensioni
esistenti in quegli anni anche a livello confessionale. La pericolosità per la
tenuta della Lega dei confederati era evidente.
La crisi si aggravò nel 1847 e sfociò in una
vera guerra civile (la «guerra del Sonderbund»). Fortunatamente durò
poco (25 giorni) e fece poche vittime (93 morti e 510 feriti), grazie anche
all’abilità del generale Guillaume Henri Dufour (1787/1875). Incaricato
dalla maggioranza dei Cantoni liberali di intervenire con un esercito
preponderante di 50.000 uomini, riuscì dopo pochissimi scontri a far deporre le
armi ai ribelli e ristabilire l’ordine.
Secondo Dufour, la maggioranza vincitrice non
doveva tuttavia infierire sui vinti ed egli stesso si fece promotore di una
riconciliazione, per non compromettere la riforma della Confederazione, di cui
si discuteva in quegli anni. La posta in gioco era altissima, anche perché gli
eventi svizzeri erano attentamente seguiti dalle potenze confinanti. Si riuscì
pertanto ad evitare sanzioni umilianti e a costituire per la stesura del nuovo
testo costituzionale una Commissione di moderati (anche se prevalentemente
dell’area dei vincitori), attenta anche alle richieste dei Cantoni conservatori
sconfitti.
La Costituzione del 1848
Alla Commissione non occorsero molte sedute
per trovare un compromesso sulla nuova forma di Stato. Se la «Confederazione»
era la forma più ovvia e in continuità col passato, meno evidente era la
ripartizione dei poteri. Si trattava infatti di conciliare i principio
democratico-liberale della sovranità popolare e il principio della sovranità
cantonale. L’equilibrio fu trovato nell’adozione del bicameralismo (quasi)
perfetto, per cui nel Consiglio degli Stati (paritetico rispetto al Consiglio
nazionale) anche i piccoli Cantoni cattolici avrebbero avuto una rappresentanza
equa e persino superiore alla loro effettiva consistenza. Avevano infatti lo
stesso numero di rappresentanti, due per Cantone, dei Cantoni numericamente più
grandi e più importanti.
Berna, Palazzo federale: scorcio dell'aula del Consiglio degli Stati |
A ben vedere, dunque, l’origine del
federalismo svizzero non fu né un fatto casuale né il frutto naturale di una
lenta evoluzione, ma il risultato di un’attenta valutazione di due situazioni
drammatiche (Repubblica Elvetica e Sonderbund) e soprattutto di un atto di
volontà comune, pena l’autodistruzione della Confederazione. Senza questa volontà e senza il federalismo l’attuale
Confederazione non sarebbe mai esistita, anche perché prima o poi a smembrare
la Svizzera sarebbero intervenuti i Paesi confinanti, ai quali la
Confederazione interessava solo se unita (non unitaria) e neutrale.
Nella Costituzione del 1848 manca una
dichiarazione esplicita della Svizzera come «Stato federale», ma il concetto
risulta assolutamente chiaro fin dal titolo («Costituzione federale della
Confederazione Svizzera») e dal Preambolo (in cui sono indicati alcuni dei
principali compiti della Confederazione). I primi articoli fanno capire
chiaramente la natura del federalismo svizzero, che resterà inalterato nella
sostanza, e con poche modifiche nella forma, fino ai giorni nostri.
Federalismo svizzero: Sonderfall
L’articolo 1 contiene implicitamente il
riconoscimento del doppio principio della sovranità popolare e della sovranità
cantonale: «Le popolazioni dei ventidue Cantoni sovrani… costituiscono nel loro
insieme la Confederazione Svizzera».
L’articolo 2 precisa, necessariamente in forma
generica, le principali competenze attribuite alla Confederazione: «La Lega ha
per iscopo: di sostenere l’indipendenza della Patria contro lo straniero, di
mantenere la tranquillità e l’ordine nell’interno, di proteggere la libertà e i
diritti dei Confederati, e di promuovere la loro comune prosperità». Il fatto
che la difesa del Paese figuri al primo posto non è casuale, ma risponde a una
precisa esigenza dei tempi che non apparivano propizi per il nuovo Stato.
All’articolo 3, qualsiasi eventuale dubbio sul
federalismo svizzero scompare del tutto. Infatti è detto chiaramente che «I
Cantoni sono sovrani, fin dove la loro sovranità non è limitata dalla
Costituzione federale, e come tali, esercitano tutti i poteri, che non sono
devoluti all’Autorità federale». Anche l’attuale Costituzione del 1999
riconferma in modo esplicito che «la Confederazione adempie i compiti che le
sono assegnati dalla Costituzione» (art. 42 cpv. 1). Il carattere federativo
della Svizzera è stato persino rafforzato sottolineando a più riprese che la
sovranità appartiene al Popolo e ai Cantoni e che «il Popolo svizzero e i
Cantoni… costituiscono la Confederazione».
L'ex consigliere federale Flavio Cotti, grande sostenitore del federalismo elvetico. |
Giovanni Longu
Berna, 16.12.2015
Berna, 16.12.2015
Nessun commento:
Posta un commento