20 novembre 2018

150 anni di «amicizia» italo-svizzera: 3. Effetti del Trattato del 1868


La pratica dell'emigrazione/immigrazione in entrambe le direzioni tra la Svizzera e l'Italia, col Trattato del 1868 fu non solo confermata, ma ottenne il riconoscimento giuridico anche per il futuro («… saranno ricevuti e trattati potranno liberamente entrare, viaggiare, soggiornare e stabilirsi… »). Nessuno allora avrebbe potuto anche solo immaginarne la portata, non tanto per gli emigrati svizzeri la cui presenza continuerà a restare molto limitata, quanto per gli emigrati italiani. 

Copertina del Corriere della Domenica del
9.8.1896, dedicata ai tumulti di Zurigo.
Flussi di immigrati dall'Italia importanti
Basti pensare che dall’inizio dei lavori della ferrovia del Gottardo (1872) il loro numero non fece che aumentare fino allo scoppio della prima guerra mondiale: 1870: 18.073; 1880: 41.530); 1900: 117.059; 1910: 202.809.
Tra il 1915 e il 1945 il loro numero scese al di sotto di 100 mila, per riprendere l’ascesa subito dopo la seconda guerra mondiale (1950: 140.366; 1960: 346.223; 1970: 583.855), fino a raggiungere oggi, compresi i cittadini italo-svizzeri, la cifra record di 635.000. Si tratta della terza collettività italiana più numerosa fuori dei confini nazionali dopo quella dell’Argentina e della Germania. Si dice anche che costituisca una delle collettività straniere meglio integrate nel tessuto sociale locale.

Un percorso pieno di ostacoli
Osservando le cifre e la crescita quantitativa e qualitativa degli italiani domiciliati in Svizzera potrebbe sorgere l’idea che il Trattato del 1868 abbia favorito il loro insediamento, la società e le istituzioni ne abbiano facilitato l’integrazione e gli italiani abbiano trovato nella Svizzera una seconda patria. L’impressione è vera però solo in parte, se si guarda il risultato finale, ma è molto irreale se si guarda l’intero percorso, che fu molto ostacolato e sofferto.
Alla riuscita delle nuove generazioni hanno contribuito, negli
anni ’70, i corsi di formazione professionale, concepiti per
facilitare l’integrazione professionale e sociale degli immi-
grati (nella foto: laboratorio elettronico al CISAP di Berna)
.
Paradossalmente si è verificato che quanto più gli italiani risultavano necessari in certi periodi e in certi settori economici (grandi lavori ferroviari, sviluppo industriale, espansione edilizia, infrastrutture, ecc.), tanto più aumentavano gli ostacoli e cresceva la xenofobia, ossia la paura e spesso l’ostilità verso gli italiani.
familiare.

Tempi passati e nuove generazioni
Tempi passati, verrebbe da dire, benché in molti immigrati degli anni ‘60 e ’70 del secolo scorso i ricordi di tante umiliazioni siano ancora vivi. Ma sono passati e le seconde e soprattutto le terze generazioni, se non hanno trovato sempre la strada spianata all’integrazione e al successo, per lo meno hanno avuto molte più facilitazioni dei loro  genitori e nonni. Oggi, la riuscita e l’affermazione di molti italiani e svizzeri con origini migratorie è evidente a tutti, rafforzano l’italianità della Svizzera e realizzano pienamente l’intento del Trattato di amicizia tra l’Italia e la Svizzera di 150 anni fa che intendeva «mantenere e rassodare le relazioni d'amicizia» tra le due nazioni. (Segue)

Seguiranno prossimamente due interviste, una al consigliere federale Ignazio Cassis e l’altra all’ambasciatore d’Italia in Svizzera Marco Del Panta Ridolfi.
Berna, 20 novembre 2018

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