La pratica dell'emigrazione/immigrazione in entrambe le direzioni tra la Svizzera e l'Italia, col Trattato del 1868 fu non solo
confermata, ma ottenne il riconoscimento giuridico anche per il futuro («… saranno
ricevuti e trattati… potranno liberamente entrare, viaggiare,
soggiornare e stabilirsi… »). Nessuno allora avrebbe potuto anche solo
immaginarne la portata, non tanto per gli emigrati svizzeri la cui presenza
continuerà a restare molto limitata, quanto per gli emigrati italiani.
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Copertina del Corriere della Domenica del 9.8.1896, dedicata ai tumulti di Zurigo. |
Basti
pensare che dall’inizio dei lavori della ferrovia del Gottardo (1872) il loro
numero non fece che aumentare fino allo scoppio della prima guerra mondiale:
1870: 18.073; 1880: 41.530); 1900: 117.059; 1910: 202.809.
Tra il 1915 e il 1945 il loro numero scese al
di sotto di 100 mila, per riprendere l’ascesa subito dopo la seconda guerra
mondiale (1950: 140.366; 1960: 346.223; 1970: 583.855), fino a raggiungere
oggi, compresi i cittadini italo-svizzeri, la cifra record di 635.000. Si
tratta della terza collettività italiana più numerosa fuori dei confini
nazionali dopo quella dell’Argentina e della Germania. Si dice anche che
costituisca una delle collettività straniere meglio integrate nel tessuto
sociale locale.
Un percorso pieno di ostacoli
Osservando le cifre e la crescita quantitativa
e qualitativa degli italiani domiciliati in Svizzera potrebbe sorgere l’idea
che il Trattato del 1868 abbia favorito il loro insediamento, la società e le
istituzioni ne abbiano facilitato l’integrazione e gli italiani abbiano trovato
nella Svizzera una seconda patria. L’impressione è vera però solo in parte, se
si guarda il risultato finale, ma è molto irreale se si guarda l’intero
percorso, che fu molto ostacolato e sofferto.
Paradossalmente si è verificato che quanto più
gli italiani risultavano necessari in certi periodi e in certi settori
economici (grandi lavori ferroviari, sviluppo industriale, espansione edilizia,
infrastrutture, ecc.), tanto più aumentavano gli ostacoli e cresceva la
xenofobia, ossia la paura e spesso l’ostilità verso gli italiani.
familiare.
Tempi passati e nuove generazioni
Tempi passati, verrebbe da dire, benché in
molti immigrati degli anni ‘60 e ’70 del secolo scorso i ricordi di tante
umiliazioni siano ancora vivi. Ma sono passati e le seconde e soprattutto le
terze generazioni, se non hanno trovato sempre la strada spianata
all’integrazione e al successo, per lo meno hanno avuto molte più facilitazioni
dei loro genitori e nonni. Oggi, la
riuscita e l’affermazione di molti italiani e svizzeri con origini migratorie è
evidente a tutti, rafforzano l’italianità della Svizzera e realizzano
pienamente l’intento del Trattato di amicizia tra l’Italia e la Svizzera di 150
anni fa che intendeva «mantenere e rassodare le relazioni d'amicizia» tra le
due nazioni. (Segue)
Seguiranno prossimamente due interviste, una al consigliere
federale Ignazio Cassis e l’altra all’ambasciatore d’Italia in Svizzera Marco
Del Panta Ridolfi.
Berna, 20 novembre 2018
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