Che gli svizzeri abbiano sempre avuto un’alta
considerazione della libertà non ci sono dubbi. Ma da dove nasceva, nel
passato, tale considerazione? E nel tempo come è evoluto il concetto di
libertà? Cosa intende oggi per libertà la maggioranza degli svizzeri?
Le prime esperienze
Secondo alcuni storici antichi, per secoli gli
Elvezi erano vissuti pacificamente e nella parte occidentale dell’Altipiano
svizzero. Quando, nel primo secolo avanti Cristo, si sentirono minacciati dai
Germani, che premevano da nord nel tentativo di penetrare nell’Impero romano, cercarono
rifugio e terre più fertili nella Gallia già conquistata dai Romani. Era forse
la prima volta, in epoca storica, che gli Elvezi cercavano di difendere la loro
libertà.
Si sa, il tentativo fallì e dovettero
sottostare alle condizioni del vincitore, Giulio
Cesare, che però, invece di umiliarli (come avevano fatto gli Elvezi nei
confronti dei Romani nel 107 a.C.), offrì loro una pace onorevole, anzi
un’alleanza (foedus), che garantiva
agli «alleati» alcuni privilegi e piena libertà in quella che oggi si direbbe
«politica interna». Gli antenati degli Svizzeri non potevano rifiutare
l’offerta e forse si resero conto già allora che la libertà è quasi sempre un compromesso,
seppur a condizioni accettabili.
Non sempre tuttavia i successori degli Elvezi fecero
tesoro di quella lezione, forse perché rimasti a lungo vittime di
quell’afflizione che attribuiva loro Cesare descrivendoli come «molto
bellicosi» e «afflitti» dalla ristrettezza del territorio in cui vivevano,
ritenuto «troppo piccolo rispetto al numero del loro popolo e alla gloria che
avevano per il loro valore in guerra».
Svizzeri e liberi
C’è tuttavia dello straordinario nella storia
svizzera fino alla nascita della moderna Confederazione (1848): le varie
occupazioni subite, i tentativi espansionistici di alcuni Cantoni, le sconfitte
sopportate, le divisioni e persino le lotte interne, non hanno fatto che
rafforzare nella coscienza degli antichi confederati il binomio «Svizzeri e
liberi». Nel frattempo, tuttavia, il concetto di «libertà» è evoluto.
In certi momenti, nel XIII e XIV secolo, la
libertà, identificata con l’indipendenza di un popolo da una dominazione
esterna, era ritenuta un bene prioritario da raggiungere con ogni mezzo. Soprattutto
nei secoli XVIII e XIX i «miti di fondazione» hanno contribuito molto a
inculcare negli svizzeri moderni questa accezione di libertà.
In altri momenti, invece, quando l’indipendenza
e la sovranità apparivano garantite, soprattutto dopo la Pace di Vestfalia (1648), col termine libertà s’intendeva piuttosto
l’insieme delle libertà individuali e collettive del popolo. Una grande spinta
in questa direzione è venuta dalle idee rivoluzionarie francesi penetrate in
Svizzera specialmente dopo l’occupazione francese del 1798.
Si sa che la successiva abolizione dei Cantoni
e la creazione della Repubblica Elvetica
sotto il protettorato francese non furono gradite né dai Cantoni né dal popolo
svizzero, tanto che Napoleone fu in
pratica costretto col famoso Atto di
Mediazione (1803) ad abbandonare il principio della repubblica «una e
indivisibile» e ridare alla Svizzera una costituzione che riprendeva la
tradizione federale. Non si trattò tuttavia di un semplice ritorno al passato.
Infatti molte idee «rivoluzionarie» erano state accolte bene nella maggioranza
dei Cantoni cosiddetti «liberali» (al contrario di quanto avvenne nei Cantoni
«conservatori»), come l’estensione delle libertà individuali, l’abolizione
delle differenze fra i cittadini delle campagne e quelli delle città, il
miglioramento dei rapporti tra cittadini e governi cantonali.
Risale a quest’epoca anche l’abolizione dei «baliaggi»
(territori soggetti ad altri Cantoni sovrani), che consentì, ad esempio, ai
baliaggi «italiani» a sud del Gottardo di divenire nel 1803 un cantone sovrano a
tutti gli effetti col nome di Cantone Ticino.
Libertà in pericolo
Venuto meno nel 1813 il potere napoleonico,
molte conquiste liberali e democratiche rischiarono di essere travolte nei
decenni successivi dalle lotte interne a molti Cantoni tra riformisti liberali
e conservatori. Il Congresso di Vienna
(1815) era intervenuto solo a garantire a tutti i Cantoni l’integrità
territoriale e la sovranità nell’ambito di una Confederazione anch’essa indipendente
e neutrale, ma non si era intromesso nelle questioni interne. Se la libertà
dalle influenze straniere era messa in salvo, non altrettanto si poteva dire
delle libertà individuali e democratiche.
Le divergenze tra conservatori e riformisti e
le rivalità tra diversi Cantoni si protrassero per alcuni decenni, rischiando
addirittura di degenerare in una vera e propria guerra fratricida tra Cantoni
cattolici e Cantoni protestanti (guerra
del Sonderbund del 1847). Solo allora forse i confederati si resero conto
che la libertà non è un bene conquistato una volta per sempre, ma si può
perdere e richiede pertanto di essere condiviso e difeso da tutti. Furono in
molti a ritenere che la garanzia migliore per preservare quel bene prezioso fosse
il superamento degli individualismi cantonali e l’adozione di una forma di
Stato federale.
Una Costituzione federale per la libertà
Costituzione federale del 1848 |
Dallo stesso articolo risulta anche evidente,
a ben vedere, che la libertà come indipendenza da poteri stranieri, pur essendo
ritenuta prioritaria, già allora non era intesa come un fine in sé, ma
piuttosto come un mezzo o condizione indispensabile per conseguire nel tempo altre
finalità quali le libertà individuali dei confederati, la pace sociale e la
comune prosperità. E’ sintomatico che l’articolo 2 citato sia rimasto invariato
nella revisione totale della Costituzione federale del 1874 e che anche l’attuale Costituzione
(entrata in vigore il 1° gennaio 2000) ne abbia recepito se non la lettera
certamente lo spirito, con un opportuno adeguamento alle sensibilità moderne.
Cambio di priorità
Costituzione federale del 1999 |
«1 La Confederazione Svizzera tutela la
libertà e i diritti del Popolo e salvaguarda l'indipendenza e la sicurezza del
Paese.
2 Promuove in modo sostenibile la comune prosperità, la coesione interna e la pluralità culturale del Paese.
3 Provvede ad assicurare quanto possibile pari opportunità ai cittadini.
4 Si impegna per la conservazione duratura delle basi naturali della vita e per un ordine internazionale giusto e pacifico».
2 Promuove in modo sostenibile la comune prosperità, la coesione interna e la pluralità culturale del Paese.
3 Provvede ad assicurare quanto possibile pari opportunità ai cittadini.
4 Si impegna per la conservazione duratura delle basi naturali della vita e per un ordine internazionale giusto e pacifico».
Si può osservare anzitutto uno spostamento
significativo delle priorità: se prima (1848) era considerata prioritaria
«l’indipendenza della Patria contro lo straniero», ora al primo posto vengono
«la libertà e i diritti del Popolo». Inoltre, la successione dei paragrafi
indica chiaramente ulteriori obiettivi imprescindibili dell’attività di uno
Stato moderno come vuole essere la Svizzera, ad esempio lo sviluppo
sostenibile, la coesione interna, l’uguaglianza tra i cittadini, ecc.
Evidentemente le paure e le preoccupazioni vissute
dagli svizzeri dallo scoppio della prima guerra mondiale alla fine della
seconda (non solo la paura di essere invasi, ma anche di essere soffocati
economicamente) erano considerate almeno in buona parte superate. E in effetti,
dagli anni ’50 del secolo scorso ad oggi, anche grazie a milioni di immigrati,
la Svizzera ha puntato decisamente sullo
sviluppo economico e sulla diffusione del benessere.
Qual è la situazione oggi?
Se confrontata con quella del 1848 o anche
solo con quella del secondo dopoguerra, l'attuale situazione generale, anche sotto il
profilo delle libertà, è ritenuta generalmente più che soddisfacente. Infatti,
nel frattempo la Svizzera non solo ha consolidato la propria indipendenza, ma ha
anche conseguito in favore dei propri cittadini notevoli traguardi nei campi
delle libertà democratiche, del progresso economico e sociale, della comune
prosperità. Ciononostante, in Svizzera non è raro sentir parlare ancora di
minacce, rischi, pericoli contro cui stare in guardia.
Alcune domande al riguardo mi appaiono pertanto
lecite. Anzitutto: è fondata la paura evocata da alcuni politici, specialmente
di destra, ma anche da gente comune, quando parlano di rischi per la democrazia
nel caso di adesione all’Unione europea (UE) o di rischi per la prosperità
raggiunta qualora la Svizzera accettasse le condizioni poste dall’UE sulla libera
circolazione e sull’applicazione del diritto europeo? Ancora: non è possibile
che dietro la paura dell’«immigrazione di massa» o di una «invasione di
profughi» si nasconda in realtà la paura di dover condividere il benessere conseguito
con altri «stranieri» ritenuti ancora, come negli anni ’60 e ’70 del secolo
scorso, essenzialmente «estranei» e «diversi»? Benessere e solidarietà sono davvero
incompatibili?
Domande non semplici alle quali, forse, non
esistono risposte semplici, ma alle quali, probabilmente presto, gli svizzeri dovranno rispondere.
Per facilitarsi il compito, una riflessione sulla propria storia anche a
riguardo delle vicende attorno alle libertà mi sembrerebbe quanto mai utile,
ricordando in particolare che i compromessi hanno spesso giovato agli antichi
Elvezi come ai moderni confederati e diventano quasi inevitabili in un mondo
sempre più globalizzato. (Segue)
Giovanni Long
Berna 14.10.2015
Berna 14.10.2015
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