25 aprile 2024

Perché il 25 aprile è ancora una data divisiva?

Il 25 aprile dovrebbe ricordare una pagina gloriosa e gioiosa della storia italiana, perché in quella data del 1945 l’Italia si liberò dal nazifascismo dopo una guerra di liberazione costata lacrime e sangue. Invece di una festa e di un’occasione speciale per stimolare le forze vive dell’Italia a proseguire l’azione pacificatrice e rigeneratrice della Liberazione, ci sono sempre persone che si servono di tale ricorrenza per continuare a seminare zizzania, insinuare dubbi, rovinare la festa.

Lo «spettro del fascismo»?

Buon 25 aprile 2024!
Quest’anno l’occasione è stata offerta dalla mancata lettura alla televisione pubblica di un monologo commissionato a uno storico che per l’occasione aveva assunto le vesti del censore severo e minaccioso. Trattandosi di uno storico famoso, la mancata lettura ha sollevato in una parte dell’opinione pubblica grande sconcerto e molti «intellettuali» hanno gridato allo scandalo, parlando apertamente di «censura» da parte del servizio pubblico RAI e del governo che ne è l’azionista di maggioranza. Nessuno si è domandato se quel monologo era opportuno o inopportuno e se, in questo momento, in Italia, in Europa e nel mondo c'è più bisogno di tolleranza o intolleranza, pace o guerra.

Ancora non si conosce l’esito dell’indagine interna della RAI, ma un risultato è chiaro: il 25 aprile è ancora una data divisiva. Benché si sappia ormai quasi tutto del fascismo e dell’antifascismo e ognuno abbia il diritto di farsi un’opinione personale sull'uno e sull'altro, l’autore del monologo non letto sostiene che la presidente del Consiglio dovrebbe dichiarare la sua opinione pubblicamente, altrimenti «lo spettro del fascismo continuerà a infestare la casa della democrazia italiana». Lo spettro del fascismo? Realtà o esagerazione? In Italia? In Europa?

Meglio essere  o dichiararsi «antifascista»?

In punto di logica bisognerebbe concludere, secondo l’autore, che se la presidente del Consiglio dei ministri non si dichiara «antifascista» significa che è «fascista». Strano ragionamento, da parte di uno studioso del fascismo, che sa bene che di «fascisti» ne restano in vita ormai ben pochi, che chi è nato dopo la guerra non ha alcuna «esperienza fascista» da ripudiare, che ha già provveduto la storia a condannare il fascismo. A meno che il significato di «fascista» e «antifascista» corrisponda pressappoco a «antidemocratico» e «democratico»; ma in tal caso perché lo storico-censore non ha chiesto alla presidente del Consiglio se si considera «democratica» o «antidemocratica»?

Non glielo ha chiesto perché la risposta non avrebbe corrisposto alle sue aspettative o molto più semplicemente perché l’attuale presidente del governo italiano non ha usurpato il potere con la forza o con l’inganno, ma l’ha ricevuto tramite il capo dello Stato da un Parlamento eletto democraticamente dal popolo, giurando fedeltà alla Repubblica sulla vigente Costituzione, e quindi non ha bisogno di alcun’altra legittimazione, nemmeno una dichiarazione pubblica di «antifascismo».

A meno che l’esimio storico pensi davvero che gli elettori del partito di maggioranza siano fascisti o filofascisti e lo siano magari anche il capo dello Stato e la maggioranza del Parlamento. Non è sufficiente, per chiunque, la procedura istituzionale esistente come affermazione di antifascismo sostanziale? Del resto ai cittadini italiani interessa unicamente se la presidente del governo italiano rispetta la Costituzione e le leggi, contribuisce con la sua politica a risolvere i problemi della gente più bisognosa e cerca di operare per estendere la prosperità a tutti gli italiani, non cosa pensi di questo e di quello.

Antifascismo e Costituzione

Sarebbe stato molto più dignitoso e utile, a mio parere, se lo storico del fascismo avesse accennato nella
ricorrenza odierna ai valori della Costituzione non ancora pienamente implementati, facendo eventualmente presente che la politica del governo al riguardo è in ritardo o in difetto. Diversamente, un monologo autoreferenziale («mentre vi parlo…»), per di più fatto con tono accusatorio più che suggestivo, agli italiani, credo, interessa ben poco. Tantomeno si entusiasmano alle lezioni ex cathedra sul fascismo e sull'antifascismo, che visibilmente travalicano, a mio parere, i limiti dello storico che, secondo Tacito, dovrebbe lasciarsi guidare dall'obiettività (attenendosi ai fatti) e dall'imparzialità (ossia «sine ira et studio»), non dalla passione e dalla partigianeria.

Peccato che nemmeno la Resistenza, la Liberazione, la Costituzione (in alcune parti stupenda e rassicurante) riescano a creare tra gli italiani un’unità d’intenti e la consapevolezza che la barca va a fondo se non si rema all'unisono. Non credo che si faccia un buon servizio al Paese contrapporre antifascisti dichiarati ad antifascisti non dichiarati, «sinceri democratici» a quelli non sinceri (quali?). Tutti possono dare un contributo, ma occorre generosità, tolleranza e rispetto reciproco, sapendo che nessuno ha il monopolio delle buone idee e non sempre esistono soluzioni facili. 

Giovanni Longu
Berna, 25 aprile 2024

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