29 maggio 2024

18. Pio XII e l’Europa (prima parte)

Benedetto XV e Pio XI avevano assistito impotenti al disfacimento di un’idea ottimistica dell’Europa (Belle Époque) a seguito della convergenza contemporanea mai verificatasi prima di tre concause micidiali: nazionalismo, nazismo e comunismo. Inutilmente avevano cercato di bloccarne la dinamica distruttrice denunciando e condannando pubblicamente queste tre ideologie che consideravano deleterie per la convivenza pacifica dei popoli europei, ma non si arresero all'idea di un’Europa alla deriva. Alla morte di Pio XI (1939) ne raccolse la pesante eredità il suo Segretario di Stato (dal 1930) Eugenio Pacelli (1876-1958) col nome di Pio XII e anch'egli non si arrese, anche se ancora alcuni lo criticano per non aver fatto di più, spesso dimenticando la complessità della situazione e i mala tempora (tempi cattivi) in cui visse.

La situazione iniziale e la speranza di Pio XII

Pio XII, papa dal 1939 al 1958.
Benedetto XV, Pio XI e Pio XII sono stati tre giganti non solo della Chiesa cattolica, ma anche dell’Europa, e come tali andrebbero considerati. Gli eventi li soverchiarono in gran parte, ma la loro voce e i loro messaggi in favore della dignità della persona umana, della pace e dell’unità, della Chiesa e dell’Europa, non furono vani. Nessuno di essi fu così fortunato da coglierne direttamente i frutti, ma questi ci furono e basterebbe osservare quanto sia diversa la situazione oggi per esprimere anche nei loro confronti sentimenti di rispetto e di riconoscenza.

Quando Pio XII fu eletto papa, la situazione nella Chiesa era molto difficile perché le ideologie allora dominanti (modernismo, nazionalismo, antisemitismo, fascismo, nazismo, marxismo, comunismo, ecc.) non risparmiavano nemmeno i cattolici. Inoltre, in Europa la situazione rischiava di degenerare da un momento all'altro a causa della smania di rivincita della Germania, dell’espansionismo staliniano in Russia-Unione Sovietica e della (quasi) indifferenza dei grandi Paesi occidentali (Gran Bretagna, Francia, Italia…).

La situazione politica europea nel 1939 non lasciava spazio all'ottimismo, perché i due peggiori nazionalismi del Novecento, quello sovietico (comunismo) e quello tedesco (nazismo) imperversavano senza incontrare alcuna resistenza in grado di bloccarli. Inoltre, quello tedesco sembrava deciso a scatenare la guerra per riportare in seno al grande Reich Germanico tutti i tedeschi dovunque si trovassero in Europa (Danzica, Slesia, Austria, Alsazia, ecc.).

Pio XII, pur condannando totalmente come avevano fatto i suoi predecessori le ideologie che in quel momento stavano minando nel profondo la Chiesa e la società, preferì inizialmente l’ottimismo inglese che riteneva possibile la «democratizzazione» della Germania e la speranza di un ravvedimento dei comunisti. Dovette presto ricredersi perché Hitler non sembrava volersi fermare e Stalin non dava alcun segno di ravvedimento.

In difesa della dignità umana e dell’Europa

Con lo scoppio della seconda guerra mondiale e le notizie che giungevano in Vaticano da ogni parte del mondo, Pio XII dovette affrontare non solo il dilemma se schierarsi o non schierarsi per salvare il destino della Chiesa e dell’Europa, ma anche, eventualmente, come intervenire.

L’esitazione in Pio XII non dipendeva da fattori caratteriali o da mancanza di esperienza, ma dall'incertezza delle conseguenze che avrebbe potuto provocare una sua presa di posizione. Infatti, se un’eventuale vittoria della Germania nazista avrebbe potuto travolgere non solo la Chiesa, ma l’intera Europa, le conseguenze sarebbero state certamente più tragiche, agli occhi di Pio XII, in caso di vittoria dell’Unione Sovietica, perché il comunismo si stava diffondendo pericolosamente in Europa (anche in Italia) ed era inaccettabile per il suo carattere ateo, marxista, materialista, illiberale e disumano.

L'Europa nel 1942 (Limes)

La prospettiva di un mondo senza Dio, antireligioso e irrispettoso della dignità umana dev’essere sembrata a Pio XII inaccettabile a tal punto da sperare che la Germania non capitolasse di fronte all'avanzata sovietica, anzi la ritardasse. Tanto più che le relazioni della Santa Sede con l’Unione Sovietica erano pessime, mentre il Concordato del 1933 con la Germania garantiva «la libertà della professione e del pubblico esercizio della religione cattolica» e alla Santa Sede «piena libertà di comunicare e corrispondere con i Vescovi, col clero e con quanti appartengono alla Chiesa Cattolica in Germania».

Su questo atteggiamento di apparente incertezza di Pio XII si è scritto molto (e se ne accennerà nel prossimo articolo), ma già alla luce delle annotazioni precedenti non dovrebbe apparire strano che il papa esitasse e si preoccupasse di fronte a una situazione complessa, drammatica e dagli esiti imprevedibili per la Chiesa, per l’Europa e per il mondo.

Solo in seguito, quando seppe, delle deportazioni e dello sterminio degli ebrei, Pio XII ruppe gli indugi, parlò e condannò quanto stava succedendo in particolare agli ebrei, ma auspicò anche un decisivo intervento degli Americani, senza il quale non sarebbe stato possibile salvare né l’Italia (e il Vaticano) né gli altri Paesi cattolici d’Europa.

Giovanni Longu
Berna 29.5.2024


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