Benedetto XV e Pio XI avevano assistito impotenti al disfacimento di un’idea ottimistica dell’Europa (Belle Époque) a seguito della convergenza contemporanea mai verificatasi prima di tre concause micidiali: nazionalismo, nazismo e comunismo. Inutilmente avevano cercato di bloccarne la dinamica distruttrice denunciando e condannando pubblicamente queste tre ideologie che consideravano deleterie per la convivenza pacifica dei popoli europei, ma non si arresero all'idea di un’Europa alla deriva. Alla morte di Pio XI (1939) ne raccolse la pesante eredità il suo Segretario di Stato (dal 1930) Eugenio Pacelli (1876-1958) col nome di Pio XII e anch'egli non si arrese, anche se ancora alcuni lo criticano per non aver fatto di più, spesso dimenticando la complessità della situazione e i mala tempora (tempi cattivi) in cui visse.
La situazione iniziale e la speranza di Pio XII
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Pio XII, papa dal 1939 al 1958. |
Quando Pio XII fu eletto
papa, la situazione nella Chiesa era molto difficile perché le ideologie allora
dominanti (modernismo, nazionalismo, antisemitismo, fascismo, nazismo,
marxismo, comunismo, ecc.) non risparmiavano nemmeno i cattolici. Inoltre, in
Europa la situazione rischiava di degenerare da un momento all'altro a causa
della smania di rivincita della Germania, dell’espansionismo staliniano in
Russia-Unione Sovietica e della (quasi) indifferenza dei grandi Paesi
occidentali (Gran Bretagna, Francia, Italia…).
La situazione politica
europea nel 1939 non lasciava spazio all'ottimismo, perché i due peggiori
nazionalismi del Novecento, quello
sovietico (comunismo) e quello tedesco (nazismo) imperversavano senza
incontrare alcuna resistenza in grado di bloccarli. Inoltre, quello tedesco
sembrava deciso a scatenare la guerra per riportare in seno al grande Reich Germanico
tutti i tedeschi dovunque si trovassero in Europa (Danzica, Slesia, Austria,
Alsazia, ecc.).
Pio XII, pur condannando
totalmente come avevano fatto i suoi predecessori le ideologie che in quel
momento stavano minando nel profondo la Chiesa e la società, preferì
inizialmente l’ottimismo inglese che riteneva possibile la «democratizzazione»
della Germania e la speranza di un ravvedimento dei comunisti. Dovette presto
ricredersi perché Hitler non sembrava volersi fermare e Stalin non dava alcun
segno di ravvedimento.
In difesa della dignità umana e dell’Europa
Con lo scoppio della seconda
guerra mondiale e le notizie che giungevano in Vaticano da ogni parte del
mondo, Pio XII dovette affrontare non solo il dilemma se schierarsi o non
schierarsi per salvare il destino della Chiesa e dell’Europa, ma anche,
eventualmente, come intervenire.
L’esitazione in Pio XII non
dipendeva da fattori caratteriali o da mancanza di esperienza, ma
dall'incertezza delle conseguenze che avrebbe potuto provocare una sua presa di
posizione. Infatti, se un’eventuale vittoria della Germania nazista avrebbe potuto
travolgere non solo la Chiesa, ma l’intera Europa, le conseguenze sarebbero
state certamente più tragiche, agli occhi di Pio XII, in caso di vittoria
dell’Unione Sovietica, perché il comunismo si stava diffondendo pericolosamente
in Europa (anche in Italia) ed era inaccettabile per il suo carattere ateo,
marxista, materialista, illiberale e disumano.
La prospettiva di un mondo
senza Dio, antireligioso e irrispettoso della dignità umana dev’essere sembrata
a Pio XII inaccettabile a tal punto da sperare che la Germania non capitolasse
di fronte all'avanzata sovietica, anzi la ritardasse. Tanto più che
le relazioni della Santa Sede con l’Unione Sovietica erano pessime,
mentre il Concordato del 1933 con la Germania garantiva «la libertà della
professione e del pubblico esercizio della religione cattolica» e alla Santa
Sede «piena libertà di comunicare e corrispondere con i Vescovi, col clero e
con quanti appartengono alla Chiesa Cattolica in Germania». L'Europa nel 1942 (Limes)
Su questo atteggiamento di
apparente incertezza di Pio XII si è scritto molto (e se ne accennerà nel
prossimo articolo), ma già alla luce delle annotazioni precedenti non dovrebbe apparire
strano che il papa esitasse e si preoccupasse di fronte a una situazione
complessa, drammatica e dagli esiti imprevedibili per la Chiesa, per l’Europa e
per il mondo.
Solo in seguito, quando
seppe, delle deportazioni e dello sterminio degli ebrei, Pio XII ruppe gli
indugi, parlò e condannò quanto stava succedendo in particolare agli ebrei, ma
auspicò anche un decisivo intervento degli Americani, senza il quale non
sarebbe stato possibile salvare né l’Italia (e il Vaticano) né gli altri
Paesi cattolici d’Europa.
Giovanni Longu
Berna 29.5.2024
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