A ogni fine anno ci auguriamo tutti che quello
nuovo sia diverso, migliore di quello che sta per chiudersi, pur sapendo che
molte aspettative non si realizzeranno. E’ lecito, tuttavia, sperare che, in Italia e in Svizzera, almeno
a due categorie di persone il 2019 cambi realmente la vita: i poveri e i
giovani senza lavoro.
L’Italia e la Svizzera sono Paesi ricchi, anche se la ricchezza non è equamente
distribuita, che non dovrebbero tollerare di avere gruppi di popolazione al di
sotto della soglia di povertà e giovani alla ricerca disperata di un lavoro.
L’augurio che vi rimedino con coraggio, determinazione e senso di giustizia va
dunque a entrambi i Paesi, a prescindere dalla diversa proporzione dei problemi.
Eliminare o ridurre la povertà

Vale in generale, credo, l’osservazione di Civiltà
Cattolica in un recente articolo sulla «Povertà in Italia oggi», in cui si
dice che «si tratta di un fenomeno
per definizione negativo, la cui stessa esistenza costituisce un atto
di accusa nei confronti di ogni società e di ogni governo che non riesca a
eliminarlo o almeno a contenerlo».
Non credo che il «reddito d’inclusione» del precedente governo e il
«reddito di cittadinanza» di quello attuale siano risolutivi, ma nella misura
in cui contribuiscono a superare l’emergenza sono misure certamente utili. La
via maestra per eliminare la povertà resta comunque il lavoro e la preparazione
a una vita professionale dignitosa e moderna.
Ridurre la disoccupazione giovanile
L’altra categoria di persone a cui il 2019 è
auspicabile che cambi la vita è costituita dai giovani in età lavorativa che
non riescono a trovare un’occupazione conforme alle loro capacità. Anche questo
problema dovrebbe essere risolto con assoluta priorità non solo per ciò che
rappresenta il lavoro e la realizzazione professionale per ogni individuo, ma
anche per la sua importanza sociale.
Spesso si dimentica che la disoccupazione
giovanile, nelle sue proporzioni abnormi come in Italia, è uno degli elementi
che più contribuisce all’impoverimento della popolazione e alla creazione di
forti differenze regionali nella distribuzione della ricchezza e del benessere.
Ben a ragione il Rapporto della Caritas menzionato sopra mette in evidenza che
spesso all’origine della povertà materiale c’è una «povertà educativa» dovuta a
carenze nella formazione.
In questo Osservatorio ho più volte sottolineato
che la chiave della prosperità in tutte le società moderne (e specialmente in
quella svizzera) sta nella preparazione scolastica e professionale dei giovani
e che la disoccupazione giovanile eccessiva è un dramma inaccettabile per chi
ne è vittima e uno scandalo per qualsiasi governo.
Qualche anno fa, lo storico franco-svizzero François
Garçon dedicò un libro al sistema della formazione in Svizzera, intitolato «Formation:
l’autre miracle suisse». Secondo lui la formazione svizzera rappresenta un’eccellenza,
a cui «gli altri Paesi dovrebbero ispirarsi». Non so se l’Autore pensava anche
all’Italia quando scrisse il libro, ma forse sì, perché ricorda di averlo
iniziato, nel 2012, «quando in Italia il tasso di disoccupazione dei giovani di
meno di 25 anni era del 32%, cifra drammatica che conduce ogni società alla sua
disgregazione», mentre in Svizzera la disoccupazione dei giovani dai 15 ai 24
anni era 3,5%. L'Italia dovrebbe e potrebbe fare molto di più per ridurre questa piaga soprattutto del Mezzogiorno. Gli ultimi governi, compreso l'attuale, mi danno
l'impressione di fare troppo poco e, forse, non
solo per carenza d'idee.
Auguri Italia, auguri Svizzera
C’è da augurarsi che l’Italia sappia affrontare con
coraggio e lungimiranza almeno i problemi a cui ho accennato e che la Svizzera
sappia conservare i valori che le garantiscono ormai da decenni il benessere e
lo sviluppo. Non c’è dubbio, però, che i problemi si possano risolvere più
facilmente e i valori siano meglio garantiti se tanto l’Italia quanto la
Svizzera riusciranno a trovare nell’Unione europea un quadro di riferimento
confacente e sicuro, pur nella consapevolezza che si tratti di una istituzione
sempre migliorabile, col contributo di tutti.
Buon 2019, Italia e Svizzera
Buon 2019, Italia e Svizzera
Giovanni Longu
Berna, 31 dicembre 2018
Berna, 31 dicembre 2018