27 settembre 2017

Italiani in Svizzera: 23. L’occupazione nel dopoguerra



Alla domanda non certo banale: «che cosa facevano in Svizzera gli italiani immigrati nel primi decenni del dopoguerra?» non si può rispondere compiutamente che ricorrendo alle statistiche. Per semplicità e chiarezza verranno considerate solo le attività più importanti per numero di addetti. Inoltre, per far risaltare i cambiamenti strutturali intervenuti nell’occupazione della manodopera estera nell’arco di più decenni, ho preso come riferimento gli anni 1957, 1967, l977 e 1987. La differenziazione è utile anche per osservare l’evoluzione qualitativa oltre che quantitativa dell’immigrazione italiana in quel periodo.

Impieghi meno qualificati per gli immigrati
Per capire le attività svolte dagli immigrati occorre ricordare che negli anni ’50 e ’60 l’espansione economica aveva provocato il moltiplicarsi di nuovi impieghi. Per molti svizzeri fu un’occasione ghiotta per abbandonare quelli meno qualificati e meno retribuiti e andare ad occupare quelli socialmente più ambiti e meglio retribuiti. I posti lasciati liberi, meno gratificanti, meno pagati e talvolta anche più logaranti e pericolosi, vennero normalmente occupati da immigrati.
Fu così che i primi immigrati del dopoguerra, in gran parte stagionali, trovarono una facile occupazione nei rami carenti di manodopera indigena quali l’agricoltura, le costruzioni (edilizia e genio civile), i lavori domestici, la ristorazione e gli alberghi, l’industria tessile e metalmeccanica. In tal modo si venne a creare quella che lo studioso Roger W. Böhning ha chiamato «la complementarietà tra impieghi non qualificati e impieghi qualificati». In realtà quel tipo di complementarietà rispondeva solo a esigenze di divisione del lavoro (gli immigrati erano impiegati prevalentemente in attività che non richiedevano una particolare qualifica e nemmeno la conoscenza della lingua locale, mentre gli indigeni occupavano i posti più qualificati) e di una società che considerava i lavoratori stranieri manodopera a buon mercato, facilmente adattabile anche a salari bassi e «temporanea».
L’agricoltura, che non richiedeva competenze particolari, fu per molti un specie di passaggio obbligato, ma gli italiani, appena se ne presentava l’occasione, cercavano un impiego in altre attività meglio regolamentate soprattutto sotto il profilo dell’orario settimanale di lavoro e del salario. Nel secondario, per molto tempo il settore che occupava più manodopera estera, gli italiani erano distribuiti specialmente tra l’industria manifatturiera e le costruzioni. Nel terziario, invece, la parte del leone la faceva il ramo alberghiero e della ristorazione.

Evoluzione nei vari settori
Nell’agosto 1957 lavoravano nell’agricoltura 27.789 italiani (17.274 annuali e 10.515 stagionali). Dieci anni dopo, nell’agosto 1967, gli italiani che lavoravano nell’agricoltura erano solo 9693 (4797 annuali e 4896 stagionali). Nell’agosto 1977 erano scesi a 2547 (888 annuali e 1659 stagionali). Nel 1987 lavoravano nell’agricoltura appena 1035 italiani (120 annuali e 915 stagionali).
Nel settore secondario la metalmeccanica ha avuto un’evoluzione particolare: dapprima si ebbe un forte incremento e poi un crollo. Nell’agosto 1957 lavoravano nella metalmeccanica 32.301 italiani (31.121 annuali e 1180 stagionali). Dieci anni dopo, nell’agosto 1967, gli italiani che lavoravano nell’industria metalmeccanica erano 79.099 (78.072 annuali e 1027 stagionali). Nell’agosto 1977 gli italiani erano scesi a 12.451 (12.285 annuali e 166 stagionali) e nel 1987 a 1946 (1555 annuali e 391 stagionali).
Nel ramo delle costruzioni (edilizia e genio civile) l’andamento dell’occupazione italiana è stato analogo a quello della metalmeccanica. Nell’agosto 1957 lavoravano nelle costruzioni 79.335 italiani (3209 annuali e 76.126 stagionali). Dieci anni dopo, nell’agosto 1967, gli italiani che lavoravano nelle costruzioni erano ben 129.944 (28.629 annuali e 101.315 stagionali). Nell’agosto 1977 erano scesi a 30.711 (13615 annuali e 17.096 stagionali) e nel 1987 a 13.911 (2286 annuali e 11.629 stagionali).
Un andamento simile si registrò nei servizi: nell’agosto 1957 lavoravano in alberghi e ristoranti 34.253 italiani (21.324 annuali e 12.929 stagionali). Dieci anni dopo, nell’agosto 1967, gli italiani che lavoravano in alberghi e ristoranti erano 34.581 (23.711 annuali e 10.870 stagionali). Nell’agosto 1977 erano scesi a 8399 (3802 annuali e 4597 stagionali) e nel 1987 ad appena 4119 (947 annuali e 3172 stagionali).
La massima occupazione degli italiani è stata registrata nel 1964 con una concentrazione eccezionale in due soli rami economici: edilizia e genio civile con ben 171.898 addetti (36,2%) e industria metalmeccanica con 91.968 addetti (19,4%).
Poiché nel ramo delle costruzioni gli italiani hanno lasciato tracce indelebili (strade, autostrade, dighe, centrali idroelettriche, ecc.), il tema sarà ripreso prossimamente.
Giovanni Longu
Berna 27.09.2017

1 commento:

  1. A detta degli stagionali (meridionali) degli anni 60 gli svizzeri erano dei pessimi muratori, sia in termini qualitativi che di tempi di realizzazione. Gli intoppi li creano i capisquadra svizzeri.

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