Per capire
lo spirito di un popolo bisognerebbe conoscerne la storia,
le tradizioni, i condizionamenti e gli ideali che hanno guidato la scelta di
determinate istituzioni piuttosto di altre, gli obiettivi che intende
raggiungere. Non sempre è facile, soprattutto quando questo «popolo» è in
realtà plurimo, plurilingue, multiculturale, multiconfessionale, come quello
svizzero.
Ho affrontato
questa difficoltà durante un corso dato all’UNITRE di Soletta sul tema:
«Capire la Svizzera». Volevo approfondire insieme ai partecipanti alcune
caratteristiche fondamentali del popolo svizzero, in particolare: l’amore per
la libertà e la democrazia, la neutralità, il federalismo, l’identità nazionale,
la coscienza cristiana, la solidarietà.
Poiché
tutti i partecipanti al corso possedevano discrete conoscenze della Svizzera,
delle sue istituzioni, della storia e della geografia, mi è sembrato opportuno
compiere un passo ulteriore verso la comprensione del fenomeno svizzero, che
resta pur sempre, non solo per gli stranieri ma anche per molti svizzeri, un Sonderfall,
un caso particolare, quindi difficile da capire. Capita infatti spesso di
sentire «io questi svizzeri non li capisco», «si comportano in modo così
diverso dagli altri», «vanno continuamente a votare, ma le cose non cambiano»
ed espressioni simili. Evidentemente per «capire» lo spirito di un popolo non basta
conoscere poco o molto della sua storia, della sua economia, delle sue tradizioni.
Durante il
corso, partendo sempre dall’attualità, ho cercato di indicare, per ogni
caratteristica presa in esame, l’origine, lo sviluppo e le attuali espressioni.
Solo in questo modo, ho pensato, è possibile se non capire profondamente almeno
cogliere una parte significativa dello spirito di questo popolo e di questo
Paese.
Alla
ricerca delle origini
Nella
ricerca delle origini ho evitato, per ovvie ragioni, di andare a scavare troppo
lontano nel tempo e ho ritenuto che un buon inizio fosse collocabile tra il
I secolo avanti Cristo (a.C.) e il V secolo dopo Cristo (d.C.). E’
infatti in quel periodo che avvenne l’incontro dell’antica popolazione celtica
degli Elvezi con la storia, l’innesto della componente romana sull’elemento
celtico e l’avvio della cristianizzazione della Svizzera: tre
elementi indispensabili per «capire la Svizzera» di ieri e di oggi.
Ovviamente
bisogna sempre stare attenti a non tracciare linee dirette tra gli antichi
Elvezi e gli svizzeri di oggi, tra le istituzioni imposte o influenzate dalla
dominazione romana e le moderne istituzioni federali e cantonali, come pure tra
la coscienza religiosa della popolazione elvetica appena cristianizzata e la
coscienza cristiana di duemila anni dopo. In questo lungo arco di tempo l’Elvezia
ha infatti subito profonde trasformazioni di natura demografica, istituzionale,
culturale, religiosa. Eppure, a ben vedere, non c’è caratteristica fondamentale
della Svizzera di oggi che non abbia radici risalenti almeno al periodo appena ricordato
e impiantate nella Svizzera occidentale (Romandia). Qualche esempio.
E’
possibile indicare una data?
L’impatto
tra l’elemento celtico e quello romano (il cosiddetto elemento gallo-romano) è
emblematico. Quando Giulio Cesare (100-44 a.C.) sconfisse gli Elvezi a Bibracte
nel 58 a.C., non li umiliò rendendoli schiavi come capitava spesso ai
vinti, ma offrì loro un’alleanza, un patto o foedus. Non è un
caso che questa parola riecheggi ancora persino nel linguaggio comune quando si
parla di federalismo, stato federale, Confederazione e addirittura di Confoederatio Helvetica, la denominazione ufficiale latina della Svizzera. Il patto tra Cesare
e gli Elvezi merita una breve spiegazione.
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Avenches, presso l’anfiteatro romano e il castello (XII-XIII sec.) |
In quel periodo i principali nemici di Roma,
ad occidente, erano i Galli non ancora completamente sottomessi e i Germani che
premevano a nord del Reno. Compito di Cesare era quello di sottomettere i Galli
ed impedire che i Germani oltrepassassero il Reno. In questo progetto gli
Elvezi (che insieme ad altre popolazioni celtiche occupavano gran parte dell’attuale territorio
svizzero tra il Lago di Costanza, il Reno, il Giura, il Lago Lemano, il Rodano
e le Alpi) erano considerati da Cesare più come (possibili) alleati in funzione
antigermanica che come nemici da sottomettere. Roma aveva tuttavia posto loro una
condizione, ossia che dovessero restare nel loro territorio e non oltrepassare
il Rodano per raggiungere altre tribù celtiche già sottomesse e stabilite nella
Gallia.
Contravvenendo al divieto, gli Elvezi e altre
tribù varcarono il Rodano nel 63 a.C. con l’intenzione di trasferirsi nella
Gallia ritenuta più fertile. Qualche anno più tardi tuttavia, dopo la sconfitta
di Bibracte, dovettero loro malgrado rientrare nei loro villaggi (che prima di
«emigrare» avevano distrutto, come se non avessero dovuto mai più farvi
ritorno).
Piuttosto che essere eliminati, un grande
senso pratico e la speranza di poter continuare a vivere a modo loro, indussero
gli Elvezi ad accettare il patto (foedus) offerto da Cesare, ossia
tenere a bada le popolazioni germaniche che premevano da nord e accettare la
sovranità di Roma. Oltretutto il patto dava agli Elvezi notevoli vantaggi
perché i romani garantivano assistenza e sviluppo, senza pretendere di
rinunciare, per esempio, alle loro magistrature e ai loro costumi, ossia alla
loro autonomia.
Alcune popolazioni locali si opposero al patto
con i romani, ma ben presto anch’essere dovettero accettarlo, sicché verso il 15
a.C. l’intero territorio degli Elvezi, ossia gran parte dell’attuale
Svizzera, poteva dirsi sottomesso ai romani, sia pure alle condizioni (piuttosto
vantaggiose) imposte agli Elvezi. Abitualmente si considera il 1291
l’anno di nascita della vecchia Confederazione, ma sicuramente la Svizzera
esisteva anche prima e già Cesare attribuiva al popolo degli Elvezi uno spirito
«nazionale». Il 15 a. C. potrebbe essere considerato l’anno di nascita della
Svizzera gallo-romano-cristiana e dunque una data fondamentale della
storia svizzera?
La
romanizzazione della Svizzera
Di fatto, dalla metà del I sec. a.C. iniziò, partendo dalla Svizzera
occidentale, la romanizzazione dell’intero Paese, che si protrarrà nei primi
secoli d.C. durante i quali si svilupparono i grandi centri gallo-romani di
Ginevra, Nyon, Augst, Martigny, Saint-Maurice, Avenches, Yverdon, Windisch,
Berna, Soletta, ecc.
Alcuni di questi insediamenti divennero vere e
proprie città con le strutture pubbliche tipiche dei grandi centri romani (fori,
templi, terme, teatri, anfiteatri, ecc.). Avenches (Aventicum) divenne
la capitale dell’Elvezia e il suo antiteatro poteva contenere 12.000 spettatori
(contro, per es., i 5000 di quello di Martigny e i 1500 di quello di Berna).
Fra
l’altro, sotto la dominazione romana, l’Elvezia fu dotata di un’importante rete
stradale da est a ovest e da nord a sud, che consentiva non solo gli
spostamenti veloci delle legioni, ma facilitava anche gli scambi e il trasporto
delle merci.
La
cristianizzazione della Svizzera
Dei primi
due secoli d. C. si sa ben poco, ma è presumibile che nella Svizzera
occidentale il cristianesimo sia penetrato insieme ai primi legionari e coloni
(i veterani dell’esercito) convertiti. E’ tuttavia emblematico il clamore
suscitato nel Vallese dalla decimazione della Legione tebana (verso il
280-290 d.C.) al comando di Maurizio, perché si era rifiutata di fare i
sacrifici propiziatori alle divinità pagane essendo di religione cristiana. Nel
luogo (o nelle vicinanze) dove si presume sia avvenuto il martirio
(Saint-Maurice) sorse fin dal IV secolo un importante santuario dedicato a San
Maurizio, che rappresenta ancora oggi uno dei principali centri della
cristianità.
Davanti all’abbazia cluniacense di Romainmôtier |
Dopo l’editto di Milano dell’imperatore Costantino
(313), che garantiva la libertà di culto anche ai cristiani, e l’editto
di Tessalonica (380), con cui l’imperatore Teodosio
dichiarava il cristianesimo religione unica dell'Impero Romano, il
cristianesimo cominciò a diffondersi in tutta la Svizzera, sfruttando
ampiamente le strutture dell’Impero romano (strade, città, organizzazione).
Da allora la componente
cristiana è divenuta parte integrante dello sviluppo di questo Paese, dapprima
nella sua parte occidentale (Saint-Maurice, Romainmôtier, Losanna, Ginevra,
Payerne, ecc.), più tardi in quella orientale. Oggi l’impronta cristiana appare
indelebile ovunque in tutta la Svizzera.
Un sopralluogo
eccezionale
A complemento del
corso «Capire la Svizzera» si è ritenuto utile e piacevole ripercorrere almeno
qualche tratto dei luoghi dove se non tutto molto ha avuto inizio della storia svizzera.
Partiti da Soletta,
l’antica Solodurum dei romani, la prima tappa è stata Avenches,
l’antico Aventicum, capitale dell’Elvezia romana, con importanti resti
di quell’epoca gloriosa.
Dopo Avenches abbiamo
visitato l'Abbazia di Romainmôtier, costruita fra
il 990 e il 1030 sulle rovine di un antico monastero della metà del V secolo,
segno che il cristianesimo si era già insediato stabilmente in questa regione
del Giura vodese.
La tappa principale è
stata Saint-Maurice, non solo un grande centro della spiritualità
cristiana, ma anche un luogo di passaggio obbligato della strada che
dall’Italia, attraverso il Gran San Bernardo, portava in Gallia. L’Abbazia
custodisce al suo interno un Tesoro di valore inestimabile.
Sulla via del ritorno la soddisfazione per la gita sembra evidente |
Credo che il viaggio
abbia soddisfatto gran parte delle aspettative degli organizzatori e dei 37 partecipanti.
Giovanni Longu
Berna, 1.6.2016
Berna, 1.6.2016
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