Quando la Confederazione Svizzera si diede la
prima Costituzione federale (1848) si diede anche come obiettivo primario il
raggiungimento della «comune prosperità». I costituenti dovettero tuttavia
costatare subito il divario economico e sociale esistente rispetto ai
principali Stati europei dov’era in atto da tempo l’industrializzazione:
Inghilterra, Francia e Germania. Competere con questi Paesi dovette apparire
assai difficile, ma non impossibile, benché la Svizzera partisse molto
svantaggiata, non disponendo né delle materie prime che essi possedevano in
grande quantità né delle conoscenze necessarie (know-how). A distanza di oltre
un secolo e mezzo si può tranquillamente affermare che quella sorta di sfida fu
vinta: la «comune prosperità» è stata ampiamente raggiunta e la Confederazione
attraverso un solido sistema formativo di alto profilo ha collocato la Svizzera
ai primi posti nel mondo per la ricerca, lo sviluppo e l’innovazione.
Compito chiaro, ma difficile da realizzare
Il compito assegnato dalla Costituzione alla
nuova Confederazione era chiaro: favorire il progresso e sviluppare le
conoscenze necessarie. Dato il punto di partenza di relativa arretratezza, la strada
da percorrere non dev’essere stata tuttavia né breve né facile. La
Confederazione non poteva scavalcare le competenze dei Cantoni né sostituirsi
ad essi in materia di formazione né ostacolare in campo economico la libertà di
commercio e di industria dei cittadini garantita costituzionalmente.
Alla Confederazione restava, oltre a una
competenza generale di coordinamento e una competenza propria di istituire il
Politecnico federale, il compito non facile di «promuovere la comune
prosperità». In altre parole, doveva creare le condizioni quadro perché
l’istruzione fosse generale e di buon livello e l’economia potesse svilupparsi
liberamente, sia pure nel solco tracciato dalla Costituzione, ossia tenendo
conto che lo sviluppo economico dev’essere sostenibile e responsabile «verso le
generazioni future» e che «la forza di un popolo si commisura al benessere dei
più deboli dei suoi membri» (Preambolo della Cost. vigente).
Avvio promettente prima della crisi
Per la Confederazione, almeno inizialmente, si
trattò soprattutto di eliminare alcuni vincoli interni come i dazi e le dogane
per favorire la formazione di un mercato interno unico con una moneta unica e
regole minime valide per tutti. Ben presto, tuttavia, si dovette affrontare
insieme (Cantoni, Confederazione, banche, economia privata) il problema dei
trasporti, indispensabili per lo sviluppo del Paese e le comunicazioni con i
Paesi vicini. Altra sfida superata: in pochi decenni la Svizzera riuscì a darsi
una delle reti ferroviarie e stradali più fitte ed efficienti d’Europa.
Già all’inizio della prima guerra mondiale la
Svizzera aveva un’economia florida. La produzione industriale era in rapida
crescita, il turismo interno e internazionale fioriva, le esportazioni
contribuivano ad innalzare di un terzo il reddito della popolazione. Secondo
alcune stime, la Svizzera superava l’Inghilterra e la Germania per valore di
esportazioni pro capite di macchine e altri prodotti industriali. Il benessere
si diffondeva tra la popolazione.
Durante la prima guerra mondiale, sebbene la
Svizzera non partecipasse al conflitto in forza della sua neutralità, risentì
fortemente della sua condizione di Paese interamente circondato da Stati
belligeranti soprattutto nelle esportazioni e importazioni. Le difficoltà
economiche inasprirono i contrasti sociali, soprattutto tra la classe operaia e
alcuni imprenditori che avevano tratto enormi profitti dall’economia di guerra,
che sfociarono nel famoso sciopero generale del 1918, fatto cessare con
l’intervento dell’esercito che provocò quattro morti.
La chiusura lampo, un'invenzione svizzera. |
Tra le due guerre mondiali la Svizzera
attraversò un lungo periodo di crisi caratterizzato dal perdurare dei contrasti
interni, dalla depressione degli anni ’30, dall’aggravarsi della disoccupazione
(da 8000 disoccupati nel 1929 si era passati a 93’000 nel 1936) e
dall’incertezza del dopoguerra. Per rasserenare il clima sociale e attenuare la
contrapposizione tra i partiti borghesi e le sinistre, sindacati e datori di
lavoro delle industrie meccanica e metallurgica sottoscrissero il 19.7.1937 un
accordo, noto come pace del lavoro. Con esso le parti contraenti s’impegnavano
a risolvere i conflitti lavorativi mediante negoziati, rinunciando alle
tradizionali forme di lotta quali scioperi e serrate. Il clima sociale
migliorò.
Nuovo slancio dopo il 1945
Finita la seconda guerra mondiale, la Svizzera
si trovò in una condizione di vantaggio rispetto a tutti i Paesi vicini (che
dovevano pensare anzitutto alla ricostruzione e abbisognavano di molti beni di
consumo e strumentali) e non perse l’occasione per riprendere con slancio tutte
le attività produttive che aveva dovuto ridurre prima. Per far fronte alla
domanda crescente di beni e servizi proveniente dall’interno e da numerosi
Paesi, già dalla fine del 1945 si rese conto di aver bisogno di molta
manodopera generica e qualificata, che non aveva ma che poteva far arrivare
dall’estero, soprattutto dall’Italia.
Per alcuni decenni la Svizzera beneficiò della
congiuntura favorevole e presto divenne uno dei Paesi più progrediti e ricchi
del mondo. Molto superficialmente si è pensato talvolta che il benessere della
Svizzera sia dipeso dalle disgrazie altrui, dallo sfruttamento della manodopera
estera come pure da un uso spregiudicato del segreto bancario, mentre le vere
ragioni del benessere svizzero vanno cercate altrove, senza con ciò assolvere
nella maniera più assoluta quanti hanno approfittato delle disgrazie altrui,
della manodopera a buon mercato e abusato del segreto bancario.
Alla base del successo svizzero ci sta, a mio
parere, anzitutto la capacità, la costanza e la risolutezza della classe
politica svizzera dal 1848 ad oggi nell’attuazione del dettato costituzionale
che impone alla Confederazione di promuovere la «comune prosperità». Va dato
merito al Consiglio federale e al Parlamento di aver saputo creare nel tempo
condizioni quadro perché l’economia evolvesse secondo le leggi del mercato, ma
anche tenendo conto delle esigenze sociali attuali e future. I risultati, mi
sembra, premiano globalmente l’attività del Governo e del Parlamento svolta
finora.
La carta di alluminio, un'altra invenzione svizzera |
Sarebbe tuttavia un errore attribuire il
merito dell’attuale prosperità solo alla politica. Non vanno infatti
dimenticati i veri protagonisti del successo svizzero, ossia gli svizzeri e
quanti insieme a loro hanno saputo trasformare le materie prime in prodotti ad alto
valore aggiunto, hanno creato ogni sorta di manufatti, si sono immersi nella
ricerca, quella fondamentale e quella applicata, hanno inventato nuovi prodotti
e nuove tecnologie, hanno contribuito alla diffusione del benessere e continuano
incessantemente nella formazione, nella ricerca, nell’innovazione. Svizzeri e
stranieri, in efficace sinergia, anche se non sempre armoniosa, sono i veri
artefici del benessere svizzero.
Sinergie tra svizzeri e stranieri
A conferma di questa sinergia basterebbe
ricordare la realizzazione delle maggiori infrastrutture (ferrovie, strada,
autostrade, ponti, edilizia, riassetto urbanistico di molte città, ecc.),
l’attività nelle grandi fabbriche di ogni tipo di produzione e nei servizi di
ogni genere, ma anche l’intensa collaborazione nei centri di ricerca e di
sviluppo, pubblici e privati. Bastano pochi nomi per dare l’idea della
dimensione e dell’intensità dell’apporto di ingegno e d’imprenditorialità di
molti stranieri allo sviluppo economico della Svizzera: Julius Maggi, Henry Nestlé, Carl Franz Bally,
Karl Albert Wander, Charles Brown e Walter Boveri, Nicolas
Hayek, Ernesto Bertarelli, ecc.
Il primo orologio da polso fu creato in Svizzera nel 1910 per la regina di Napoli, Carolina Bonaparte |
In questo contesto favorevole, che oltre che
sulle sinergie tra svizzeri e stranieri si basa, soprattutto, sulle sinergie
tra pubblico e privato, sono nate anche innumerevoli invenzioni, molte delle
quali sono conosciute quasi esclusivamente in ambito scientifico e tecnologico,
altre, pur essendo divenute di uso quasi quotidiano, non sono per nulla o poco
conosciute dal grande pubblico.
Oltre a grandi scoperte come il motore a
scoppio per le automobili, la turbina idraulica, la turbina a vapore, la
turbina a gas, la sintesi delle vitamine, i nano robot, il rilevatore delle
vittime di valanghe, ecc. meritano qui un accenno alcune invenzione che si sono
rivelate di grande utilità pratica. Si pensi, per esempio, al latte in polvere,
ai prodotti Maggi, al caffè solubile (Nescafé), alle capsule per il caffè
Nespresso, all’orologio da polso, al swatch, alla cerniera lampo, alla chiusura
a strappo velcro, alla carta di alluminio, al cellofan, alla catena della
bicicletta, al pelapatate, allo stendibiancheria ad ombrellone, all’anitra WC,
ecc.
La ricerca continua
Quando si discute di immigrazione e in
generale di stranieri, talvolta con atteggiamenti di superiorità o comunque
inappropriati, bisognerebbe ricordarsi che senza immigrati, magari prontamente
naturalizzati, l’economia svizzera sarebbe evoluta diversamente, il benessere
non avrebbe raggiunto l’ampiezza e il livello attuali e anche la ricerca e
l’innovazione non occuperebbero le posizioni avanzate che detengono.
Quanto al futuro è rassicurante che il presidente
della Confederazione Schneider-Ammann anche recentemente abbia
confermato che «il mantenimento della posizione di punta della Svizzera nel
campo dell'educazione, della ricerca e dell'innovazione resta una priorità del
Consiglio federale», ma per esserne certi bisognerà che la Svizzera non esca dal
quadro europeo della ricerca e faccia chiarezza sui suoi rapporti con l’Unione
europea.
Una delle chiavi del successo svizzero dovrà
essere anche in futuro la sinergia tra svizzeri e stranieri (integrazione) e l’intesa
tra Svizzera e Unione europea. Nessun’altra strada dà maggiori garanzie.
Giovanni Longu
Berna, 10.02.2016
Berna, 10.02.2016
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