In Italia, con l’avvento di Grillo e del Movimento 5 Stelle, si è avviata un’interessante discussione sulla democrazia diretta, per poi disperderla sulla controversia circa la validità e l’utilità della «rete». In pratica, si è cercato inizialmente di far coincidere la prima con l’espressione sempre più ampia attraverso la rete informatica per poi affermare che la comunicazione in rete non è facilmente intelligibile, anzi è contraddittoria, molto volatile e manipolabile. Alcuni personaggi sono stati in brevissimo tempo esaltati ed esecrati dalla stessa rete. Evidentemente la democrazia diretta è ben altra cosa, anche se la rete è sicuramente un potente mezzo d’informazione e di formazione dell’opinione pubblica soprattutto giovanile.
L’ultima parola al popolo
Un esempio di democrazia diretta è rappresentato dalla
Svizzera che proprio fra pochi giorni, il 9 giugno, chiamerà nuovamente alle
urne i propri cittadini per votare su una serie di questioni d’importanza
nazionale, cantonale e comunale. Gli svizzeri lo fanno talmente sovente che
all'estero, anche in Italia, molti stentano a capirne il perché. Eppure la
risposta è semplice: gli svizzeri amano la democrazia diretta, ossia la
partecipazione del popolo come ultima istanza alla presa di decisioni
importanti per il Paese, a prescindere dal tasso di partecipazione effettiva. Recarsi
tre-quattro volte l’anno a votare su questioni federali, cantonali e comunali,
anche se non sempre di primaria importanza per il Paese, per gli svizzeri è un
diritto sacrosanto, costituzionale e inalienabile, al quale nemmeno coloro che
non lo esercitano sono disposti a rinunciare.
Data la frequenza, per taluni eccessiva, delle votazioni (in
aggiunta alle elezioni), la partecipazione è spesso al di sotto del 50 per
cento degli aventi diritto di voto. Al riguardo va tuttavia osservato che
quando si tratta di decisioni importanti e molto controverse la partecipazione
solitamente aumenta. Quando invece l’esito della votazione (sotto l’influsso
dei sondaggi) appare scontato, generalmente la partecipazione scende. Altre
volte, nel caso di modifiche costituzionali, anche una bassa partecipazione è
compensata dalla doppia maggioranza del popolo e dei Cantoni richiesta per
questo tipo di oggetti.
Astensionismo e fiducia nelle istituzioni
Il fenomeno dell’astensionismo, a differenza di quel che
rappresenta in Italia, pur essendo denunciato da più parti, non appare
preoccupante, a mio modo di vedere soprattutto per due ragioni. Anzitutto
perché nei casi in cui è in votazione ritenuto «molto importante» dall’opinione
pubblica, l’elettorato si mobilita e partecipa più numeroso. Inoltre perché i
cittadini svizzeri sono consapevoli di essere generalmente ben governati e di
vivere in un sistema politico e istituzionale generale equilibrato e stabile.
La fiducia nelle istituzioni in Svizzera è sempre molto alta, soprattutto se
confrontata alla situazione italiana.
E’ interessante osservare che nella storia della democrazia diretta
svizzera, tra i temi in votazione più «importanti» e «controversi» ci sono
sempre stati quelli riguardanti l’immigrazione e l’asilo. L’ormai famosa votazione
popolare del 1970 sul ridimensionamento del fenomeno migratorio auspicato
da Schwarzenbach (quando i migranti erano soprattutto italiani!) sfiorò col
74,7% il record di partecipazione (79,7%)
registrato nel 1947 nella votazione sull'introduzione dell’assicurazione
vecchiaia e superstiti, e mai più superato in seguito.
Richiedenti l’asilo e governo del popolo
Dal 1970
in poi, quasi tutte le votazioni riguardanti temi
dell’immigrazione e dell’asilo hanno segnato tassi di partecipazione relativamente
alti, ma tendenzialmente in diminuzione. Ciò non significa che questi temi non
abbiano più presa nell'opinione pubblica. Con un po’ di pazienza se ne potrà
avere una conferma (o una smentita) il prossimo 9 giugno quando i cittadini
svizzeri voteranno su un ulteriore inasprimento della legge sull'asilo
(introduzione di misure più severe per il riconoscimento del diritto d’asilo in
Svizzera), dopo quello già approvato in votazione popolare nel 2006. Come
allora, anche stavolta i pronostici sono per una netta approvazione dei
provvedimenti, sostenuti dal Consiglio federale e dal Parlamento. In fondo, non
si vuole affatto limitare il diritto d’asilo, ma si vogliono contrastare gli
abusi.
Un altro tema in votazione il 9 giugno, eminentemente
politico, riguarda l’iniziativa dell’Unione democratica di centro (in realtà di
destra) denominata «Elezione del Consiglio federale da parte del Popolo».
Si tratta di un tema vecchio quasi quanto la Confederazione, più volte discusso
e sottoposto a votazione popolare, ma sempre bocciato. In genere, quando si
tratta di modifiche istituzionali profonde, gli svizzeri sono piuttosto
diffidenti e cauti, preferiscono il certo all’incerto. Lo dimostreranno con ogni
probabilità anche prossimamente.
Giovanni Longu
Berna, 5 giugno 2013
Berna, 5 giugno 2013
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