Come per la rinuncia di papa Benedetto XVI così per l’elezione di papa Francesco, i media ci hanno somministrato una grande varietà di interpretazioni, alcune apparentemente verisimili altre piuttosto fantasiose, tutte impregnate di connotazioni «politiche» (all'italiana), che poco si addicono alla storia del papato degli ultimi secoli. Per tutti, comunque, l’elezione dell’argentino Jorge Mario Bergoglio quale successore di Benedetto XVI è stata una sorpresa, che non è ancora finita.
Apparenza e sostanza
E’ comprensibile che un evento epocale come la rinuncia al
pontificato di Benedetto XVI scateni la curiosità di cattolici e non cattolici
nella ricerca di motivazioni plausibili. E’ meno comprensibile che si insista
nel voler cercare le ragioni «vere» negli scandali interni alla Chiesa e nei
presunti conflitti di potere all'interno della Curia romana, sebbene lo stesso
papa abbia fornito le ragioni determinanti di quella scelta, avvenuta «dopo
aver esaminato ripetutamente la mia coscienza davanti a Dio» e unicamente
nell'interesse della Chiesa. Il che non significa, che su quella decisione non
abbiano influito anche altre cause. Del resto è evidente, come hanno osservato ad
esempio i vescovi svizzeri, che dopo la rinuncia di Benedetto XVI, «si
avvertiva tangibilmente quanto la Chiesa cattolica stia attraversando un
periodo movimentato» e che il nuovo papa, vescovo di Roma, dovrà assumere «un
ministero estremamente arduo».
Proprio in questa ottica è comprensibile che l’elezione del
nuovo Pontefice abbia suscitato persino tra i non cristiani una legittima
curiosità di conoscerne la personalità, tanto più che l’eletto non risultava
tra i «papabili» della vigilia indicati dai grandi media internazionali. Trovo
invece esagerato che si sia cominciato subito a inquadrare il nuovo papa
Francesco entro categorie improprie nella storia della Chiesa (come «destra» e
«sinistra», «conservatore» e «progressista» e contrapposizioni simili) e a vedere
nella scelta fatta dai cardinali elettori la vittoria di uno schieramento su un
altro o una sorta di compromesso tra visioni contrastanti di pari forza.
Mi si obietterà che i media hanno principalmente il compito
di registrare i fenomeni (ciò che appare) e non di approfondire le loro cause.
Sta di fatto che soprattutto nel caso dell’elezione di papa Francesco ne hanno
riferito quasi sempre in termini di «apparenza» e di «impressione», non di
sostanza. Non voglio dire che necessariamente l’apparenza inganna e
l’impressione è sempre soggettiva. Il sorriso o la semplicità evidenziati dal
papa Francesco, ad esempio, denotano certamente la fondamentale bontà d’animo
del personaggio. Tuttavia, ritengo, in un papa la sostanza va ricercata oltre.
Caratteristiche essenziali
Lo stesso Francesco, del resto, durante la sua prima omelia
a braccio nella Capella Sistina, rivolta ai cardinali il giorno successivo alla
sua elezione, ha riassunto per così dire l’identikit sostanziale non solo di un
vescovo o cardinale, ma dello stesso papa, in tre verbi: camminare, edificare,
confessare. Le caratteristiche essenziali del papa consistono nella sua
capacità di camminare alla presenza di Dio cercando di vivere in maniera
irreprensibile, contribuendo all'edificazione della Chiesa, Sposa di Cristi, e
soprattutto testimoniando Gesù Cristo con la sua croce. Tanto è vero che «quando
non si confessa Gesù Cristo si confessa la mondanità del diavolo, la mondanità
del demonio».
Stemma pontificio di papa Francesco |
Sotto questo profilo, almeno per i credenti, la scelta del
nuovo papa (e mi riferisco in particolare agli ultimi papi) è sempre la scelta
giusta perché assistita dallo Spirito Santo. Questo non significa che l’eletto
sarà in grado di risolvere tutti i problemi che la Chiesa incontra sul suo
cammino. Significa però che, nelle intenzioni degli elettori, il neoeletto rappresenta
la persona più idonea a leggere i segni dei tempi e la guida più appropriata
per la Chiesa, ossia una comunità di persone in movimento che cammina con
l’umanità, di cui fa parte, condividendone i destini e interpretandone le
attese e le speranze.
Nel solco della tradizione
Alcuni media, una volta ripresisi dall'effetto sorpresa per
un papa non previsto e con caratteristiche assolutamente nuove per provenienza,
formazione ed esperienza, si sono affrettati a mettere i famosi puntini sulle i,
dicendo ad esempio, ch'egli rappresenta senz'altro una speranza per i
diseredati del mondo, un’apertura al mondo, un polso fermo per raddrizzare le
deviazioni della Curia romana, ma sostiene anche posizioni «conservatrici» in
materia di dottrina, di morale sessuale, di diritti civili per gli omosessuali,
ecc.
In questo tipo di considerazioni si dimentica spesso che
nessun papa potrà mai far deviare la Chiesa dal solco della tradizione, che
affonda le sue radici nel Vangelo, consacrata ormai da oltre duemila anni di storia e
consolidata in una serie di dogmi e di interpretazioni autorevoli di padri
della Chiesa, teologi e papi. La Chiesa può e deve rinnovarsi, ma non deve
adeguarsi in tutto e per tutto alle richieste del mondo. Papa Francesco, nella
citata omelia, è stato chiaro: «Io vorrei che tutti abbiamo il coraggio -
proprio il coraggio - di camminare in presenza del Signore, con la Croce del
Signore; di edificare la Chiesa sul sangue del Signore, che è versato sulla
Croce; e di confessare l'unica gloria, Cristo Crocifisso. E così la Chiesa
andrà avanti».
Mi auguro che man mano che papa Francesco si manifesterà per
quel che è, il quadro che lo rappresenta, anche nell’opinione pubblica, chiarisca
ulteriormente queste e altre caratteristiche in riferimento ai suoi compiti
essenziali come esempio di fede e di preghiera, guida sicura per i fedeli lungo
il cammino da seguire tracciato da Cristo, interprete delle aspirazioni
dell’umanità alla luce del piano della salvezza voluto da Dio e interprete
della misericordia divina nei confronti di ogni essere umano.
Universalità della Chiesa
Vorrei di seguito soffermarmi su alcune caratteristiche di papa
Francesco che mi è parso riconoscere fin dalle prime decisioni e dai primi
gesti di questo papa che i signori cardinali sono andati a scegliere quasi alla
fine del mondo, come ha confessato egli stesso.
Proprio la provenienza di questo papa, l’Argentina, sta ad indicare
una delle caratteristiche fondamentali che deve avere qualunque papa, ossia il
senso dell’universalità della Chiesa cattolica. Contrariamente a quel che molta
stampa ha riferito circa una presunta disputa tra i cardinali sulla provenienza
del nuovo papa, se dovesse essere italiano o europeo piuttosto che americano o
africano, ritengo che non ci sia stata alcuna disputa, dando per scontato che
l’eletto dovesse rappresentare in ogni caso l’universalità della Chiesa. E papa
Francesco mi pare che rappresenti molto bene questa caratteristica della
Chiesa.
Per una Chiesa povera
Il Paese di provenienza, l’Argentina, l’esperienza personale
di sacerdote e vescovo tra la gente soprattutto nei quartieri poveri e la sua
formazione da gesuita devono aver affinato in papa Francesco una particolare sensibilità
nei confronti dei poveri. Una maggiore povertà della Chiesa è certamente una
delle sfide più forti che lo attendono nel nuovo ministero papale. La stampa
internazionale ha già definito Francesco «un papa per i poveri», «l’avvocato
dei poveri». Sono convinto che lo sarà per davvero e i segnali che ha già dato attraverso
l’abito che indossa, il mezzo di trasporto utilizzato, il saldo della fattura
dell’albergo, ecc. non lasciano dubbi al riguardo.
Del resto anche il nome che si è dato non lascia dubbi.
Francesco è il nome del Poverello di Assisi, molto impegnativo. E’ forse
interessante notare che papa Francesco proviene dall'ordine dei Gesuiti, la
«Compagnia di Gesù», fondata da S. Ignazio di Loyola nel 1540. Ebbene, questo
nobile cavaliere spagnolo, che era un convertito, prima di fondare il nuovo ordine
religioso ebbe tra i suoi modelli anche San Francesco d’Assisi. Nell'impeto tipico
dei neoconvertiti si chiedeva: «e se facessi anch'io quel che fece San Francesco?
San Francesco ha fatto questo: ebbene anch'io devo farlo». Lo farà anche papa
Francesco? Perlomeno tenterà di farlo.
La collegialità
S. Ignazio di Loyola fondatore dell'ordine dei Gesuiti |
Credo e spero che papa Francesco sappia ricreare nella Curia
romana e nella comunità dei vescovi quello spirito di fraternità, di amicizia e
di condivisione che caratterizzò la primitiva comunità degli Apostoli e lo
spirito originario della Compagnia di Gesù. Sarà un segnale potentissimo per l’unità
della Chiesa continuamente minacciata da divisioni, aspirazioni, ambizioni
contrastanti, pur nel rispetto delle legittime diversità delle chiese locali, essendo
fondamentale che tutte le membra restino unite al capo che è Cristo. Sarà anche
un segnale forte per l’unità dei credenti.
Papa Francesco incarnerà certamente anche altri carismi
perché la Chiesa del terzo millennio ha bisogno di molti chiarimenti sulla sua
origine e sul suo destino, sul rapporto fede e ragione, sull’organizzazione
delle chiese locali, sul ruolo dei laici e specialmente delle donne nella
chiesa e nella gerarchia ecclesiastica, su alcuni temi scottanti riguardanti il
divorzio, l’aborto, la contraccezione, il matrimonio dei preti, sul matrimonio
degli omosessuali, ecc.
Giovanni Longu
Berna 18.3.2013
Berna 18.3.2013
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