L’italianità della Svizzera è concentrata evidentemente nella Svizzera italiana (Ticino e Grigioni italiano), ma è presente anche in tutti i settori della vita politica, economica, culturale e sociale della Svizzera tedesca e francese. Quando in questa rubrica si parla dell’italianità come di una delle tre componenti culturali fondamentali della Confederazione, s’intende affermare che nel carattere «svizzero», in quella che talvolta è chiamata «svizzeritudine», l’italianità è presente come una componente fondamentale.
Fuori della Svizzera italiana (in senso strettamente
geografico), questa consapevolezza spesso manca, anche tra gli italofoni, forse
perché concentrati nei tentativi di arrestare il declino della lingua italiana o
di potenziare la loro presenza nelle istituzioni pubbliche. E’ convinzione
diffusa che l’italianità debba esprimersi necessariamente nell'uso corrente della
lingua italiana, nei comportamenti vistosamente italiani o ticinesi, nei nomi e
cognomi tipicamente italiani o ticinesi, nella difesa degli interessi della
Svizzera italiana. In realtà molto spesso le espressioni dell’italianità nella
Svizzera tedesca e francese non hanno (tutte) queste caratteristiche.
Italianità e svizzeritudine
In oltre un secolo e mezzo di storia le varie popolazioni
della Svizzera si sono lentamente ma inesorabilmente mescolate e integrate con
uno scambio continuo di caratteristiche, modi di pensare e di fare, abitudini
alimentari, stili di vita, ecc. che hanno modificato non solo la «svizzeritudine»
ma anche l’italianità.
Credo che chiunque volesse individuare il carattere
tipicamente «svizzero tedesco» o tipicamente «svizzero francese» o «svizzero
italiano» dovrebbe concentrare le sue ricerche in un periodo assai lontano,
magari i tempi di Franscini (1796-1857) e comunque non oltre la prima guerra
mondiale, quando le «stirpi» (ma si parlava persino di «razze») e i «popoli»
con le rispettive lingue e culture erano considerati ben distinti. Oggi
risulterebbe un’impresa ardua se non impossibile perché tutte queste
caratteristiche «svizzere», sia pure con la prevalenza dell’una o dell’altra,
sono presenti, magari in maniera sfumata nel carattere semplicemente «svizzero»
e nel DNA di ogni svizzero.
Italianità nella svizzeritudine
Basterebbe riflettere su alcuni comportamenti ormai
comunissimi tra gli svizzeri tedeschi e francesi, come seguire la «dieta
mediterranea» o «parlare ad alta voce» (ad esempio sui mezzi pubblici),
«gesticolare all’italiana», «vestire Armani», per rendersi conto che ormai
l’integrazione tra svizzeri tedeschi, francesi e italiani ha fatto passi da
gigante. Eppure anche solo 30-40 anni fa molti svizzeri le snobbavano con
evidente disappunto etichettandole come «typisch italienisch!».
Non va nemmeno minimizzato l’influsso dell’italianità sugli
svizzeri tedeschi e francesi attraverso le conoscenze scolastiche, le
informazioni dei media, i viaggi in Ticino e in Italia, la musica, il cinema,
il teatro, lo sport e ovviamente attraverso i contatti quotidiani con italiani
e ticinesi sui luoghi di lavoro, nelle associazioni e nei luoghi di svago. Per
quanto difficile possa essere rilevare queste «contaminazioni» è innegabile che
valori e caratteristiche dell’Umanesimo, del Rinascimento, del Bel Paese, persino
della «Meridionalità», e della Sonnenstube ticinese siano stati assimilati
anche dagli svizzeri tedeschi e francesi.
Italianità da scoprire
Simonetta Sommaruga |
L’italianità nella Svizzera tedesca e francese non è
tuttavia solo un ricordo o un fragile legame col passato. Essa è una presenza
tangibile che però non può avere le caratteristiche che ha nella Svizzera
italiana e in Italia. Non mi riferisco tanto all'italianità diffusa in una
miriade di prodotti «made in Italy» ormai presenti in tutti i grandi magazzini
e in moltissimi locali tipicamente italiani o ticinesi come ristoranti, negozi,
boutique, saloni di bellezza, garage, club, ecc. Mi riferisco soprattutto
all'italianità presente, più o meno evidente ma reale, nel tessuto sociale,
nelle istituzioni pubbliche e private, in moltissime persone portatrici di richiami,
valori, stili di vita che evocano origini culturali ticinesi o italiane più o
meno lontane.
I cognomi rivelatori d’italianità
Molto spesso i cognomi sono i primi rivelatori dell’origine
italiana o ticinese più o meno lontana di chi li porta. Molti svizzeri che
portano cognomi tipicamente italiani o ticinesi quali Bianchi, Rossi,
Bernasconi, Facchinetti o Marazzi, pur vivendo magari da
generazioni nella Svizzera tedesca e francese e pur non praticando più
l’italiano (se non forse quel tanto che serve durante le vacanze in Italia o in
Ticino) sanno perfettamente da dove provenivano i loro nonni o bisnonni, cosa
facevano al loro paese e cosa sono venuti a fare nella Svizzera tedesca o
francese. Sanno di avere nel loro DNA una componente d’italianità. I cognomi
non vanno sottovalutati. Testimoniano una storia di spostamenti di persone, di
matrimoni misti (dove il dare e l’avere è una regola), di scambi linguistici e
culturali, d’integrazione che hanno prodotto in fin dei conti lo «svizzero» di
oggi.
Evidentemente, oltre ai cognomi, ci sono nella Svizzera
tedesca e francese anche altri rivelatori di una italianità diffusa e
perfettamente integrata. Basterebbe ricordare i sempre più numerosi
naturalizzati svizzeri di origine italiana o i «secondi» e «terzi» (cioè
appartenenti alla seconda e terza generazione di immigrati italiani), che da
qualche decennio si sono perfettamente integrati in tutti i settori della
società, nelle scienze, nella ricerca, nella politica, nell'economia.
Non esiste probabilmente settore economico, eccettuata forse
l’agricoltura, in cui l’italianità non sia presente e talvolta in bella vista. Ci
sono personalità di origine ticinese, grigionese italiana e italiana che
spiccano particolarmente come la classica punta dell’iceberg e segnalano una
vasta italianità nemmeno poi tanto sommersa. Qualche nome, che sarà indicato
solo a titolo di esempio, servirà a chiarire il concetto.
Italianità nelle istituzioni
Sullo scorcio dell’anno trascorso e anche nelle scorse
settimane si è parlato molto della proposta ticinese a portare il numero dei
consiglieri federali da 7 a
9 in modo
da rendere più facile e regolare la rappresentanza italofona nell'esecutivo
federale. Benissimo, ma non si dimentichi che l’attuale consigliera federale Simonetta
Sommaruga, pur non essendo un’emanazione della Svizzera italiana non può
non essere considerata anche un’espressione d’italianità sia per il cognome che
porta e sia per le sue origini ticinesi.
Corina Casanova |
Italianità nelle arti e nelle scienze
L’italianità ha avuto da decenni grandi esponenti in campo sportivo
(un nome per tutti: Fabian Cancellara), artistico (basti pensare
ai fratelli Gianadda, di origine piemontese, che a Martigny hanno creato
la Fondazione Gianadda), cinematografico (Denis Rabaglia, regista
italo-svizzero, noto fra l’altro per il film «Azzurro», 2000) e musicale
(ancora un nome per tutti: Cecilia Bartoli, romana, da poco naturalizzata
svizzera).
In campo letterario e giornalistico sono
numerosi gli scrittori e i giornalisti, di cui non farò nomi per non fare torto
ad alcuno. Non posso tuttavia non segnalare Pietro Supino, italo-svizzero,
giurista, banchiere, editore e presidente
del potente gruppo editoriale Tamedia, di cui
fanno parte una trentina di testate, tra cui il «Tages-Anzeiger», «Der
Bund», «Le Temps», ecc. Nato a Milano, dove ha frequentato l'asilo, è cresciuto a Zurigo, dove da piccolo veniva chiamato
«l’italiano».
Lino Guzzella |
Italianità nella finanza e nell’imprenditoria
L’italianità ha espressioni di vertice anche nel settore
bancario e imprenditoriale. E’ un ticinese, Sergio Ermotti, il presidente
della direzione della maggiore banca svizzera, l’Unione di Banca Svizzera
(UBS). E’ di origine grigionese Daniel Vasella, presidente del consiglio
d’amministrazione della multinazionale del farmaco Novartis, uno dei manager
più pagati al mondo, che in questi anni è riuscito a consolidare le posizioni
di mercato della grande industria farmaceutica; non parla italiano ma lo
capisce.
E’italo-svizzero l’imprenditore (biotecnologie) Ernesto
Bertarelli (assurto a notorietà internazionale soprattutto per le vittorie
dell’imbarcazione «Alinghi», vincitrice
dell’America’s Cup, di cui era il principale finanziatore). E’ italiano, di
Sorrento, l’imprenditore Gianluigi Aponte, presidente della
Mediterranean Shipping Compagny (MSC), con sede a Ginevra; la MSC è la
maggiore compagnia di gestione di linee cargo a livello mondiale, con oltre 450
navi portacontainer. Leonardo De Luca, originario dell'Italia meridionale, è presidente della compagnia aerea Helvetic Airways. Marco Gherzi è presidente e amministratore delegato delle Gherzi AG. Franco Savastano, italo-svizzero, è l'amministratore delegato della Jelmoli, ecc.
Renzo Ambrosetti e Vania Alleva |
I nomi citati a titolo di esempio sono solo segnali
emergenti di una realtà ben più vasta e profonda che meriterebbe di essere attentamente
studiata e maggiormente valorizzata. Ne varrebbe la pena.
Giovanni Longu
Berna 6.2.2013
Berna 6.2.2013
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