16 aprile 2014

Democrazia e istituzioni


In Svizzera si discute ancora della votazione del 9 febbraio scorso, quando la maggioranza del popolo svizzero (ovviamente di quella parte che si è recata a votare), si è pronunciata per una limitazione dell’immigrazione di massa.

Ne discutono non solo gli svizzeri, ma anche gli stranieri. Persino il presidente della Repubblica federale di Germania Joachim Gauck ne ha parlato in un’intervista alla televisione svizzera qualche giorno prima della sua visita ufficiale nella Confederazione (1° aprile 2014). Il suo accenno a quella votazione non è passato inosservato perché, nonostante il tono molto pacato, Gauck non ha nascosto la sua delusione per l’esito di quella votazione. Più in generale, egli ha fatto notare i rischi che la «democrazia diretta» può correre, quando si pretende di far decidere il popolo con un sì o un no su questioni molto complesse e con implicazioni di ampia portata.

Opinioni a confronto
L’intervento del presidente Gauck non voleva essere sicuramente una critica specifica della democrazia svizzera, ma l’espressione di un’opinione (del resto molto diffusa anche in Svizzera), secondo cui la democrazia diretta «comporta dei pericoli, quando si tratta di decidere su temi complessi con implicazioni internazionali». Già i latini ritenevano saggio non disputare sulle opinioni come sui gusti («de gustibus non disputatur»), eppure quell'opinione è apparsa ad alcuni come una vera e propria critica e una scortesia nei confronti di una delle democrazie più vecchie del mondo.
Opportunamente, con lo stesso tono pacato, il ministro degli esteri svizzero Didier Burkhalter ha voluto ricordare, probabilmente non solo all'illustre ospite, che per gli svizzeri la democrazia diretta è come il sangue nel corpo: «Toglierci anche solo un pezzo di democrazia diretta significherebbe togliere il sangue a questo Paese». Non credo, tuttavia, che lo stesso Burkhalter intendesse negare che con la democrazia diretta talvolta si corrono grossi rischi e che può capitare che certe decisioni, come quella sull'immigrazione, possono suscitare perplessità e reazioni anche poco comprensibili (dal punto di vista svizzero) come l’interruzione della collaborazione europea in materia di formazione e di ricerca.
La discussione è evidentemente aperta e la contrapposizione tra democrazia diretta e democrazia rappresentativa non può certo essere decisa con una scelta perentoria e definitiva. Se infatti la democrazia diretta ha i suoi inconvenienti, non ne ha certamente meno quella rappresentativa. Basterebbe riflettere sui modi con cui i partiti scelgono o, più spesso, nominano i candidati eleggibili, sull’influenza dei media e dell’economia per promuovere o scardinare certe candidature, sulla reale possibilità di scelta consapevole degli elettori, sul vincolo di rappresentanza e di mandato che gli eletti ricevono, sul genere di controllo che gli elettori possono o, più spesso, non possono esercitare nei confronti dei propri rappresentanti, ecc. ecc.

Democrazia diretta o rappresentativa?
Non faciliterebbe la scelta giusta tra democrazia diretta e democrazia rappresentativa nemmeno la distinzione tra decisione popolare e decisione impopolare. Non sempre, infatti, una decisione presa a maggioranza dei cittadini, è «giusta», nel senso di utile ed efficace, mentre una decisione presa a maggioranza dei rappresentanti dei cittadini elettori, anche quand’è impopolare è di per sé «ingiusta», nel senso di contraria agli interessi del popolo. Ovunque, si sa, sono impopolari, ma spesso utili e giustificate, le decisioni che impongono il pagamento di nuove tasse o di quelle dovute, ad esempio nel caso di una evasione fiscale generalizzata, pena pesanti sanzioni anche nel caso della piccola evasione.
Essendo estremamente difficile definire a priori (cioè prima di poterne verificare gli effetti) ciò che è giusto e ingiusto nella legislazione, la soluzione sta probabilmente in un sano pragmatismo e nella capacità di ciascun popolo di darsi istituzioni sufficientemente credibili ed efficienti, in grado di soddisfare al meglio la fiducia e le attese dei cittadini.

Funzionamento delle istituzioni e democrazia
La questione se sia preferibile la democrazia diretta o quella rappresentativa è certamente legata anche al giudizio che i cittadini danno sulle proprie istituzioni, ma resta ugualmente aperta con qualunque tipo di giudizio. La democrazia diretta non dipende tanto dal funzionamento (buono, mediocre, scarso) delle istituzioni quanto piuttosto da ragioni storiche, istituzionali, ecc. Anche la democrazia rappresentativa non dipende dal buono o cattivo funzionamento delle istituzioni, ma non c’è dubbio che il cattivo funzionamento delle istituzioni rappresenta sempre un pregiudizio grave della democrazia. Basterebbe pensare alla corruzione, all’evasione, alla malavita organizzata, ecc.

In conclusione, piuttosto che disquisire sulle varie forme di democrazia, tanto varrebbe adoperarsi maggiormente per il buon funzionamento delle istituzioni esistenti, per il loro ammodernamento, per renderle più chiaramente al servizio dei cittadini e non viceversa.
Se poi si volessero mettere a confronto, ad esempio, la democrazia diretta svizzera e quella rappresentativa italiana, ciascuno è in grado di valutare gli aspetti positivi e negativi dell’una e dell’altra, prendendo come termine di riferimento il benessere derivante ai singoli e alla società, ma anche il grado di soddisfazione dei cittadini nelle istituzioni che li rappresentano.
Giovanni Longu
Berna, 16.04.2014


Frontiere semiaperte e contenzioso italo-svizzero


Non c’è dubbio, negli ultimi decenni le maglie delle frontiere della Svizzera si sono allentate per lasciar passare nei due sensi milioni di persone tra turisti, commercianti, migranti e persino delinquenti. Sono divenute masse le persone che quotidianamente vengono in Svizzera dalla Germania, dall’Italia e dalla Francia per motivi di lavoro e magari la sera riprendono la via del ritorno. I frontalieri tedeschi sono ormai 57.000, quelli francesi circa 150.000, quelli italiani oltre 65.000. Questi ultimi costituiscono addirittura circa un terzo della forza lavoro complessiva del Ticino.
Da alcuni anni, tuttavia, una parte considerevole del popolo svizzero sente questo continuo passaggio della frontiera, spesso senza alcun controllo, come un’esagerazione e persino una minaccia alla stabilità economica, sociale e politica della Svizzera. Ritiene che le maglie della frontiera debbano essere più serrate per poter controllare meglio non solo i passaggi di persone indesiderate e trafficanti di ogni specie, ma anche i flussi migratori (di cui per altro la Svizzera non potrà fare a meno).

Frontiera come cerniera
Lcernere, «separare, vagliare»). Anche la libera circolazione della manodopera straniera europea subirà dei limiti in funzione di interessi nazionali e locali.
a reazione si è concretizzata, come si sa, nell'iniziativa popolare dell’Unione democratica di centro (a guida carismatica Blocher) contro l’immigrazione di massa, che è stata accolta dalla maggioranza degli elettori svizzeri il 9 febbraio scorso. Quel che comporterà questa decisione ancora nessuno lo sa con certezza, ma sicuramente la frontiera riacquisterà la sua antica funzione di cerniera (dal latino
E’ la fine di un’epoca? Non credo, ma dovrebbe far riflettere la reazione in molte parti del mondo, Europa compresa, all’utopia dell’abbattimento delle frontiere in nome di una solidarietà umana e sociale proclamata nei trattati ma assai poco praticata. In molti casi la frontiera ridiventa simbolo di sovranità e di autodifesa nei confronti dei vari centralismi tecnocratici e burocratici, spesso insensibili alle esigenze regionali e locali.
Tradizionalmente la frontiera è stata anche un luogo di scambio, nel senso che nelle regioni di confine avveniva la maggior parte degli scambi e sovente anche del contrabbando. Si pensi al confine meridionale della Svizzera con l’Italia. Lungo questa frontiera si sono sviluppati i primi scambi commerciali ed è nata e cresciuta la prima emigrazione transfrontaliera tra i due Paesi. In seguito il mercato degli scambi e la destinazione dei migranti si sono notevolmente estesi, ma attraverso gli stessi valichi continuano a transitare merci, migranti, contrabbandieri, turisti e soprattutto decine di migliaia di frontalieri.

Contenzioso attorno alla frontiera italo-svizzera
Oggi la frontiera italo-svizzera è diventata una zona calda, molto più sorvegliata che in altre epoche. Su questa frontiera si è sviluppato da alcuni anni un contenzioso tra l’Italia e la Svizzera che non accenna a risolversi.
Non si tratta ben’inteso di semplici rettifiche territoriali in seguito al ritiro di qualche ghiacciaio o alla correzione di qualche flusso d’acqua, né dello stato delle strade e delle ferrovie in prossimità del confine e neppure di qualche forma d’inquinamento ambientale. Si tratta dell’annosa questione della tassazione dei frontalieri, del rientro in Italia dei capitali esportati clandestinamente dall’epoca del boom economico ad oggi, delle liste nere e di altro ancora.
Il Ticino, la regione confinante con l’Italia, si sente fortemente penalizzata da questa situazione e non fa che inviare segnali a Berna perché intervenga su Roma, accusata di violare gli accordi sulla doppia imposizione con la Svizzera, minacciando se il caso di disdire tali accordi o almeno quello sui frontalieri del 1974.
Molti politici, giuristi, economisti s’interrogano se non sia da adottare nuovamente la misura per altro controversa presa (inutilmente) nel 2011, ossia il blocco dei ristorni fiscali dei frontalieri all'Italia. Allora il presidente del Consiglio Mario Monti aveva dichiarato di voler riprendere i negoziati con la Svizzera, ma non ne ebbe il tempo per la caduta del suo governo. Anche il suo successore Enrico Letta fece molte promesse, ma non ebbe il tempo di vedere la fine del negoziato ancora in corso. Oggi tocca a Matteo Renzi prendere una decisione, ma in Ticino come a Berna nessuno mi sembra pronto a scommettere che la prenderà, almeno in tempi brevi.
Non resta che attendere, finché la pazienza dei ticinesi non si esaurirà. Possiamo tuttavia stare tutti tranquilli che la frontiera meridionale della Svizzera continuerà a restare (semi)aperta e persino consolarci che dal mese di luglio sarà addirittura possibile portare con sé dall'Italia, legalmente, più carne (1 chilo) e più vino (5 litri) per persona. Ormai, soprattutto sul versante italiano, il controllo si è decisamente spostato sul denaro (franchi o euro) in entrata o in uscita dall'
Italia.
Giovanni Longu
Berna, 16.04.2014