28 agosto 2024

29. L’Europa dei Papi: Paolo VI

Nel 1963, per i cardinali riuniti in conclave non fu semplice trovare il successore di Giovanni XXIII, che aveva impresso una svolta importante al Papato e alla Chiesa con due incisive encicliche sociali e, soprattutto, con l’indizione del Concilio Vaticano II. Non tutti i cardinali condividevano infatti l’apertura voluta dall'anziano papa Roncalli, perché comportava mutamenti profondi nella Chiesa e nei rapporti col mondo. Per l’elezione del nuovo papa ci vollero ben cinque scrutini. Eleggendo il cardinale Giovanni Battista Montini, la maggioranza dei cardinali optò per il cambiamento nella continuità e individuò nel cardinale lombardo la persona giusta nel momento giusto perché la sua preparazione e la sua esperienza davano garanzie sufficienti per la continuità della Chiesa, ma anche per il suo rinnovamento.

Continuità e rinnovamento della Chiesa

Il neoeletto papa, che prese il nome di Paolo VI, non solo conosceva bene la Chiesa per averla rappresentata come vescovo della grande diocesi di Milano e come fine diplomatico alle dipendenze di Pio XI e Pio XII, ma l’amava intensamente: ne amava le origini, la tradizione, ma anche il presente (per la sua capacità di rinnovarsi, di aprirsi al mondo, di dialogare con tutti, come voleva il Concilio) e il futuro (in cui vedeva anche un’Europa più unita e più attiva nella salvaguardia della pace nel mondo e dei grandi valori della civiltà).

In questa sua visione riformista e ottimistica, Paolo VI decise non solo di proseguire e portare a termine il Concilio Vaticano II che il suo predecessore aveva lasciato aperto, ma anche di applicarne gli insegnamenti. Anch'egli, infatti, considerava il Concilio una benedizione divina perché dava alla Chiesa l’opportunità di rinnovarsi internamente, ma anche una responsabilità.

Paolo VI ne diede un grande esempio, con tre splendide encicliche (Ecclesiam suam, Populorum progressio ed Evangelii nuntiandi), numerosi discorsi e incontri a tutti i livelli, per favorire il rinnovamento della Chiesa, la pace nel mondo, il dialogo con tutti e soprattutto con i fratelli orientali. Per essere efficace, però, la Chiesa doveva presentarsi unita, rispettando «quella mistica unità, che Cristo lasciò ai suoi Apostoli […] come suprema esortazione!».

Apertura al mondo

Paolo VI e Atenagora nel 1964
Paolo VI s’impegnò moltissimo per la pace e la concordia tra i popoli, esortando i grandi della terra rappresentati alle Nazioni Unite (4 ottobre 1965) a bandire dalle relazioni internazionali la guerra: «Mai più la guerra, mai più la guerra!». Non si accontentò tuttavia delle esortazioni, ma propose anche soluzioni, specialmente nell'enciclica Populorum progressio, dove affermò che «lo sviluppo è il nuovo nome della pace», da intendersi come «lo sviluppo integrale dell’uomo e lo sviluppo solidale dell’umanità».

La volontà di apertura al mondo non poteva escludere quella parte che non condivideva i valori e gli sviluppi dell’Occidente e la Chiesa doveva prestare ascolto e dialogare anche con i popoli dell’Est, provvisoriamente lontani. In molti modi Paolo VI favorì il disgelo e la distensione nelle relazioni tra URSS e Occidente, come richiedeva anche il Concilio. Non si trattava di venire a compromessi sulla dottrina, ma di essere pronti all'ascolto e aperti al dialogo.

Una grande dimostrazione delle reali possibilità di dialogo fu l’incontro a Gerusalemme nel 1964 tra il papa Paolo VI e il patriarca ecumenico di Costantinopoli Atenagora. Il loro «abbraccio di pace» fu il primo passo verso la riconciliazione ancora incompiuta tra la Chiesa cattolica e la Chiesa ortodossa d’Oriente dopo lo scisma del 1054.

Richiami all'unità europea

In questo processo d’integrazione europea dall'Atlantico agli Urali, Paolo VI riteneva che l’Europa dovesse assumere responsabilmente un ruolo da protagonista, perché «l’Europa fonda nel patrimonio tradizionale della religione di Cristo la superiorità del suo sistema giuridico, la nobiltà delle grandi idee del suo umanesimo, così come la ricchezza e i principi che distinguono e vivificano la sua civiltà», i cui valori essenziali sono «la libertà; la giustizia, la dignità personale, la solidarietà, l’amore universale».

Inoltre, secondo Paolo VI, per essere efficace l’Europa occidentale doveva presentarsi unita anche perché, quando nel 1963 Montini divenne papa, i padri fondatori della Nuova Europa erano usciti di scena: De Gasperi e Robert Schuman erano morti (risp. nel 1954 e nel 1963) e Adenauer nel 1963 si era ritirato dalla vita politica. L’ideale dell’Europa unita non era stato abbandonato, ma allo slancio profetico degli iniziatori era subentrata la burocrazia di complessi accordi commerciali e una minore disponibilità degli Stati membri a sacrificare in nome dell’unità una parte dei rispettivi particolarismi.

Giovanni Longu
Berna, 04.09.2024

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