04 gennaio 2023

Immigrazione italiana 1946-2000: 27. Considerazioni finali: 5. anche gli immigrati grandi beneficiari (2)

Come accennato nell'articolo precedente, vanno considerati beneficiari dell’immigrazione italiana del secondo dopoguerra non solo i discendenti degli immigrati, ma anche loro stessi, perché hanno acquisito un’esperienza straordinaria e molti hanno beneficiato delle numerose aperture agli immigrati iniziate negli anni Settanta. Se oggi è facile incontrare italiani in tutti gli ambiti e a tutti i livelli dell’economia, della finanza, della politica, della cultura, della ricerca, dell’insegnamento (anche universitario), della pubblica amministrazione… non va dimenticato che queste possibilità hanno cominciato a realizzarsi in quegli anni.

Difficile avvio, ma su solide basi

Soddisfazione di neodiplomati elettronici dopo un corso triennale al Cisap di Berna. 
Gli immigrati italiani residenti in Svizzera negli anni Settanta e Ottanta ricorderanno forse più facilmente i disagi, le restrizioni, le differenze tra svizzeri e stranieri sul lavoro, nei salari e nelle abitazioni, le difficoltà familiari alle prese col dilemma se restare o tornare in Italia, se per i figli era preferibile la scuola svizzera o quella italiana, le difficoltà di comunicazione tra genitori e insegnanti, ecc. (cfr. articolo precedente).

Eppure i cambiamenti benefici erano in atto anche per loro: l’economia cominciava a preferire la manodopera stabile invece di quella a rotazione, le autorità svizzere erano convinte che la popolazione straniera andasse trattata e integrata meglio, ovunque sorgevano associazioni e gruppi misti per favorire il dialogo tra svizzeri e stranieri, alcune associazioni italiane con difficoltà di sopravvivenza perché i giovani le disertavano, cominciavano a prendere coscienza dei nuovi problemi e della necessità di una loro radicale trasformazione, in vista soprattutto del futuro della seconda generazione, investendo in particolare nella scuola, nella cultura, nella formazione professionale.

Per esempio, dagli anni Settanta si sono moltiplicate, soprattutto nei Cantoni industrializzati, le iniziative italo-svizzere per la formazione professionale di base e l’acquisizione di nuove professionalità, destinate dapprima agli immigrati senza una qualifica professionale specifica e successivamente anche ai giovani della seconda generazione con difficoltà a seguire gli apprendistati normali. L’Italia, ma anche la Svizzera mettevano allora a disposizione ingenti risorse finanziarie per la formazione e il perfezionamento professionali degli italiani.

Soddisfazione finale meritata

Ne approfittarono in molti e solo chi ha vissuto o seguito da vicino esperienze formative del genere può comprendere la soddisfazione di coloro che alla fine dei corsi potevano esibire un diploma di automeccanico, tornitore, fresatore, disegnatore elettrico, installatore di impianti sanitari, elettronico, ecc. La meritavano perché per tre o quattro anni avevano sacrificato con grande abnegazione tempo libero, denaro, talvolta amicizie e familiari, per apprendere nuove conoscenze professionali, nuove tecniche di lavoro, metodi di formazione continua.

Era anche meritato il successivo riconoscimento dei datori di lavoro che premiavano con maggiorazioni salariali non solo gli sforzi praticati dai dipendenti nella studio, ma anche il titolo professionale conseguito. In alcune aziende molti ex-allievi furono anche promossi di funzione come capisquadra, capigruppo, addetti al controllo di qualità, ecc.

Ma la soddisfazione più grande e ben meritata dev'essere stata quella personale per aver vinto una sfida il cui esito non era per nulla scontato. Da quel momento la vita sarebbe stata più serena (con maggiori disponibilità finanziarie) e meglio garantita sia nell'ambito del lavoro (meno rischi di disoccupazione) che in quello familiare (l’esempio poteva indurre i figli a fare meglio e di più).

Non è pertanto esagerato affermare che pure gli immigrati della prima generazione, o almeno molti di essi, sono stati grandi beneficiari dei cambiamenti sociali e politici riguardanti l’immigrazione italiana in Svizzera negli ultimi decenni del secolo scorso. Contestualmente va ricordato però che le opportunità di cui seppero approfittare sono state il frutto di lotte politiche, lunghe trattative diplomatiche, decisioni delle commissioni miste previste dagli accordi bilaterali tra l’Italia e la Svizzera, interventi sindacali, ma anche dell’impegno di alcune associazioni italiane e italo-svizzere.

Guardando retrospettivamente le carriere «migratorie» dei pensionati e seniores italiani ancora residenti in questo Paese, almeno stando alle numerose memorie pubblicate o raccontate, è facile concludere che in tutti (o quasi) il bilancio tra benefici e svantaggi è senz'altro positivo, tant'è che sono rimasti. I maggiori beneficiari, tuttavia, sono, come si vedrà meglio prossimamente, i loro discendi di seconda e di terza generazione. (Segue)

Giovanni Longu
Berna 4.1.2023

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