Come accennato nell'articolo precedente, vanno considerati beneficiari dell’immigrazione italiana del secondo dopoguerra non solo i discendenti degli immigrati, ma anche loro stessi, perché hanno acquisito un’esperienza straordinaria e molti hanno beneficiato delle numerose aperture agli immigrati iniziate negli anni Settanta. Se oggi è facile incontrare italiani in tutti gli ambiti e a tutti i livelli dell’economia, della finanza, della politica, della cultura, della ricerca, dell’insegnamento (anche universitario), della pubblica amministrazione… non va dimenticato che queste possibilità hanno cominciato a realizzarsi in quegli anni.
Difficile avvio, ma su solide basi
![]() |
Soddisfazione di neodiplomati elettronici dopo un corso triennale al Cisap di Berna. |
Eppure i cambiamenti benefici erano in atto anche per loro: l’economia
cominciava a preferire la manodopera stabile invece di quella a rotazione, le
autorità svizzere erano convinte che la popolazione straniera andasse trattata
e integrata meglio, ovunque sorgevano associazioni e gruppi misti per favorire
il dialogo tra svizzeri e stranieri, alcune associazioni italiane con difficoltà
di sopravvivenza perché i giovani le disertavano, cominciavano a prendere
coscienza dei nuovi problemi e della necessità di una loro radicale
trasformazione, in vista soprattutto del futuro della seconda generazione,
investendo in particolare nella scuola, nella cultura, nella formazione
professionale.
Per esempio, dagli anni Settanta si sono moltiplicate,
soprattutto nei Cantoni industrializzati, le iniziative italo-svizzere per la
formazione professionale di base e l’acquisizione di nuove professionalità,
destinate dapprima agli immigrati senza una qualifica professionale specifica e
successivamente anche ai giovani della seconda generazione con difficoltà a
seguire gli apprendistati normali. L’Italia, ma anche la Svizzera mettevano
allora a disposizione ingenti risorse finanziarie per la formazione e il
perfezionamento professionali degli italiani.
Soddisfazione finale meritata
Ne approfittarono in molti e solo chi ha vissuto o seguito
da vicino esperienze formative del genere può comprendere la soddisfazione di
coloro che alla fine dei corsi potevano esibire un diploma di automeccanico,
tornitore, fresatore, disegnatore elettrico, installatore di impianti sanitari,
elettronico, ecc. La meritavano perché per tre o quattro anni avevano
sacrificato con grande abnegazione tempo libero, denaro, talvolta amicizie e
familiari, per apprendere nuove conoscenze professionali, nuove tecniche di
lavoro, metodi di formazione continua.
Era anche meritato il successivo riconoscimento dei datori
di lavoro che premiavano con maggiorazioni salariali non solo gli sforzi praticati
dai dipendenti nella studio, ma anche il titolo professionale conseguito. In alcune
aziende molti ex-allievi furono anche promossi di funzione come capisquadra,
capigruppo, addetti al controllo di qualità, ecc.
Ma la soddisfazione più grande e ben meritata dev'essere
stata quella personale per aver vinto una sfida il cui esito non era per nulla
scontato. Da quel momento la vita sarebbe stata più serena (con maggiori
disponibilità finanziarie) e meglio garantita sia nell'ambito del lavoro (meno
rischi di disoccupazione) che in quello familiare (l’esempio poteva indurre i
figli a fare meglio e di più).
Non è pertanto esagerato affermare che pure gli immigrati
della prima generazione, o almeno molti di essi, sono stati grandi beneficiari
dei cambiamenti sociali e politici riguardanti l’immigrazione italiana in
Svizzera negli ultimi decenni del secolo scorso. Contestualmente va ricordato però
che le opportunità di cui seppero approfittare sono state il frutto di lotte
politiche, lunghe trattative diplomatiche, decisioni delle commissioni miste
previste dagli accordi bilaterali tra l’Italia e la Svizzera, interventi
sindacali, ma anche dell’impegno di alcune associazioni italiane e
italo-svizzere.
Guardando retrospettivamente le carriere «migratorie» dei
pensionati e seniores italiani ancora residenti in questo Paese, almeno
stando alle numerose memorie pubblicate o raccontate, è facile concludere che
in tutti (o quasi) il bilancio tra benefici e svantaggi è senz'altro positivo,
tant'è che sono rimasti. I maggiori beneficiari, tuttavia, sono, come si vedrà meglio
prossimamente, i loro discendi di seconda e di terza generazione. (Segue)
Giovanni Longu
Berna 4.1.2023
Nessun commento:
Posta un commento