11 gennaio 2021

Il CISAP negli anni 1970-1990: 3. Centro d’italianità

Quando il 18 febbraio 1966 i promotori del CISAP vollero identificare con l’acronimo C.I.S.A.P. il «Centro Italiano in Svizzera per l’Addestramento Professionale» che stavano per fondare, fu come se volessero incidere in ogni lettera una sua caratteristica fondamentale a cominciare dalla C di «Centro» e a seguire con la I di «Italiano», la S «in Svizzera», la A di «Addestramento» e infine la P di «Professionale». Il nome CISAP doveva richiamare immediatamente la realtà nuova, innovativa, solida, moderna e orientata al futuro che avrebbe potuto condurre i futuri frequentatori a una svolta decisiva nel lavoro, nella vita e nella società.
Ognuna di quelle lettere era una specie di contenitore di idee, di speranze, di propositi che meriterebbero un’analisi approfondita. Ma forse basta qualche accenno per rendersi conto che quei promotori non erano dei visionari sprovveduti ma pionieri coraggiosi e lungimiranti. Non si nascondevano i rischi, ma li si volevano affrontare tutti.

«Centro» operativo e di coordinamento

Prospetto dei primi corsi previsti dal Cisap (1966)
«Sotto il Patronato del Consolato d’Italia a Berna»,
su uno sfondo tricolore della bandiera italiana.
Poteva rappresentare un rischio già la prima lettera di C.I.S.A.P. corrispondente a «Centro», perché allora, a livello svizzero, le strutture fisiche che facevano capo ad associazioni o gruppi di immigrati erano pochissime (Case d’Italia, Missioni cattoliche italiane e qualche associazione). Non esistevano strutture destinate appositamente alla formazione professionale degli immigrati, tanto è vero che tutte le esperienze in questo campo avvenivano nelle sale delle organizzazioni menzionate o in locali messi a disposizione da ristoranti, quando si riusciva a riservarli. Nel mondo dell’immigrazione, un «Centro» dedicato esclusivamente alla formazione professionale non era mai stato pensato. Realizzarlo divenne una sfida, ma non fu un azzardo.

Il Centro poté sorgere perché i promotori, anche grazie alla Colonia libera italiana di Berna e al Consolato d’Italia a Berna, riuscirono a vincolare il loro ambizioso progetto formativo alla disponibilità di una sede propria (dapprima allo Jägerweg 7, a cui si aggiunsero quasi subito altri locali alla Wylerstrasse 40, e dal 1969 alla Freiburgstrasse 139c di Berna).

Questo atto di coraggio, si sa, fu ampiamente ripagato dai numerosi partecipanti ai corsi che trovarono sempre nei locali del CISAP non solo le aule e le officine dove si formavano, ma anche un personale attento alle loro problematiche, competente nell’insegnamento e costantemente alla ricerca di metodologie e tecnologie moderne e idonee.

Grande interesse per il CISAP

Per la sua attività e il suo dinamismo il Centro s’impose subito all’attenzione non solo delle autorità italiane, ma anche delle parti sociali, specialmente del sindacato di categoria FLMO (Federazione lavoratori metallurgici e orologiai) e delle industrie bernesi, e soprattutto delle autorità cantonali e federali preposte alla formazione professionale, avviando con loro una feconda collaborazione. (Su di essa seguirà più avanti un ampio approfondimento).

Intanto il Centro di Berna era divenuto in pochi anni non solo la sede operativa per l’organizzazione di numerosi corsi e il coordinamento dei vari centri che si venivano creando nel Cantone di Berna e in altri Cantoni, ma anche un punto di riferimento importante per la metodologia della formazione professionale degli immigrati adulti soprattutto italiani.

Centro d’italianità

Il CISAP è stato anche, specialmente agli inizi della sua attività, un grande centro d’italianità, sia pure tenendo sempre conto della realtà svizzera in cui operava. Il carattere «italiano» del Centro era nettamente dominante già nel nome «Centro Italiano in Svizzera per l’Addestramento Professionale» non solo per l’aggettivo «Italiano» (anche se nella prima targa con la scritta «Centro Addestramento Professionale Italiano in Svizzera» sembra più in relazione con «in Svizzera» che con «Centro»), ma anche per l’espressione «Addestramento Professionale», allora molto diffusa in Italia, quando ancora non si parlava di «formazione».

Il console A. Mancini, al centro tra il sen. Giorgio Oliva (a sin.)
e il direttore del Cisap Giorgio Cenni (Berna 20.11.1967)
Per quanto riguarda l’«addestramento professionale» va anche ricordato che, come risulta fin dalla prima bozza di statuto (febbraio 1966), l’associazione CISAP non si sarebbe limitata ad organizzare corsi di mestiere per «addestrare» allievi desiderosi di svolgere lavori qualificati, ma aveva lo scopo, in primo luogo, «di consentire ai lavoratori italiani di formarsi culturalmente». Questo avverbio, apparentemente indefinito, lascia facilmente intravedere una grande sensibilità culturale dei promotori del Centro, preoccupati del livello scolastico, linguistico e culturale della recente ondata di immigrati, ma allo stesso tempo convinti della possibilità di potersi anch’essi formare ed elevare non solo professionalmente, ma anche socialmente e culturalmente. Il riferimento alla cultura «italiana» (allora in grande fermento in Italia), integrata da una buona dose di cultura svizzera, era evidente anche se non esplicito.

Per diversi anni l’italianità ha sopravanzato tutte le altre caratteristiche del CISAP e non poteva essere altrimenti. Erano italiani quasi tutti i promotori del Centro, i rapporti del CISAP con le autorità diplomatiche e consolari italiane a Berna erano costanti, gran parte dei primi macchinari e delle attrezzature necessari alla scuola erano stati forniti da industrie italiane ed essenzialmente «italiani» erano i programmi dei corsi, gli allievi come pure il personale insegnante e istruttore erano (inizialmente) quasi solo italiani, la lingua usuale al CISAP era l’italiano e persino il presidente del CISAP, lo svizzero professore di liceo Joseph Allenspach, parlava correttamente l’italiano.

Garanzie del Consolato d’Italia a Berna

I sottosegretari A. Bemporad (a sin.) e M. Toros
all'inaugurazione del centro Cisap di Langenthal
(16.12.1970)
L’Italia era il principale finanziatore del CISAP e fin dall’inizio ne aveva garantito il sostegno. Il primo garante era stato il console Mancini, che il 28 gennaio 1966 aveva organizzato un incontro importante all'Hotel Bellevue di Berna per una presa di contatto dei soci promotori con le autorità, col sindacato FLMO (allora FOMO) e con rappresentanti dei datori di lavoro, in vista della creazione del "Centro Addestramento Professionale Italiano in Svizzera». Ma anche dopo la sua partenza, il CISAP considerò per diversi anni il Console d’Italia a Berna garante dell’istituzione.

Egli era, per statuto (1966), il Presidente dei soci onorari del CISAP, anzi, secondo lo statuto del 1971, membro «di diritto» del Consiglio (l’organo supremo dell’associazione) e la nomina dei nuovi soci decisa dal Comitato Direttivo per diventare effettiva doveva essere «approvata dal Console d’Italia a Berna». Lo stesso Statuto prevedeva anche che in caso di scioglimento, l’eventuale patrimonio attivo del CISAP sarebbe stato devoluto al Consolato d’Italia a Berna «per fini di formazione».

Per diversi anni il Console d’Italia a Berna fu considerato anche il garante della qualità dei corsi
organizzati dal CISAP «sotto il patronato del Consolato d’Italia a Berna», fin quando questo ruolo fu svolto direttamente da un alto funzionario del Ministero del Lavoro italiano distaccato all’Ambasciata d’Italia in Svizzera. 

Del resto, anche l’impostazione dei corsi era, inizialmente, tipicamente italiana perché ispirata ai programmi e al materiale didattico dell’ANAP (Associazione Nazionale Addestramento Professionale) di Milano, con cui il CISAP aveva stretti rapporti.

Che il riferimento all’italianità fosse dominante agli inizi del CISAP lo dimostrano anche i primi cinque diplomi d’onore dell’istituzione attribuiti ad altrettante personalità italiane che avevano contribuito a vario titolo all’avvio dei corsi: Dore Leto di Priolo (imprenditore), Cesare Uboldi (imprenditore), Giovanni Bellocchi (direttore ANAP), Antonio Mancini (console), Giovanni Jannuzzi (console).

Giovanni Longu
Berna, 6.1.2021

 

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