«Pandemia» è diventata in pochi mesi una delle parole più diffuse
nell’opinione pubblica. All’inizio l’epidemia da Coronavirus aveva un
significato piuttosto vago e anche qualche specialista la considerava poco più
di una influenza stagionale. Col diffondersi nel mondo e l’incremento continuo
del numero dei contagiati, delle cure intensive e, purtroppo, dei morti, ci si
è resi conto della gravità della
malattia. Sono scattate le prime misure di contenimento della diffusione del
virus, seguite più o meno a malincuore: divieto di assembramento, chiusura di
bar, ristoranti, scuole, attività produttive e servizi pubblici (compresi i
culti religiosi) e privati non indispensabili, limitazioni alla libertà di
circolazione, invito rivolto soprattutto alle persone più anziane e più fragili
di non uscire di casa, ecc.
Domande
Quando l’11 marzo l’Organizzazione mondiale della sanità (OMS) ha
dichiarato l’epidemia da Coronavirus una vera e propria «pandemia», l’opinione
pubblica mondiale ha cominciato a prendere sul serio le varie misure e
raccomandazioni adottate dalle autorità politiche e sanitarie. Nella
consapevolezza dell’eccezionalità del momento è anche scattata una
straordinaria riflessione generale sulla vita e sulla morte al tempo del
coronavirus, che ha coinvolto scienziati, filosofi, sociologi, letterati,
religiosi, il Papa stesso.
Del resto, le pesti, le epidemie che decimavano intere popolazioni hanno
sempre suscitato nell’uomo pensieri riguardanti il presente e il futuro di sé e
dell’intera umanità. L’attuale pandemia non è da meno e può essere
un’opportunità per una riflessione ad ampio raggio sull’uomo, sulla scienza, sulla
fede, sulla religione. La situazione
della malattia grave e soprattutto della morte pone anche all’uomo d’oggi
interrogativi fondamentali sul senso dell’esistenza terrena.
Evidenze
La pandemia Covid-19 ci mostra anzitutto alcune evidenze, prima fra tutte
la fragilità umana. Soprattutto i cristiani non dovrebbero meravigliarsi
perché, come diceva l’autore del salmo biblico 144: «l’uomo è come un soffio, / i suoi giorni come
ombra che passa». Il profeta Isaia usava un’altra immagine, ma il concetto era
identico: «Ogni uomo è come l'erba / e tutta la sua gloria è come un fiore del
campo. / Secca l'erba, il fiore appassisce».
Anche la scienza ha
mostrato i suoi limiti: non è perfetta, descrive l’accaduto ma non lo prevede,
cura ma non previene. La Covid-19 dimostra che la scienza, specialmente la
medicina, l’organizzazione sociale, la politica, l’economia aiutano a vivere
bene, ma non possono risolvere tutti i problemi, perché l’uomo è un organismo
complesso, fragile, deteriorabile nel tempo e nello spazio entro cui è come imprigionato. Per
questo quasi tutti i filosofi antichi e moderni ipotizzano aldilà di questa
«situazione-limite» (Jaspers) una Trascendenza, un Dio garante della vita e
dell’esistente, per non scomparire definitivamente come l’erba secca e il fiore
del campo «quando il soffio del Signore spira su di essi».
Risposte
Solo il Cristianesimo dà la risposta che la filosofia non può dare alla
domanda riguardante Dio e l’Uomo: «Che
cosa è mai l’uomo perché di lui ti ricordi, / il figlio dell’uomo, perché te ne
curi?». Ed ecco la risposta: «Davvero l’hai fatto poco meno di un dio, / di
gloria e di onore lo hai coronato» (Sal 8, 5-6). Ma la risposta più
evidente e più consolante, per i cristiani, è quella data da Cristo il giorno
di Pasqua in cui ha vinto definitivamente la morte. Anche tutti i credenti
saranno associati alla Resurrezione di Cristo.
Certo, per credere ci
vuole la fede, che è un dono, e ci vuole un ambiente in cui possa germogliare e
crescere: la comunità, la Chiesa. Per questo bisogna essere accoglienti,
generosi, aperti. Anche questo insegna ai cristiani la Covid-19.
* Articolo pubblicato anche su Insieme (Mensile delle MCLI di Berna...) di giugno 2020, p. 23.
* Articolo pubblicato anche su Insieme (Mensile delle MCLI di Berna...) di giugno 2020, p. 23.
Giovanni Longu
Berna 2.5.2020
Berna 2.5.2020
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