«Pandemia» è diventata in pochi mesi una delle parole più diffuse
nell’opinione pubblica. All’inizio l’epidemia da Coronavirus aveva un
significato piuttosto vago e anche qualche specialista la considerava poco più
di una influenza stagionale. Col diffondersi nel mondo e l’incremento continuo
del numero dei contagiati, delle cure intensive e, purtroppo, dei morti, ci si
è resi conto della gravità della
malattia. Sono scattate le prime misure di contenimento della diffusione del
virus, seguite più o meno a malincuore: divieto di assembramento, chiusura di
bar, ristoranti, scuole, attività produttive e servizi pubblici (compresi i
culti religiosi) e privati non indispensabili, limitazioni alla libertà di
circolazione, invito rivolto soprattutto alle persone più anziane e più fragili
di non uscire di casa, ecc.
Domande

Del resto, le pesti, le epidemie che decimavano intere popolazioni hanno
sempre suscitato nell’uomo pensieri riguardanti il presente e il futuro di sé e
dell’intera umanità. L’attuale pandemia non è da meno e può essere
un’opportunità per una riflessione ad ampio raggio sull’uomo, sulla scienza, sulla
fede, sulla religione. La situazione
della malattia grave e soprattutto della morte pone anche all’uomo d’oggi
interrogativi fondamentali sul senso dell’esistenza terrena.
Evidenze
La pandemia Covid-19 ci mostra anzitutto alcune evidenze, prima fra tutte
la fragilità umana. Soprattutto i cristiani non dovrebbero meravigliarsi
perché, come diceva l’autore del salmo biblico 144: «l’uomo è come un soffio, / i suoi giorni come
ombra che passa». Il profeta Isaia usava un’altra immagine, ma il concetto era
identico: «Ogni uomo è come l'erba / e tutta la sua gloria è come un fiore del
campo. / Secca l'erba, il fiore appassisce».
Anche la scienza ha
mostrato i suoi limiti: non è perfetta, descrive l’accaduto ma non lo prevede,
cura ma non previene. La Covid-19 dimostra che la scienza, specialmente la
medicina, l’organizzazione sociale, la politica, l’economia aiutano a vivere
bene, ma non possono risolvere tutti i problemi, perché l’uomo è un organismo
complesso, fragile, deteriorabile nel tempo e nello spazio entro cui è come imprigionato. Per
questo quasi tutti i filosofi antichi e moderni ipotizzano aldilà di questa
«situazione-limite» (Jaspers) una Trascendenza, un Dio garante della vita e
dell’esistente, per non scomparire definitivamente come l’erba secca e il fiore
del campo «quando il soffio del Signore spira su di essi».
Risposte
Solo il Cristianesimo dà la risposta che la filosofia non può dare alla
domanda riguardante Dio e l’Uomo: «Che
cosa è mai l’uomo perché di lui ti ricordi, / il figlio dell’uomo, perché te ne
curi?». Ed ecco la risposta: «Davvero l’hai fatto poco meno di un dio, / di
gloria e di onore lo hai coronato» (Sal 8, 5-6). Ma la risposta più
evidente e più consolante, per i cristiani, è quella data da Cristo il giorno
di Pasqua in cui ha vinto definitivamente la morte. Anche tutti i credenti
saranno associati alla Resurrezione di Cristo.
Certo, per credere ci
vuole la fede, che è un dono, e ci vuole un ambiente in cui possa germogliare e
crescere: la comunità, la Chiesa. Per questo bisogna essere accoglienti,
generosi, aperti. Anche questo insegna ai cristiani la Covid-19.
* Articolo pubblicato anche su Insieme (Mensile delle MCLI di Berna...) di giugno 2020, p. 23.
* Articolo pubblicato anche su Insieme (Mensile delle MCLI di Berna...) di giugno 2020, p. 23.
Giovanni Longu
Berna 2.5.2020
Berna 2.5.2020
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