Oggi, 27 settembre, si manifesta in tutto il mondo per la
salvaguardia del clima e dell’ambiente. Sono soprattutto le organizzazioni
giovanile che le promuovono in molte parti del mondo. A loro bisogna dare atto
di grande maturità e coraggio per essersi spinti fino all’Assemblea delle
nazioni Unite per sensibilizzare maggiormente i potenti della terra sui rischi
dei mutamenti climatici se non si prendono in tempo contromisure appropriate.
Manifestazioni …

Certamente anche i
politici (o almeno una parte) si rendono conto da tempo dei rischi che l’intera
umanità corre se non si interviene con misure adeguate (contro l’effetto serra,
l’uso eccessivo della platica, ecc.), ma i governi sono talmente concentrati
sulle politiche a corto e a medio termine, che sono restii a intraprendere
politiche di ampio respiro e a lungo termine. E’ auspicabile che la scossa dei
giovani ecologisti che manifestano oggi in tutto il mondo faccia cambiare idea
e prospettiva politica a molti Stati.
Da alcuni decenni anche
i comuni cittadini avvertono che gli equilibri naturali conosciuti finora si
stanno alterando ed è per questo che le richieste ai governi si fanno ovunque
più pressanti. Al riguardo, tuttavia, mi sorge un dubbio: è possibile
che la situazione a livello mondiale migliori soltanto con un saggio mutamento
delle politiche nazionali e internazionali sul clima?
… e responsabilità
Ho paura di no e mi
spiego. Si parla molto dei mutamenti climatici (pur sapendo che non
dipendono unicamente dai comportamenti umani), del riscaldamento della terra, della fusione dei ghiacciai, dei pericoli
della deforestazione, ecc., ma si parla troppo poco di sviluppo sostenibile,
che è quello che potrebbe e dovrebbe responsabilizzare maggiormente non solo
gli Stati ma anche gli individui.

Il tema mi sembra
talmente importante che mi propongo di approfondirlo in altra occasione, ma sin
d’ora merita almeno un primo richiamo al concetto fondamentale, che risponde ad
un autentico e profondo senso di giustizia umana e generazionale: lo
sviluppo sostenibile è quello che riesce a soddisfare le esigenze attuali,
senza pregiudicare alle generazioni future la possibilità di soddisfare le
proprie.
Aggiungo solo che lo
sviluppo sostenibile presuppone fra l’altro la consapevolezza che il mondo in
cui viviamo non ci appartiene, ma lo abitiamo soltanto, che possiamo
utilizzarlo ma non distruggerlo, che i diritti che abbiamo noi sulle risorse
della terra sono gli stessi che hanno anche tutti gli altri esseri umani
(compresi quelli che cercano asilo nei nostri Paesi), quelli che convivono oggi
con noi e quelli che verranno dopo di noi. Per tutti, presenti e futuri, la
Terra è la nostra unica «casa comune», non c’è una seconda terra e una seconda
casa. Dobbiamo cercare di convivere tutti pacificamente.
Il mondo sarebbe più bello, più pacifico (meno guerre), più
stabile (meno migrazioni), più giusto (meno corruzione) se i Paesi più ricchi
versassero parte della loro ricchezza ai Paesi più poveri affinché anch’essi
potessero svilupparsi in maniera sostenibile.
Giovanni Longu
Berna, 27.09.2019
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