Il governo italiano è visibilmente in difficoltà per l’incapacità dei
due partiti che lo compongono di affrontare con la dovuta serietà i gravi
problemi del Paese. Buon senso e senso dello Stato vorrebbero che, data la
limitatezza delle risorse disponibili, esse venissero impiegate con oculatezza,
equità ed efficacia. Invece si ha l’impressione che la priorità sia la soddisfazione
delle promesse elettorali dei 5Stelle e della Lega per non perdere consensi
alle prossime elezioni europee (maggio 2019). Il rischio è che i mali
dell’Italia si aggravino e che il «cambiamento» sbandierato durante la campagna
elettorale delle riforme, della crescita, della lotta alla povertà, alla
corruzione e all’evasione fiscale, della formazione dei giovani per prepararli
meglio alla vita e al lavoro, del rilancio dell’economia… si trasformi in una
brutta manovra elettorale dei due principali partiti in lotta (ancora non dichiarata)
per la supremazia e il prossimo governo monocolore.
Rischio d’isolamento in Europa
Purtroppo nessun membro del governo vuol sentire critiche, benché queste
siano legittime trattandosi di soldi pubblici che si vorrebbero ben spesi,
ossia tenendo conto non solo dei bisogni, ma anche, come dice la Costituzione,
del necessario «equilibrio tra le
entrate e le spese» (art. 81), dell’«equilibrio dei bilanci», della «sostenibilità del debito pubblico» (art. 97), della «tutela del
risparmio» (art. 117), dell’«osservanza dei vincoli economici e finanziari
derivanti dall’ordinamento dell’Unione europea» (art. 119), ecc.
Il fatto che la «Nota di aggiornamento
al Documento economia e finanza DEF»,
essendo stata approvata dal Presidente Sergio Mattarella, non presenti
difetti d’incostituzionalità, non basta a ritenerla adeguata alle esigenze del
Paese in tutte le sue parti. Pertanto, le critiche delle opposizioni e di
osservatori neutrali andrebbero tenute in considerazione ai fini di introdurre
miglioramenti in fase di dibattito parlamentare, invece di respingerle sdegnosamente
al mittente.
Trovo questo atteggiamento del Governo
doppiamente dannoso per l’Italia: presta il fianco a critiche durissime da
parte non solo di membri del Parlamento ma anche di alcuni membri della
Commissione europea e rischia di peggiorare lo stato dei conti pubblici, perché
potrebbe scoraggiare investimenti stranieri in Italia con le conseguenze che è
facile immaginare. Il rischio d’isolamento e d’impoverimento dell’Italia mi
pare reale, anche perché certe simpatie verso movimenti xenofobi e antieuropei,
non aiutano certo ad attirare le simpatie dei cosiddetti «poteri forti» e
soprattutto dei mercati.
Linguaggio politicamente scorretto
Particolarmente pericolosa per l’Italia è
l’arroganza con cui i due vicepremier Matteo Salvini e Luigi Di Maio
sembrano sfidare l’Unione europea (Ue), nonostante le assicurazioni del capo
del Governo Giuseppe Conte di volere con l’Ue un «dialogo serio e
costruttivo». Quando il commissario Pierre
Moscovici ha maldestramente detto che gli
italiani: «Hanno fatto la scelta di un governo
risolutamente euroscettico e xenofobo», le reazioni dei due ministri e di gran
parte dei media italiani non hanno incontrare ostacoli al politicamente
«scorretto», ricorrendo persino a insinuazioni di natura privata.
Anche di fronte alle «serie preoccupazioni sul
deficit dell’Italia», manifestate dal presidente della Commissione europea Jean Claude Juncker e da alcuni
commissari europei, mentre il ministro del Tesoro Giovanni Tria ha
risposto pacatamente che «le preoccupazioni della Commissione europea sono
infondate», i due vicepremier hanno reagito con stizza e con tono di sfida: «Se
Bruxelles dice no io me ne frego», «Juncker e Moscovici hanno
rovinato l’Europa e il nostro paese» (Salvini); «ci
aspettavamo che questa manovra non piacesse a Bruxelles … ma deve essere chiaro
che indietro non si torna», oltretutto «Juncker è inadatto
come presidente della Commissione Ue» e «dello spread ce ne infischiamo» (Di Maio).
Eppure un certo rispetto delle istituzioni
dell’Ue, compresa la Banca centrale europea (BCE), e soprattutto un dialogo
costruttivo non potrebbero che giovare all’Italia, soprattutto quando si
tratterà di negoziare spazi di flessibilità o di varare misure di sostegno
all’economia, all’innovazione, alla formazione e alla ricerca. Altro che
salvarsi da sola, «se l’Italia avesse una sua moneta», come vorrebbe il
leghista Claudio Borghi! Senza il sostegno dell’Ue e dei fondi
d’investimento internazionali resteranno parole vuote e slogan demagogici
quelli di Di Maio sulla «manovra del popolo», sull’«abolizione della
povertà», sul «reddito di cittadinanza», sulla «dignità del lavoro» o quelle di
Salvini sull’abolizione della legge Fornero (in modo che si possa andare
in pensione a 62 anni, mentre ovunque la tendenza è quella di alzare l’età
pensionistica) e l’introduzione della «flat tax».
Le buone intenzioni non bastano
Sarebbe ingiusto, tuttavia, condannare a
priori la riforma per certi versi coraggiosa che intende realizzare il governo
nei prossimi anni, ma sarebbe ingenuo non rendersi conto che, a detta degli
esperti, mancano le risorse certe per realizzarla interamente. Trovo pertanto
presuntuoso da parte dei soliti cantori del governo chiedere ai cittadini
italiani una specie di credito di fiducia in bianco.
Comincia il Presidente del
Consiglio Giuseppe Conte che afferma: «Le famiglie e l'Unione
europea non hanno nulla da temere: le misure contenute nella legge di bilancio
creeranno sviluppo e occupazione. La nostra manovra, per la prima volta, mette
al centro i cittadini e fa del bene al Paese».
Perché mai gli italiani dovrebbero credere
sulla parola a Conte e ai suoi ministri, quando le critiche alla manovra piovono
da ogni parte e la preoccupazione della Commissione europea è forte? Come si fa
a credere a Di Maio che sostiene: «la povertà è sconfitta per sempre!» grazie
al reddito di cittadinanza, senza sapere nemmeno dove troverà i soldi per
finanziarlo, anche se va affermando che «ci sono i soldi per realizzare tutte
le misure che abbiamo promesso»? E’ mai possibile che la maggioranza degli
italiani sia costituita da fanatici creduloni e non da gente pratica che vuol vedere
prima i risultati? Dovrà ricredersi Di Maio che, rivolgendosi al Centro studi
di Confindustria che prevede un aumento delle tasse a causa dell’introduzione
del reddito di cittadinanza e della riforma delle
pensioni, ha assicurato: «non si illudano, il governo non
torna indietro sulle misure che ha promesso agli elettori, questa è la manovra
del popolo». No, è populismo!
Bisogna dire che nella manipolazione della
lingua italiana questo governo (come del resto anche i precedenti) è
abilissimo, basta vedere come sa suscitare speranze e consensi. Lo dimostra, a
mio parere, anche con la «Nota di aggiornamento al Documento economia e finanza DEF» ora all’esame del Parlamento.
Essa infatti contiene molte affermazioni che, in teoria, renderebbero l’Italia
il Paese più equo e felice del mondo, se venissero confermate dai risultati. Si
leggano, per esempio, i due passaggi seguenti, relativi al reddito di
cittadinanza e agli investimenti:
«Lo strumento del reddito di cittadinanza […]
ha il duplice scopo di garantire la necessaria mobilità del lavoro e un reddito
per coloro che nelle complicate fasi di transizione, determinate dai processi
di innovazione, si trovano in difficoltà».
«Settori strategici per la crescita su cui il
Governo punterà anche per realizzare opportune sinergie pubblico-privato sono
in particolare quelli della ricerca scientifica e tecnologica, della formazione
di capitale umano, della innovazione e delle infrastrutture, in quanto
portatori di effetti rilevanti e duraturi sulla produzione e la capacità del
Paese di creare valore».
Mancano gli investimenti adeguati
Verrebbe da dire: ben vengano questi
provvedimenti se davvero servono a raggiungere gli obiettivi indicati. Come si
può vedere, però, non c’è niente di impegnativo e vincolante in queste frasi e,
soprattutto, è lecito chiedersi se il reddito di cittadinanza (una specie di
assicurazione contro la disoccupazione) può rappresentare un incentivo al lavoro
e garantire la «mobilità del lavoro» se i posti di lavoro mancano e se gli
investimenti previsti per la ricerca e la formazione siano adeguati.

Spero che i miei dubbi siano infondati ed è
per questo che seguirò con attenzione in particolare la legge di attuazione
preannunciata come «Disegno di
legge recante disposizioni in materia di istruzione, università, alta
formazione artistica, musicale e coreutica, ricerca e attività sportiva
scolastica e universitaria, nonché di riassetto, semplificazione e
codificazione della normativa dei medesimi settori». Spero soprattutto che la
legge preveda finanziamenti adeguati.
Investire sulla formazione
I dubbi di fondo comunque restano perché, a
mio avviso, per la ripresa tanto auspicata la maggior parte delle risorse
disponibili avrebbe dovuto essere destinata allo sviluppo dell’occupazione e
alla valorizzazione delle risorse umane, soprattutto al Mezzogiorno. E’ il
lavoro esercitato con piacere e competenza che dà dignità al lavoratore, non il
reddito di cittadinanza. E’ l’occupazione che riduce la disoccupazione e l’emigrazione
giovanile. E’ la formazione professionale che fa crescere l’economia e il
benessere di un Paese. In questi settori bisognerebbe investire.
Se tali affermazioni possono sembrare generiche, un esempio verificabile ne dimostra la piena concretezza, la Svizzera. Chi cercasse la chiave del benessere svizzero non deve cercare a lungo perché la troverebbe facilmente nella «qualità della formazione», dalla scuola elementare all’università. E se si volesse sapere perché in questo Paese la disoccupazione giovanile è a un livello molto basso la risposta è semplice: qui la formazione professionale è generalizzata, seria, efficiente ed efficace. Il naturale sviluppo di una buona formazione di base sono la maturità professionale, la scuola universitaria professionale, l’insegnamento superiore, la formazione continua, la ricerca, l’innovazione. Naturalmente la formazione costa, la piccola Svizzera vi destina una decina di miliardi di franchi… e i risultati si vedono.
Giovanni Longu
Berna 09.10.2018
Berna 09.10.2018
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