La Svizzera si sente talvolta come assediata non da eserciti minacciosi di Stati intenzionati ad aggredirla per impossessarsene, ma da Stati che stentano a capirne le peculiarità storiche e culturali. «Oggi la Svizzera è sotto la pressione dei Paesi vicini, in linea di principio amici, e di organizzazioni internazionali. Le nostre peculiarità sono regolarmente criticate, le nostre leggi decise dal popolo e dai suoi rappresentanti sono nel mirino» (così il consigliere federale Ueli Maurer il 1° agosto 2014).
Ueli Maurer ricorda Carl Spitteler
Persino i capi di Stato dei grandi Paesi vicini in visita
ufficiale a Berna non esitano a far capire, ad esempio, quanto sia apparsa
sconcertante nell'Unione Europea (UE) la decisione del popolo svizzero di voler
gestire autonomamente la questione dell’immigrazione e di voler rinegoziare con
l’UE l’accordo sulla libera circolazione delle persone. Ma la Svizzera non si
lascia sopraffare e almeno da cent’anni sa di avere un proprio punto di vista e
di doverlo sostenere, sempre, anche oggi.
Ueli Maurer ha ricordato nel suo intervento un celebre
discorso tenuto a Zurigo il 14 dicembre 1914 dallo scrittore svizzero Carl
Spitteler (insignito nel 1919 del premio Nobel per la letteratura), il
quale difese con toni vibranti la neutralità svizzera, «il nostro punto di
vista svizzero» (unser Schweizer Standpunkt), nei confronti soprattutto
dei tedeschi.
Giustificando il caso svizzero, Spitteler ebbe a dire, fra
l’altro: «Non abbiamo in comune né il sangue, né la lingua, né una casa
regnante che attenui i contrasti e ci riunisca più in alto, non abbiamo neppure
una vera e propria capitale. Onde noi abbiamo veramente bisogno di un simbolo
che ci aiuti a superare, a trascendere questi elementi di debolezza. Fortunatamente
questo simbolo l’abbiamo. Non ho bisogno di nominarvelo: è la bandiera federale».
La Svizzera modello di successo
In oltre 100 cent’anni di storia e di relazioni
internazionali, l’identità svizzera è andata rafforzandosi, tanto che da far scrivere
nel 1965 al pensatore e scrittore svizzero Denis de Rougemont (1906-1985)
un libro intitolato: «La Suisse ou l’Histoire d’un peuple heureux», tradotto anni
dopo anche in italiano: «La Svizzera. Storia di un popolo felice».
«Heureux» in francese vuol dire anche «fortunato», ma i
risultati raggiunti finora dalla Svizzera non sono stati certamente casuali.
Sono frutto di sforzi, di lungimiranza, di scelte coraggiose.
Basterebbe ricordare le grandi imprese ferroviarie, stradali, idroelettriche o
i grandi investimenti nella formazione e nella ricerca, gli sforzi per
salvaguardare la neutralità, l’apertura della Svizzera alla collaborazione
internazionale nei settori della pace, dell’aiuto umanitario, nella ricerca
scientifica, ecc.
La consapevolezza dei successi raggiunti non dà tuttavia
alla testa né fa perdere stimolo alla conquista di nuovi traguardi e all'innovazione,
anzi è corroborante non solo per affrontare la pressione internazionale ma
anche per sostenere con serenità e determinazione «il punto di vista
svizzero». Ne hanno dato prova il 1° agosto scorso, Festa nazionale, tutti
i consiglieri federali che sono intervenuti non solo per celebrare i successi
del passato, ma anche per affermare la consapevolezza e la volontà di affrontare
le difficili sfide attuali e future ispirandosi agli stessi valori e ideali che
hanno reso la Svizzera un modello di successo.
L’intervento dei consiglieri federali il 1° agosto
Didier Burkhalter, presidente della Confederazione, non
ha dubbi: «la Svizzera è una storia di successo. C’è di che andarne fieri.
Tanto più che è utile al mondo». Ancora, «la Svizzera è una storia di successo
e continuerà a esserlo fino a quando saprà rinnovarsi, fino a quando rimarrà
aperta al mondo e al contempo unica nel suo genere e fino a quando rimarrà
giovane».
Il presidente Burkhalter ha ricordato fra l’altro come
motivo di ottimismo e di fierezza: l’appartenenza a un Paese che sa offrire «quanto
c’è di più importante su questa Terra, ossia prospettive di futuro per i
giovani. E oggi come oggi non si può certo dire che accada ovunque». E, rivolto
al futuro, ha aggiunto: «essere forti, tracciare la propria strada: ecco la
volontà della Svizzera in un mondo sempre più imprevedibile. È questa la
volontà che le consente di avere successo. E la Svizzera sta andando proprio bene: fa parte dei Paesi più
innovativi e competitivi del mondo».
In sintonia col presidente
Burkhalter, anche il consigliere federale Alain Berset ha ricordato che
per avere successo nella vita come nell'economia «bisogna sapersi affezionare a
un’idea e amare ciò che si fa».
A sua volta, la consigliera federale Doris Leuthard, si
è dichiarata «fiera di quanto i nostri antenati hanno fatto di questa Svizzera»
e ha proposto a tutti i concittadini una riflessione «sulla strada da
percorrere, su come plasmare, insieme, il futuro del nostro Paese, affinché
anche le prossime generazioni possano andare fiere delle nostre decisioni,
affinché anche in futuro si possa dire di noi “sono stati saggi, hanno agito
con lungimiranza”».
Anche la Leuthard non ha esitato a vedere nella formazione una
delle chiavi del successo elvetico, invitando a compiere «quanto è necessario per il nostro futuro: ad
esempio un buon sistema educativo, prospettive professionali, sicurezza,
infrastrutture e un servizio pubblico al passo con i tempi».
Anche le altre consigliere federali Eveline
Widmer-Schlumpf e Simonetta Sommaruga, come pure il consigliere
federale Johann Schneider-Ammann, hanno contribuito con i loro
interventi a esprimere sotto angolature diverse il punto di vista svizzero, che
è quello di un Paese che si sente unito, forte, deciso a difendere le sue
peculiarità, ma al tempo stesso aperto al dialogo e al mondo.
Giovanni Longu
Berna, 6.8.2014
Berna, 6.8.2014
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