Durante il mese di novembre, in quattro puntate, le emittenti televisive svizzere hanno presentato una serie di quattro filmati, che hanno ripercorso alcuni momenti fondamentali della storia della Svizzera. Dalle origini, che si confondono con la leggenda, fino alla costituzione dello Stato federale e agli indirizzi guida della moderna Confederazione (federalismo, solidarietà, sviluppo economico, sviluppo della formazione, ecc.).
Chi ha seguito attentamente la serie, si sarà forse
domandato se davvero per fare la Svizzera sono bastati così pochi personaggi e
così pochi episodi, sia pure di ampia portata. La risposta è certamente negativa,
perché la Svizzera si è formata nel corso di parecchi secoli, attraverso molti
personaggi e molti episodi salienti che non sono stati rappresentati nei
filmati.
«Storia di un popolo felice»
Non so quali siano state le «vere» motivazioni che hanno
spinto la SSR a proporre i quattro filmati e il gran numero di altre trasmissioni
che ne facevano diretti o indiretti corollari. Ritengo tuttavia che non si volesse
proporre agli spettatori una storia romanzata «all’americana» di come si è
formata la Svizzera e nemmeno una ricostruzione storiografica puntigliosa di
come si sono svolti «veramente» i fatti, ma qualcosa d’altro. Penso che lo
scopo o uno degli scopi principali sia stato quello di stimolare non solo attraverso
ricostruzioni cinematografiche, ma anche dibattiti, interviste, commenti
scientifici, una riflessione comune sui valori all’origine e alla base dello
sviluppo di un Paese a cui uno scrittore e pensatore svizzero, Denis de
Rougemont (1906-1985), nel 1965 dedicò un libro intitolato (nella
traduzione italiana): «La Svizzera. Storia di un popolo felice».
Se tale scopo sia stato raggiunto è difficile dirlo, ma
credo che almeno in certa misura l’operazione sia riuscita, stando al successo
di pubblico e alle numerose discussioni suscitate. Sulla ricostruzione dei
fatti e dei personaggi non ci si poteva certo aspettare l’unanimità, ma in
generale, a parte forse nel primo episodio, la fedeltà storica è sempre stata ben
curata.
Senza nulla togliere alla qualità del prodotto e alla
serietà dei produttori, a titolo integrativo vorrei aggiungere qualche
osservazione su un altro «valore» e merito della moderna Confederazione fin dal
suo inizio: l’integrazione dell’elemento straniero.
Dufour e la cultura francese
Già Guillaume Henri Dufour (1787/1875), protagonista
del terzo filmato, dedicato essenzialmente all’impresa di pacificazione dei
Cantoni sull’orlo di una guerra civile (nota come «guerra del Sonderbund»), ne
è un valido esempio. Dufour, infatti, non è stato solo un abile generale,
intelligente e ricco di umanità, ma anche una grande personalità impregnata di cultura
francese, che aveva assimilato durante la formazione, iniziata a Ginevra e
proseguita in Francia alla scuola politecnica di Parigi e alla scuola di
applicazione del genio di Metz. Va ricordato inoltre che Ginevra in quel
periodo, fino al 1813, era sotto controllo francese e non faceva ancora parte
della Confederazione (in cui entrerà solo nel 1815), tant’è che il giovane
Dufour servì per diversi anni nell’esercito francese, meritandosi importanti
onorificenze, compresa quella di Gran Croce della Legion d’Onore. Rientrato a
Ginevra nel 1817, venne integrato nell’esercito svizzero. Nel 1847 venne
incaricato, come ben ricordato nel filmato, di porre fine alla guerra del
Sonderbund.
Evidentemente, la formazione e l’esperienza francese non impedirono
a Henri Dufour di divenire uno dei grandi personaggi «svizzeri» che hanno fatto
la storia di questo Paese e uno dei massimi sostenitori della coesione
nazionale.
Pellegrino Rossi, «l’uomo determinante»
Pellegrino Rossi |
Nello stesso filmato, che si conclude con l’accenno alla
pacificazione tra i Cantoni e alla costituzione dello Stato federale con
l’approvazione della Costituzione federale (1948), avrebbe meritato almeno un
accenno un altro personaggio importante, Pellegrino Rossi (1787-1848), che ne fu uno dei principali ispiratori. Economista,
giurista e uomo politico italiano, con molteplici esperienze di governo in
Francia e nello Stato pontificio, dopo il fallimento di una spedizione
anti-austriaca in Puglia e Calabria si rifugiò a Ginevra, dove insegnò
giurisprudenza e ottenne la cittadinanza svizzera.
Nel 1820
fu eletto deputato
al Gran Consiglio e nel 1832 venne nominato rappresentante di
Ginevra nella Dieta federale, l’Assemblea dei rappresentanti dei Cantoni. Si
era in una fase turbolenta dei rapporti tra Cantoni, combattuti tra tendenze
unitarie liberali e tendenze autonomiste e autoritarie. Allo scopo di trovare
una forma di conciliazione Rossi fu incaricato di tracciare le linee
di un nuovo Patto federale. Il
«Patto Rossi», in cui l’autore proponeva l’istituzione di un governo federale
quale «sintesi vivente dell’unità e delle diversità», fu rifiutato dai Cantoni
e dalla maggioranza della Dieta. Questo rifiuto non ha impedito tuttavia che il
già citato Denis de Rougemont scrivesse del personaggio: «l’uomo determinante in questo periodo, nel
quale si forma la Svizzera federale, non è uno Svizzero ma un rifugiato
italiano, il conte Pellegrino Rossi».
Non solo Escher e Franscini...
Nel quarto filmato i protagonisti sono Alfred Escher
e Stefano Franscini, importanti nella storia della Confederazione
moderna per aver contribuito a porre su solide fondamenta lo sviluppo e il
successo di questo Paese. Soprattutto Escher, come ho già ricordato (v.
L’ECO del 27.11.2013), ha indubbiamente grandi meriti nelle realizzazioni di alcune
grandi imprese quali la ferrovia del Gottardo e il Politecnico federale, ma
credo che proprio riguardo a entrambe vada associato oltre al nome di Franscini
anche quello di Carlo Cattaneo, un altro rifugiato italiano.
Già Franscini integra bene nella sua personalità la
cultura italiana, non solo in quanto ticinese, ma anche in quanto espressione
di una profonda e ricca cultura italiana, che ebbe l’opportunità di assorbire e
approfondire durante la sua formazione a Milano, sia attraverso gli studi umanistici
e sia tramite contatti con illustri personalità, delle quali almeno una avrebbe meritato un richiamo nel
filmato in questione, Carlo Cattaneo.
… ma anche Carlo Cattaneo
Carlo Cattaneo |
Carlo Cattaneo (nato a Milano nel 1801 e morto a
Castagnola-Lugano nel 1869), studioso, scrittore, uomo politico (federalista
convinto), fu grande amico di Franscini, con cui condivise molte idee e molti
progetti, certamente quelli della ferrovia transalpina del Gottardo (pensata da
Escher fin dal 1833) e del Politecnico federale.
Per la scelta della linea del Gottardo tra le varie opzioni
in discussione per l’attraversamento ferroviario delle Alpi, l’apporto del Cattaneo
(esule a Castagnola dal 1849) fu fondamentale. Egli sosteneva la necessità di
una linea ferroviaria che da Genova portasse al centro d’Europa passando in
galleria sotto il San Gottardo. Secondo lui, prolungando la linea retta
Genova-Alessandria-Novara fino a Zurigo, si poteva passare solo attraverso il
Gottardo.
Per realizzare questa o quella ferrovia transalpina era comunque
necessario l’accordo e il contributo finanziario del Regno d’Italia. Carlo
Cattaneo cercò di guadagnare alla causa gottardesca lo stesso Cavour, senza
riuscirvi, ma le sue idee fecero strada, anche se dovettero passare ancora
molti anni prima che l’Italia si decidesse per la linea del Gottardo. In
Svizzera, invece, fu più facile trovare consensi, perché ne era già convinto
l’amico Franscini (dal 1848 consigliere federale), e dopo di lui anche il suo
successore nel Consiglio federale Giovan Battista Pioda, oltre che il banchiere
Escher.
Quando nel
1871 venne stipulata la Convenzione per la costruzione della ferrovia del
Gottardo tra la Svizzera, l’Italia e la Germania, per l’esecuzione dei lavori l’Italia
garantì 45 milioni di franchi svizzeri, la Svizzera e la Germania 20 milioni
ciascuna.
In conclusione
I nomi di Pellegrino
Rossi e Carlo Cattaneo sono emblematici della capacità della
Svizzera d’integrare personalità straniere nel proprio sistema dei valori. Lungo
tutta la storia svizzera è facile osservare quanto l’elemento straniero abbia
trovato qui un terreno fertile per prosperare e contribuire al benessere
generale. Basti pensare a Henry Nestlé, Carl Franz Bally, Karl
Albert Wander, Charles Brown e Walter Boveri, Julius Maggi,
Giovanni Segantini, Albert Einstein, i fratelli Gianadda, Nicolas
Hayek, Ernesto Bertarelli, ecc. ecc.
Perché non si pensi che
solo grandi imprenditori, scienziati e artisti possono mettere radici in questo
Paese, l’Ufficio federale di statistica ci ricorda che oggi un terzo
della popolazione svizzera è costituito da migranti o dai loro discendenti, che quasi 10% delle persone sposate formano una coppia
bi-nazionale svizzera-straniera e che 42,6% dei bambini da 0 a 6 anni vivono in
un’economia domestica con un passato migratorio. Nel marzo 2013, l’ex
Consigliere federale Pascal Couchepin, parlando ad una classe di allievi
vallesani, era pronto a scommettere che nei prossimi anni uno svizzero su due
avrebbe sposato una persona di origine migratoria, tanto è presente in Svizzera
la componente di origine straniera.
Giovanni Longu
Berna, 11.12.2013
Berna, 11.12.2013
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