Tra il 1872 (inizio dei lavori della galleria del San Gottardo) e il 1913 (inaugurazione della galleria del Lötschberg) la Svizzera era pervasa da una specie di febbre ferroviaria. La Confederazione, i Cantoni, le Città volevano le proprie ferrovie, a scartamento normale o ridotto, ferrovie a cremagliera, funicolari, tranvie. Le reclamavano il progresso, interessi nazionali e internazionali, i commerci, le comunicazioni, il turismo e persino il prestigio.
La febbre ferroviaria
La prima, grande opera pionieristica, la galleria del San
Gottardo, era stata appena inaugurata (dopo dieci anni di lavori massacranti) e
già si pensava a costruirne un’altra, quella del Sempione. Prima che i lavori
di quest’altra galleria transalpina si concludessero, altre squadre di minatori
erano già all’opera per realizzare un altro gioiello dell’ingegneria
ferroviaria moderna, la galleria del Lötschberg.
La Svizzera può oggi celebrare con orgoglio queste opere
centenarie perché hanno contribuito non poco alla circolazione di merci e di
persone e quindi alla diffusione nel Paese e in Europa della ricchezza, del
benessere, della cultura, della conoscenza reciproca e alla crescita dello
spirito europeo (anche se questo non ha impedito due disastrose guerre). All'epoca,
tuttavia, la voglia di nuove ferrovie non era vista da tutti di buon occhio. In
effetti la Confederazione non riusciva ad imporre una politica ferroviaria
unitaria. Un quotidiano ticinese, Gazzetta Ticinese, giusto un secolo fa
denunciava questo «fermento colossale che agita oggi la Svizzera sopra ogni
altro sentimento, sopra ogni altra considerazione (…), una tendenza spiccata e
quasi aspra, per quanto faccia male il confessarlo: il regionalismo».
Effettivamente, la storia avvincente dell’epopea ferroviaria
svizzera è anche la storia dell’affermazione dei Cantoni e delle Città più
grandi e potenti. La costruzione delle linee e delle gallerie del San Gottardo,
del Sempione e del Lötschberg ne sono esempi lampanti.
Un’affermazione del regionalismo elvetico
Con la costruzione della ferrovia e del tunnel pionieristico
del San Gottardo, sembrava finalmente realizzato il sogno dell’attraversamento
delle Alpi per consentire il collegamento senza ostacoli del Mediterraneo col
Mare del Nord. Non per nulla questo corridoio transalpino d’importanza
internazionale venne chiamato la «Via delle Genti». Durò tuttavia pochi decenni
la supremazia della ferrovia transalpina del Gottardo. Infatti, non era ancora finita
la sua costruzione che Cantoni non toccati direttamente da quella linea rivendicavano
altri collegamenti attraverso le Alpi.
Foto ricordo durante i lavori nella galleria del Lötschberg |
I Cantoni della Svizzera occidentale ottennero il
completamento della linea del Sempione con la costruzione della galleria
omonima (1898-1906). Berna, che si sentiva esclusa dai due assi del traffico
internazionale, non voleva stare a guardare, ritenendo questa situazione inaccettabile
per una ex superpotenza cantonale ma ancora ricca e potente. E fin dal 1881 un esponente
della politica cantonale assai influente, l’avvocato Wilhelm Teuscher, si batté
per la realizzazione di un collegamento veloce tra Frutigen e la linea
internazionale del Sempione attraverso la galleria del Lötschberg. Fino a
Frutigen esisteva fin dal 1901 una ferrovia a vapore in partenza da Spiez, già
collegata con Berna.
Urgenza dei lavori
La volontà di riuscire nell'impresa era tale che prima
ancora che il Gran Consiglio bernese prendesse la decisione definitiva al
riguardo (1906), lo stesso avvocato Teuscher aveva elaborato un primo progetto che
prevedeva fra l’altro una galleria di circa 14 km sotto il Lötschberg a 1240 m .s.m. Il progetto era poi
stato sottoposto al Parlamento federale ai fini di una prima valutazione per la
concessione federale, che pervenne nel 1891.
Il progetto era stato successivamente messo a punto dai
migliori ingegneri ferroviari del momento e valutato positivamente da esperti
internazionali circa la fattibilità del tunnel, previsto inizialmente a un solo
binario, salvo decisione diversa del Consiglio federale in corso d’opera. Solo
qualcuno aveva suggerito ulteriori indagini, soprattutto in corrispondenza
della vallata del fiume Kander.
Per consentire una più approfondita valutazione, le Camere
federali avevano prolungato la concessione fino al 1904. Ma per le autorità bernesi
non c’era tempo da perdere. Venne costituita subito la Società ferroviaria
delle Alpi bernesi Bern-Lötschberg-Simplon (BLS) per la raccolta di capitali e,
ottenute tutte le concessioni necessarie, il 15 agosto 1906 venne affidata
l’esecuzione dell’opera a un consorzio di imprese francesi. Questo si impegnava
a terminare i lavori del tunnel di 13.735 m entro 4 anni e mezzo dall'inizio della
perforazione meccanica, ossia nella primavera del 1911. Venne convenuta una
cifra forfetaria di 37 milioni di franchi più eventuali 12 milioni se fosse
stato ordinato, come avvenne nel 1907, il doppio binario.
Manodopera quasi tutta italiana
La manodopera fu reclutata quasi interamente tra gli
italiani, ormai sperimentati, affidabili e a basso costo. Provenivano per il
40% dal Sud Italia, il 30% dall’Italia centrale, il 15% dal Piemonte e il 12%
dalla Lombardia. Il restante 3% era costituito da svizzeri. Vennero alloggiati
in enormi baraccopoli e fabbricati soprattutto a Goppenstein e a Kandersteg.
Poiché i lavori sarebbero durati a lungo, molti operai sposati giunsero sul
posto con le famiglie, creando non pochi problemi per gli alloggi, la
convivenza, la scolarizzazione dei bambini, i servizi vari.
Il consorzio, responsabile del tracciato e dell’esecuzione
dell’opera, avrebbe potuto realizzare i sondaggi suppletivi consigliati da
alcuni esperti, ma ciò avrebbe reso più difficile consegnare l’opera finita nei
termini contrattuali. Oltretutto la massa dei pareri favorevoli appariva molto
rassicurante. Inoltre Berna faceva pressione perché temeva che il flusso dei
traffici prendesse altre vie, visto che fin dal 1° giugno 1906 i treni
transitavano regolarmente sotto il Sempione. Si procedette dunque subito con i
lavori preparatori per poterli ultimare prima dell’arrivo dell’inverno e
persino il traforo del Lötschberg fu avviato (15 ottobre 1906) prima ancora che
i piani definitivi fossero approvati dal Dipartimento federale delle ferrovie
(10 dicembre 1906).
Strette di mano in galleria alla caduta dell'ultimo diaframma (31.3.1911) |
L’avanzamento in galleria procedeva più rapidamente che al
San Gottardo e al Sempione grazie alle moderne perforatrici ad aria compressa
utilizzate, alla qualità della roccia e all'uso della dinamite. Sul
proseguimento dei lavori regnava da ogni parte il massimo ottimismo. Certo gli
infortuni, anche gravi, erano all'ordine del giorno, ma erano messi in conto,
tanto è vero che erano stati predisposti due ospedali, uno a Goppenstein e uno
a Kandersteg. Nessuno s’immaginava che la progettazione di quella galleria
contenesse un errore fatale che prima o poi si sarebbe manifestato,
tragicamente.
La tragedia del 1908
Quel momento si presentò subdolamente il 24 luglio 1908,
alle ore 2.30, al km 2,675 dall'ingresso nord (Kandersteg). Secondo la
presunzione dei progettisti, in quel punto i minatori avrebbero dovuto
incontrare ancora della pietra e non detriti e acqua. Completamente ignari di
quel che stava per accadere, i 25 minatori che si apprestavano a far brillare
le mine per l’avanzamento, si ritirarono in luogo sicuro (!), come d’abitudine.
Invece, subito dopo lo scoppio, un’immensa massa di circa 10 mila metri cubi di
acqua, fango e detriti invase violentemente la galleria per oltre un chilometro
travolgendo inesorabilmente tutto. Per i 25 minatori, tutti italiani, non ci fu
scampo. Il ventre della montagna restituì un solo corpo e pochi resti di altri.
Dopo una lunga inchiesta, il tribunale ritenne responsabili dell’accaduto sia
la Società che l’impresa.
I lavori nel tunnel furono dapprima interrotti e poi
ripresi, dopo una correzione del tracciato (che comportò l’allungamento del
tunnel a 14.605,45 m )
e alcuni sondaggi preliminari. La tragedia del 24 luglio 1908 aveva gettato la
collettività italiana, che forniva il 97 per cento della manodopera, in una
profonda costernazione, ma anche la collettività svizzera fu profondamente
colpita. I sentimenti erano tuttavia molto divisi perché un numero così alto di
vittime in un sol colpo andava al di là di ogni prevedibile rischio.
Festeggiamenti e riconoscimenti agli italiani
Al termine dei lavori si tennero lungo tutta la linea, ma
soprattutto a Kandersteg, Briga e Berna grandi festeggiamenti. Il 1° aprile
1913 Kandersteg era imbandierata a festa con bandiere della Svizzera, del
Cantone di Berna, della Francia e dell’Italia. Alla memoria dei caduti venne
celebrata una messa di suffragio nella cappella italiana. Seguirono i discorsi
ufficiali da parte dei vari rappresentanti. «In tutti i discorsi», dicono le
cronache, venne reso un doveroso e commosso omaggio alle 25 vittime della
sciagura in galleria, ma anche «ai meriti e alle qualità dei lavoratori
italiani quali pionieri della tecnica moderna».
Dal 1908, molto opportunamente, nel corso di una cerimonia
funebre al cippo commemorativo nel cimitero di Kandersteg, italiani e svizzeri
uniti ricordano ogni anno quelle vittime cadute per il progresso. Ed è giusto
che la tradizione continui.
Viene tuttavia anche da pensare quanto sia ancora attuale e
triste, secondo l’annotazione di un cronista dell’epoca, dover costatare che l'umanità,
ancora oggi, non sappia procedere di un passo verso il progresso senza lasciare
sul cammino tante vittime. Di questa amara verità, purtroppo, gli italiani
immigrati in Svizzera hanno dato finora ampia conferma.
Enrico Celio (1889-1980) |
Basterebbe da sola questa costatazione per ricordare quanto
sia stata importante e persino determinante per il progresso di questo Paese la
componente migratoria italiana. Si pensi che ancora nel 1905, anno in cui venne
realizzato il primo censimento delle aziende in Svizzera, oltre la metà (51%)
degli 85.866 lavoratori italiani del settore secondario era impiegata nella costruzione
delle linee ferroviarie e delle strade (44.011).
Senza gli italiani, dirà molti anni più tardi l’ex
presidente della Confederazione Enrico Celio «né la galleria ferroviaria
del San Gottardo nel 1872, né quella del Sempione (1905), né i ponti
riallaccianti i dossi dei valloni nelle nostre valli, né i diversi manufatti su
cui si snodano le nostre strade ferrate, automobilistiche, del piano ed alpine,
né i muraglioni atti a raccogliere le nostre acque nei bacini delle montagne,
né molte opere edili d’eccezionale o anche di minore consistenza sarebbero
state materialmente realizzate senza l’apporto di lavoro e di sacrificio della
mano d’opera italiana».
Giovanni Longu
Berna, 10.04.2013
Berna, 10.04.2013
ho reperito una fotografia di un gruppo festoso; reca la scritta Comp piemontese 15 VIII 1912 Lötsch.R.Nord.
RispondiEliminaIpotizzo che si tratti di operai che hanno partecipato alla costruzione della linea ferroviaria che collega Briga a Berna, comprendente il tunnel ferroviario del Lötschberg.
Poiché mi sembra che nella foto ci sia una persona di famiglia, che in effetti ebbe un passaporto per la Svizzera nel 1912, le domando se è possibile rintracciare i nomi di operai piemontesi che vi lavorarono. La foto fu spedita come cartolina da Blausee, poco lontano da Kandersteg.
grazie per qualsiasi informazione in merito
Purtroppo non sono in grado di rispondere, anche perché durante gli scavi delle grandi gallerie ferroviarie, da quella del San Gottardo a quella del Lötschberg, i lavoratori piemontesi immigrati in Svizzera sono stati diverse migliaia. So che, soprattutto dopo il 1911, vennero realizzate numerose cartoline-fotografie, ma in generale non riportavano i nomi delle persone fotografate. Mi farebbe piacere vedere la foto del gruppo di cui parla. Cordiali saluti
EliminaSarei lieta di mostrare la fotografia, ma non so come postarla. Aspetto suggerimenti.
EliminaProvi a inviare la foto a questo indirizzo: glongu@sunrise.ch
EliminaBuona giornata
Fatto. Spero che la fotografia le sia giunta
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