Estate significa per molti, giustamente, tempo di riposo, di svago, di estraneazione dalle occupazioni e preoccupazioni quotidiane. Proprio per questo l’estate è un periodo in cui è forse più facile per chiunque ritagliarsi momenti di riflessione su se stessi e sul mondo. Ne abbiamo bisogno perché il senso della vita non ci viene imposto nascendo ma dobbiamo costruirlo e perfezionarlo giorno per giorno. E abbiamo bisogno di una seria riflessione sul mondo perché alcune situazioni (guerre, eccidi, violazioni dei diritti umani fondamentali…) non possono lasciarci indifferenti, interpellano le nostre coscienze e non possiamo abdicare alle nostre responsabilità riesumando il pensiero manicheo del Bene e del Male come forze superiori e insuperabili. Per aiutare tale riflessione ritengo utile proporre ai lettori alcune considerazioni dopo aver letto un’opera geniale anche se poco conosciuta di Sant'Agostino, il De Civitate Dei, la Città di Dio. Con esse desidero anche rendere omaggio a papa Leone XIV che appartiene all'Ordine di Sant'Agostino e ne interpreta egregiamente il pensiero, l’anelito alla pace, alla verità, alla giustizia, a Dio.
Premesse
Purtroppo media poco critici, considerazioni politiche di
bassa lega, interventi troppo «prudenti» di governanti, genericismi di
intellettuali poco motivati e indifferenza crescente per tutto ciò che è
apparentemente lontano ci stanno spingendo a un’eccessiva e superficiale
considerazione del mondo, come se fosse effettivamente governato dal Bene e dal
Male. Fra l’altro, un’interpretazione molto rischiosa perché spinge a dividere il
mondo in Paesi buoni e Paesi cattivi, contrapponendo Paesi democratici a Paesi
autoritari e magari Occidente a Oriente, Stati Uniti a Russia, Israele a
Palestina, ecc. come se il bene e il male non possano trovarsi, sia pure in
misura diversa, nell'uno e nell'altro campo. Sta di fatto, però, che la
contrapposizione manichea oggi si sta nuovamente diffondendo, in svariate forme
e ha già contagiato parti significative della politica, dei media, degli
intellettuali e dell’opinione pubblica.Sant’Agostino
di Ippona (354-430)
Che il mondo d’oggi (come del resto quello di ieri) sia
piuttosto complicato non ha bisogno di dimostrazione, ma la teoria manichea già
combattuta e vinta da Sant'Agostino nella Città di Dio dovrebbe essere
combattuta anche ora per dimostrare che sia il male che il bene presenti nel
mondo sono opera dell’uomo, libero per natura ed evidentemente capace di opere
buone e opere cattive. Come aiuto alla riflessione propongo alcune
considerazioni che traggono spunto da un’attenta lettura dall'opera geniale
anche se poco conosciuta di Sant'Agostino, il De Civitate Dei, la Città
di Dio.
Sant'Agostino (354-430), uno dei più
importanti Padri della Chiesa latina, pensatore acuto e profondo è anche autore
di altre opere molto note (Confessioni, Ritrattazioni…), ma il De
Civitate Dei è a detta di molti studiosi l’opera più completa e più
rappresentativa della sua esperienza umana, religiosa, filosofica e teologica.
Da quest’opera, piuttosto lunga e di non
facile lettura, trarrò solo alcuni spunti, prescindendo dal momento storico in
cui è stata scritta ( tra il 413 e il 426) e dallo scopo iniziale (difendere il
Cristianesimo dalle accuse di aver provocato con l’abbandono dei vecchi culti
la caduta dell’Impero Romano alla morte di Teodosio nel 395), dalle
considerazioni specificamente teologiche (peccato originale, grazia, inferno,
paradiso, ecc.) e anche dalle considerazioni dell’Autore su quell'evento
sbalorditivo mai successo prima, il saccheggio di Roma da parte dei barbari, i
Goti di Alarico nel 410.
Pur prescindendo da questi aspetti, l’opera è
importante perché Agostino, allora vescovo di Ippona (oggi Annaba in Algeria),
in quest’opera non si limita a demolire il fondamento etico, filosofico,
religioso e politico del mondo pagano, ma fornisce ai contemporanei e persino a
noi moderni una chiave interpretativa del mondo e della storia, da leggersi
come la lotta secolare fra due Città, molto potenti, la Città celeste e la
Città terrena.Papa Leone XIV, grande interprete di Sant'Agostino
L'idea fondamentale che pervade da un capo all'altro il De Civitate Dei è la presenza di Dio
nella storia, il quale guida e regge meravigliosamente gli avvenimenti umani
fino alla consumazione dei secoli senza togliere la libertà, anzi proprio
attraverso la libertà degli uomini. Non so quanto sia fondamentale questa idea,
ma trovo convincente che forse basterebbe questa considerazione per ammettere
che il «disordine» del mondo potrebbe dipendere proprio dalla negazione della
presenza di Dio nella storia e dal conseguente disorientamento della libertà
dell’uomo.
Libertà e responsabilità
Certamente non è possibile interpretare il mondo di oggi,
nemmeno quella parte sconvolta dalle guerre, dall'odio tra popoli diversi,
dalle violazioni dei diritti fondamentali delle persone, dai soprusi
nell'indifferenza pilatesca dei grandi poteri politici, solo utilizzando le
categorie-guida di Agostino, ma non è nemmeno possibile capire gli eventi che
ci preoccupano e ci turbano senza richiamare i concetti agostiniani e cristiani
di coscienza, colpa, libertà, responsabilità, verità, giustizia, bontà, ricerca
di sé e della felicità, ricerca di Dio.
Per gran parte dell’umanità, soprattutto in Occidente, Dio e
uomo sono oggi inesorabilmente separati; non lo erano per Agostino, che
riusciva a individuare l’uomo nelle sue profondità esistenziali come essere da Dio,
di Dio e per Dio. D’altra parte, l’uomo non può conoscere Dio se non ritornando
nel fondo di sé stesso, nella sua coscienza, perché Dio, diceva Agostino nelle Confessioni, è «intimior intimo meo» (più
interiore della mia intimità). (Segue)
Giovanni Longu
Berna, 19.07.2025
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