22 luglio 2025

Antropologia agostiniana (1a parte)

Estate significa per molti, giustamente, tempo di riposo, di svago, di estraneazione dalle occupazioni e preoccupazioni quotidiane. Proprio per questo l’estate è un periodo in cui è forse più facile per chiunque ritagliarsi momenti di riflessione su se stessi e sul mondo. Ne abbiamo bisogno perché il senso della vita non ci viene imposto nascendo ma dobbiamo costruirlo e perfezionarlo giorno per giorno. E abbiamo bisogno di una seria riflessione sul mondo perché alcune situazioni (guerre, eccidi, violazioni dei diritti umani fondamentali…) non possono lasciarci indifferenti, interpellano le nostre coscienze e non possiamo abdicare alle nostre responsabilità riesumando il pensiero manicheo del Bene e del Male come forze superiori e insuperabili. Per aiutare tale riflessione ritengo utile proporre ai lettori alcune considerazioni dopo aver letto un’opera geniale anche se poco conosciuta di Sant'Agostino, il De Civitate Dei, la Città di Dio. Con esse desidero anche rendere omaggio a papa Leone XIV che appartiene all'Ordine di Sant'Agostino e ne interpreta egregiamente il pensiero, l’anelito alla pace, alla verità, alla giustizia, a Dio.

Premesse

Sant’Agostino di Ippona (354-430)
Purtroppo media poco critici, considerazioni politiche di bassa lega, interventi troppo «prudenti» di governanti, genericismi di intellettuali poco motivati e indifferenza crescente per tutto ciò che è apparentemente lontano ci stanno spingendo a un’eccessiva e superficiale considerazione del mondo, come se fosse effettivamente governato dal Bene e dal Male. Fra l’altro, un’interpretazione molto rischiosa perché spinge a dividere il mondo in Paesi buoni e Paesi cattivi, contrapponendo Paesi democratici a Paesi autoritari e magari Occidente a Oriente, Stati Uniti a Russia, Israele a Palestina, ecc. come se il bene e il male non possano trovarsi, sia pure in misura diversa, nell'uno e nell'altro campo. Sta di fatto, però, che la contrapposizione manichea oggi si sta nuovamente diffondendo, in svariate forme e ha già contagiato parti significative della politica, dei media, degli intellettuali e dell’opinione pubblica.

Che il mondo d’oggi (come del resto quello di ieri) sia piuttosto complicato non ha bisogno di dimostrazione, ma la teoria manichea già combattuta e vinta da Sant'Agostino nella Città di Dio dovrebbe essere combattuta anche ora per dimostrare che sia il male che il bene presenti nel mondo sono opera dell’uomo, libero per natura ed evidentemente capace di opere buone e opere cattive. Come aiuto alla riflessione propongo alcune considerazioni che traggono spunto da un’attenta lettura dall'opera geniale anche se poco conosciuta di Sant'Agostino, il De Civitate Dei, la Città di Dio.

Sant'Agostino (354-430), uno dei più importanti Padri della Chiesa latina, pensatore acuto e profondo è anche autore di altre opere molto note (Confessioni, Ritrattazioni…), ma il De Civitate Dei è a detta di molti studiosi l’opera più completa e più rappresentativa della sua esperienza umana, religiosa, filosofica e teologica.

Da quest’opera, piuttosto lunga e di non facile lettura, trarrò solo alcuni spunti, prescindendo dal momento storico in cui è stata scritta ( tra il 413 e il 426) e dallo scopo iniziale (difendere il Cristianesimo dalle accuse di aver provocato con l’abbandono dei vecchi culti la caduta dell’Impero Romano alla morte di Teodosio nel 395), dalle considerazioni specificamente teologiche (peccato originale, grazia, inferno, paradiso, ecc.) e anche dalle considerazioni dell’Autore su quell'evento sbalorditivo mai successo prima, il saccheggio di Roma da parte dei barbari, i Goti di Alarico nel 410.

Papa Leone XIV, grande interprete di Sant'Agostino
Pur prescindendo da questi aspetti, l’opera è importante perché Agostino, allora vescovo di Ippona (oggi Annaba in Algeria), in quest’opera non si limita a demolire il fondamento etico, filosofico, religioso e politico del mondo pagano, ma fornisce ai contemporanei e persino a noi moderni una chiave interpretativa del mondo e della storia, da leggersi come la lotta secolare fra due Città, molto potenti, la Città celeste e la Città terrena.

L'idea fondamentale che pervade da un capo all'altro il De Civitate Dei è la presenza di Dio nella storia, il quale guida e regge meravigliosamente gli avvenimenti umani fino alla consumazione dei secoli senza togliere la libertà, anzi proprio attraverso la libertà degli uomini. Non so quanto sia fondamentale questa idea, ma trovo convincente che forse basterebbe questa considerazione per ammettere che il «disordine» del mondo potrebbe dipendere proprio dalla negazione della presenza di Dio nella storia e dal conseguente disorientamento della libertà dell’uomo.

Libertà e responsabilità

Certamente non è possibile interpretare il mondo di oggi, nemmeno quella parte sconvolta dalle guerre, dall'odio tra popoli diversi, dalle violazioni dei diritti fondamentali delle persone, dai soprusi nell'indifferenza pilatesca dei grandi poteri politici, solo utilizzando le categorie-guida di Agostino, ma non è nemmeno possibile capire gli eventi che ci preoccupano e ci turbano senza richiamare i concetti agostiniani e cristiani di coscienza, colpa, libertà, responsabilità, verità, giustizia, bontà, ricerca di sé e della felicità, ricerca di Dio.

Per gran parte dell’umanità, soprattutto in Occidente, Dio e uomo sono oggi inesorabilmente separati; non lo erano per Agostino, che riusciva a individuare l’uomo nelle sue profondità esistenziali come essere da Dio, di Dio e per Dio. D’altra parte, l’uomo non può conoscere Dio se non ritornando nel fondo di sé stesso, nella sua coscienza, perché Dio, diceva Agostino nelle Confessioni, è «intimior intimo meo» (più interiore della mia intimità). (Segue)

Giovanni Longu
Berna, 19.07.2025

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