15 gennaio 2025

1815: Congresso di Vienna

Ho scelto il Congresso di Vienna del 1815 come primo anniversario da ricordare quest’anno perché ha avviato in Svizzera, in Italia e nel resto d’Europa una lunga serie di cambiamenti importanti, dopo il periodo travagliato della Rivoluzione francese e delle guerre napoleoniche e prima di giungere, nella seconda metà del secolo, a una sostanziale stabilizzazione. I rappresentanti delle principali potenze europee (Austria-Ungheria, Russia, Gran Bretagna e Francia), riuniti a congresso a Vienna (dal novembre del 1814 al giugno del 1815) si proponevano di sconfiggere Napoleone e ridisegnare la carta dell’Europa. Sconfitto definitivamente Napoleone a Waterloo (18 giugno 1815), le Grandi Potenze, ritenendo possibile e doverosa una «restaurazione» della vecchia Europa, cercarono di riportare indietro le lancette della storia, senza rendersi conto dell’impossibilità di ignorare le aspirazioni dei popoli europei agli ideali rivoluzionari (liberté, égalité, fraternité) e al raggiungimento di una certa omogeneità e unità europea. Un’illusione, che purtroppo costò cara agli europei e alcuni effetti perdurano ancora. Per questo quell'evento merita di essere ancora ricordato.

Il Congresso di Vienna un’opportunità per la Svizzera

La Svizzera aspirava a un riconoscimento internazionale, il valore dei suoi soldati era noto in tutto il continente, ma era pur sempre un Paese fragile, lacerato internamente e arretrato economicamente . Invano Napoleone aveva tentato di trasformare il vecchio Stato federale in uno Stato unitario. Con la Restaurazione rischiava l’accentuazione dei problemi, l’azzeramento dei progressi fatti con la mediazione di Napoleone e il rischio della frantumazione a beneficio dei grandi Stati confinanti. I diplomatici della Confederazione presenti a Vienna si resero tuttavia conto che quel Congresso poteva rappresentare per la Svizzera un’opportunità e seppero coglierla. Per evitare in futuro gravi alterazioni dell'equilibrio raggiunto, le grandi Potenze pensavano infatti di rafforzare i piccoli Stati tra la Francia e l'Europa centrale, unendo per esempio il Belgio all'Olanda, Genova alla Sardegna. 

Per sfruttare al meglio la situazione, sapendo che tutte le Potenze ritenevano importante un Stato piccolo ma coeso e forte al centro d’Europa, in grado di frenare gli appetiti territoriali degli Stati vicini, i diplomatici svizzeri offrirono la neutralità perpetua del loro Paese in cambio del riconoscimento della sovranità piena della Svizzera (senza alcun protettorato francese o di altri Stati), della sua struttura federale e dell’inviolabilità dei confini federali e cantonali. Di fatto la Svizzera ne risultò rafforzata e persino un tantino ampliata.

Con queste garanzie, che le furono assicurate, la Svizzera era pronta ad affrontare le numerose sfide interne che erano già all'orizzonte (rivendicazioni, rivoluzioni, conflitti religiosi, dissidi tra classi sociali, contrasti tra città e campagna, ecc.) ed esterne per raggiungere lo sviluppo economico e sociale degli altri Stati in un contesto geopolitico ed economico molto dinamico.

Non fu facile per la Svizzera affrontare e superare tali sfide, sfiorando persino la guerra civile (Sonderbund), ma le riuscì di conservare e persino rafforzare l’unità nazionale, trovare all’interno un buon equilibrio intercantonale e sviluppare notevolmente la sua economia, tanto che verso la fine del secolo l’emigrazione si era fortemente ridotta mentre era in costante aumento l’immigrazione.

Federalismo e neutralità

Motto della Confederazione:«uno per tutti - tutti per uno»
Federalismo e neutralità sono state certamente due carte vincenti che gli svizzeri hanno giocato abilmente. Il federalismo, sorretto da una buona Costituzione (la prima fu quella del 1848) e una serie di provvedimenti atti a garantire l’uguaglianza dei Cantoni nei diritti e nei doveri (adottando, per esempio, un sistema legislativo bicamerale), una notevole perequazione finanziaria e uno sviluppo della solidarietà assurto a motto nazionale («uno per tutti – tutti per uno»), ha favorito la trasformazione senza grandi difficoltà della vecchia Confederazione in uno Stato federale moderno in grado di competere economicamente con gli Stati più evoluti del continente.

La neutralità, su cui si è tanto discusso, ha consentito alla Svizzera di non partecipare alle grandi guerre che hanno insanguinato l’Europa per decenni, di mantenere un apparato produttivo costantemente efficiente, di sviluppare una grande capacità di attrarre finanze e turisti, ma anche la tranquillità di sentirsi in qualche misura protetta dalle Grandi Potenze, sebbene per prudenza la Svizzera abbia sempre ritenuto di non poter fare a meno di una forza armata.

Si sa che in alcuni Paesi non sono mancate le critiche per questa sorta di «splendido isolamento» svizzero, ma è difficile negare che la neutralità ha per lo meno contribuito a dissuadere soprattutto Hitler e Mussolini dalla tentazione di invadere la Svizzera. Del resto, nel primo e secondo dopoguerra ha fatto comodo a molti Stati (Italia compresa) poter contare (anche) sulla Svizzera per approvvigionarsi di beni strumentali e mezzi finanziari.

Infine, per quanto sia possibile e legittimo contestare più di un aspetto dell’ordinamento istituzionale della Svizzera, il suo sistema federale e la sua neutralità sono ancora oggi modelli di riferimento nel caso di conflitti armati e forti dissidi tra Stati vicini. Infine, non va nemmeno dimenticato, che agli inizi della sua storia la stessa Unione Europea si concepiva come una sorta di Stati Uniti d’Europa o un grande Svizzera.

Giovanni Longu
Berna, 15.01.2025

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