L’Italia celebra oggi, 4 novembre, la Festa Nazionale, più precisamente la «Festa dell’Unità Nazionale e delle Forze Armate» (come vuole la legge n. 27 del 1° marzo 2024). Non mi sorprende questo abbinamento, non completamente in linea con una lunga tradizione. Fino al 1949, infatti, il 4 novembre si celebrava solo la «vittoria per annientamento» dell’esercito austro-ungarico («L'Esercito Austro-Ungarico è annientato», dal Bollettino della vittoria di Armando Diaz), sorvolando sulle ingenti perdite umane (oltre 650.000 i militari italiani morti e oltre un milione i feriti!) di quell’«inutile strage» (Benedetto XV). Dal 1949, quando in Italia (e in Europa) il clima politico stava decisamente cambiando e il bellicismo perdeva consensi, alla celebrazione della Vittoria della guerra 1915-18 si aggiunse la celebrazione dell’Unità nazionale e delle Forze Armate. Negli anni Sessanta e Settanta, la contestazione non risparmiò le Forze Armate, il 4 novembre smise di essere giorno festivo e le celebrazioni furono spostate alla prima domenica di novembre. Nel 2007 annotava Sergio Romano: «Il 4 novembre non è del tutto scomparso, ma è ormai soltanto una festa domestica delle Forze armate, celebrata quasi privatamente nelle caserme».
La nuova maggioranza ha voluto ripristinare la festività nazionale del 4 novembre col titolo Giornata dell'Unità nazionale e delle Forze armate sperando forse di rivalutare l’Unità nazionale e il ruolo delle Forze Armate. Con un pizzico di retorica la presidente del Consiglio Giorgia Meloni ha voluto ricordare che le Forze Armate esistono per «tutelare i valori della libertà e dell’unità» e il Presidente della Repubblica Sergio Mattarella ha aggiunto in riferimento alle Forze Armate, «le cui imprese hanno contribuito a fare dell’Italia una nazione indipendente, libera, ispirata a valori democratici e di pace».
Non so quanti italiani si sentano toccati da queste celebrazioni «nazionali» e da questi fervorini retorici; da parte mia trovo sorprendente che anche nelle figure apicali d’Italia la storia sia ancora letta con lo sguardo rivolto al «passato» (spesso tutt’altro che glorioso) e non si riesca a valorizzare altri aspetti che pure fanno parte della Costituzione e che dovrebbero caratterizzare l’Unità nazionale. Penso in particolare agli articoli 1 (L'Italia è una Repubblica democratica, fondata sul lavoro), 2 (La Repubblica riconosce e garantisce i diritti inviolabili dell'uomo… l'adempimento dei doveri inderogabili di solidarietà politica, economica e sociale), 3 (E` compito della Repubblica rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale, che, limitando di fatto la libertà e l'eguaglianza dei cittadini, impediscono il pieno sviluppo della persona umana e l'effettiva partecipazione di tutti i lavoratori all'organizzazione politica, economica e sociale del Paese), 9 (La Repubblica promuove lo sviluppo della cultura e la ricerca scientifica e tecnica), 11 (L'Italia ripudia la guerra come strumento di offesa alla libertà degli altri popoli e come mezzo di risoluzione delle controversie internazionali).Mi aspetterei che
dai discorsi ufficiali risultassero più chiaramente gli impegni presi dall’Italia
in favore della pace, per favorire la convivenza pacifica tra Stati poco
propensi a collaborare, per promuovere in tutti i campi l’integrazione europea
(che richiede inevitabilmente limitazioni di sovranità nazionale), per ridurre in
Italia, in Europa e nel mondo le disuguaglianze, per promuovere ovunque la convivenza,
la collaborazione, la solidarietà, la prosperità, la bellezza.
Giovanni Longu
Berna, 4 novembre 2024
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