15 marzo 2023

Impegno costante a difesa dell’italiano in calo (1)

Grazie agli immigrati italiani degli anni Cinquanta e Sessanta del secolo scorso, nel 1970 l’italiano parlato aveva raggiunto, in base ai dati dei censimenti del secolo scorso e degli anni 2000, il numero più alto di italofoni (svizzeri e stranieri). Dal 1970, la lingua italiana perde terreno, anche se in questi ultimi anni il calo è rallentato, e spesso le «colpe» sono (state) attribuite alla Confederazione, accusata di non fare abbastanza per la salvaguardia dell’italiano come «lingua nazionale» e «lingua ufficiale» al pari del tedesco e del francese. In questo articolo si esaminerà soprattutto la prima di queste espressioni, mentre nei successivi si prenderanno in esame la seconda espressione, le cause della diminuzione dell'italofonia e alcuni possibili rimedi.

Contesto preoccupante

Nel 2000, il calo dell'italiano rispetto al 1970-80-90 fece
temere un inesorabile declino dell'italiano in Svizzera.


Subito dopo la pubblicazione dei dati del censimento federale della popolazione del 2000, nonostante risultasse in maniera evidente la diminuzione degli italofoni rispetto ai censimenti precedenti, non ci furono nei media svizzeri segni di preoccupazione, perché imputavano il calo essenzialmente alla diminuzione degli immigrati italiani, soprattutto a partire dai primi anni Settanta, mentre tra gli svizzeri gli italofoni risultavano in (leggero) aumento.

Negli ambienti italiani, invece, ci furono segnali di forte preoccupazione perché il calo degli italofoni registrato in alcuni Cantoni (Zurigo: -27,8%; Berna: -26,5%; Basilea Città: -26,7%; Soletta: -29,7%; Vaud: -29,7%, ecc.) confermava una tendenza iniziata negli anni Settanta e sembrava preannunciare l’inesorabile declino dell’italiano a nord delle Alpi. Tra le conseguenze ipotizzate si parlava apertamente di un possibile disimpegno dell’Italia nel sostegno ai corsi di lingua e cultura, della probabile contrazione dell’offerta già esigua dell’italiano nei licei, dell’inevitabile riduzione delle cattedre d’italiano nelle università, ecc.

Alle previsioni temute dagli italiani, in alcuni ambienti svizzeri se ne aggiungevano altre di politica interna che vedevano nella diminuzione dell'italofonia un declassamento della terza lingua «nazionale» a lingua «regionale» e un rischio per la coesione nazionale. Tanto più che in un rapporto dell’Ufficio federale della cultura sull'applicazione della Carta europea delle lingue regionali e minoritarie era scritto che «la Svizzera ha definito lingue regionali o minoritarie ai sensi della Carta il romancio e l’italiano». Ma l’italiano, si chiesero alcuni osservatori, è ancora lingua «nazionale», come indicato nella Costituzione fin dal 1848, o è solo «regionale»?

In molti, anche in ambito politico, non esitarono ad attribuire alla Confederazione un certo disinteresse alla salvaguardia e alla promozione dell’italiano sia nell'amministrazione federale (visibilmente dominata da svizzero-tedeschi e, sia pure in proporzione minore, da francofoni) che nella politica linguistica e culturale della Svizzera. Spesso in queste critiche si celava un’accusa d’incoerenza della Confederazione in quanto depositaria della Costituzione a cui spettava, insieme ai Cantoni, di applicarla in tutte le sue parti, perché sembrava indifferente all’applicazione del dettato costituzionale che considerava l’italiano, al pari del tedesco e del francese «lingue nazionali» (art. 109 Cost. 1848) e «lingue ufficiali» (art. 116 Cost. 1874).

Necessità di una legge specifica sulle lingue

Plurilinguismo svizzero, 2000
Fu a seguito di queste discussioni e accuse velate o esplicite alla Confederazione che si giunse nel 2007 all'adozione di una legge federale sulle lingue, che già nel nome («Legge federale sulle lingue nazionali e la comprensione tra le comunità linguistiche») denota la complessità della materia. Per esempio, si parla di «lingue» e non di «lingua», perché la Confederazione Svizzera non ha una ma tre «lingue ufficiali» e addirittura quattro lingue «nazionali»; si parla di «lingue nazionali» e non semplicemente di lingue e a dare un senso preciso al loro carattere «nazionale» provvede la seconda parte del titolo della legge, facendo capire che si tratta delle lingue parlate dalle quattro «comunità linguistiche» riconosciute dalla Confederazione, ossia quella tedesca, quella francese, quella italiana e quella romancia.

Si dicono «nazionali» perché nell'Ottocento, quando fu approvata la prima Costituzione federale, non si parlava di «comunità linguistiche» ma di etnie, stirpi, nazioni. La lingua era considerata «fattore decisivo nell'individualità d'una stirpe» (G. Motta). In Svizzera ce n’erano addirittura quattro aventi uguali diritti. In Ticino, dove la difesa dell’italianità era considerata irrinunciabile, si parlò di una sana forma di «nazionalismo ticinese».

I padri della Costituzione federale del 1848 non potevano ignorare lo spirito del tempo. Oggi però lo spirito è cambiato e la difesa della lingua italiana ha bisogno di strumenti più efficaci e un impegno costante anche da parte degli italofoni. (Segue)

Giovanni Longu
Berna 15.3.2023

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