Un pensatore
napoletano, Giambattista Vico (1668-1744), parlò dei «corsi e ricorsi» della storia, ossia eventi, ideologie, atteggiamenti del
passato che si ripresentano in epoche successive, sia pure in forme diverse. In
realtà la storia non segue un percorso circolare e nemmeno lineare, ma procede
per così dire a zig zag. Nondimeno è facile osservare oggi forme di
nazionalismo, patriottismo, fascismo, ecc., riconducibili a ideologie e comportamenti
del passato, sia pure con significati diversi.
Populismo e sovranismo
Si pensi, per esempio, al populismo e
al sovranismo. Se un tempo «populismo» esprimeva l’esigenza legittima di
democrazia, di rappresentanza e di partecipazione del popolo al potere, oggi
non si tratta più di una rivendicazione dei diritti popolari (già riconosciuti
in tutte le costituzioni democratiche, compresa quella italiana), ma della
presunzione di rappresentare al meglio il popolo attraverso una sorta di
investitura dell’«uomo forte» capace di risolvere tutti i problemi. In realtà
il «populismo» è una degenerazione della democrazia, ossia demagogia.
Analogo discorso potrebbe essere
fatto per il «sovranismo». Se un tempo poteva aver senso sollecitare il
popolo a difendere la sovranità nazionale minacciata da un altro Stato o a
riacquistarla se già persa, oggi nessun popolo (almeno nel mondo occidentale)
si trova in una tale condizione. Eppure i sovranisti, anche in Italia,
vorrebbero che lo Stato si riappropriasse della parte di sovranità ceduta ad
organizzazioni internazionali e sovranazionali in una logica di reciproci
interessi, senza rendersi conto che questa forma di nazionalismo porterebbe
qualunque Paese all’isolamento e al declino, in un mondo sempre più integrato e
interdipendente.
Tanto il populismo che il sovranismo sono atteggiamenti
pericolosi perché negano di fatto quelle forme consolidate di rappresentanza popolare
e di collaborazione internazionale, che sono divenute gli assi portanti della
democrazia e delle relazioni internazionali moderne.
Neofascismo
C’è però un’altra ideologia di
ritorno ancor più pericolosa di quelle appena viste, il «neofascismo».
Forse il termine è improprio, ma non c’è dubbio che in molti Paesi europei l’aspirazione
all’«uomo forte», all’«uomo della provvidenza», all’uso della forza per imporre
l’ordine, ecc. sta crescendo. Lo si osserva facilmente sui social, nelle
manifestazioni di partito o di gruppo, nei simboli esibiti, nelle celebrazioni
di anniversari.
Anche in Italia da qualche anno si assiste, spesso nell’indifferenza
generale, a manifestazioni con migliaia di partecipanti che rendono omaggio al
duce e sottolineano quanto, sotto il fascismo, si stesse meglio. Se la
nostalgia individuale è legittima, rivendicare nel caso specifico un «passato
glorioso», perché ci furono nei primi anni del regime momenti di slancio innovativo
e produttivo, significa scambiare la parte per il tutto e soprattutto
mistificare un ventennio che fu deleterio per il popolo italiano.
I rigurgiti del
fascismo sono pericolosi non tanto perché si tenta di rispolverare un passato
per nulla glorioso dell’Italia, ma perché i messaggi trasmessi sono
ingannevoli. Infatti non serve l’«uomo forte» per risolvere il disagio sociale,
ma bastano buone leggi applicate bene. Non serve la chiusura dei porti o il
blocco navale per risolvere il problema dei profughi, ma basta una buona
politica dell’accoglienza e dell’integrazione. Oltretutto sarebbe anche
nell’interesse dell’Italia e del suo sviluppo sostenibile.
I cattolici, che
possono attingere a piene mani dalla tradizione cristiana, devono essere esempi
di riferimento positivi in tutti i campi, dalla politica alla socialità, dalla
cultura alla solidarietà.
Giovanni Longu
Berna 2.10.2019
Berna 2.10.2019
* Questo articolo è stato pubblicato su Insieme (mensile della MCLI di Berna) n. 11/Novembre 2019
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