Inizia oggi 20 novembre 2013 all'Università delle Tre Età (UNITRE) di Soletta un corso sulle relazioni amichevoli tra l’Italia e la Svizzera, che durano ormai da oltre 150 anni. Si chiarirà anzitutto in che senso si può parlare di «amicizia» tra due Stati vicini. Poi, una volta individuati i settori in cui i rapporti italo-svizzeri sono (stati) più o meno importanti e più o meno problematici, si cercherà di seguirne l’evoluzione dalla proclamazione dell’Unità d’Italia (1861) ai giorni nostri.
La storia delle relazioni politiche, economiche e culturali tra la Confederazione e l’Italia, l’importanza fin qui avuta dalla numerosa collettività italiana e il senso generale della collaborazione e dell’amicizia italo-svizzera costituiranno i temi principali del corso.
Perché un corso sull'«amicizia» italo-svizzera?
La scelta del tema nasce anzitutto
da una costatazione piuttosto amara: gli italiani, anche quelli residenti in
Svizzera, conoscono molto poco la storia delle relazioni italo-svizzere.
Dovrebbe essere invece normale che, soprattutto le giovani generazioni (ma
anche le prime che hanno deciso di fermarsi più a lungo del previsto o definitivamente
in questo Paese) conoscano questa storia almeno a grandi linee. In fondo si
tratta di due Paesi non solo vicini territorialmente, ma anche storicamente,
culturalmente, economicamente, socialmente. Oltretutto questa conoscenza può
essere illuminante per capire che le buone relazioni bilaterali e multilaterali
sono indispensabili agli Stati moderni per svilupparsi pacificamente e
prosperare.
Statua delle due sorelle, Svizzera e Italia, collocata alla stazione di Chiasso per ricordare la prima grande impresa ferroviaria comune |
Storia intensa e interessante
Il corso sui «150 anni di amicizia
tra la Svizzera e l’Italia» vuol essere un tentativo per superare tale
paradosso conoscendo meglio oltre 150 anni di storia comune, tra l’altro
molto intensa e interessante.
Un’altra spinta ad affrontare questo
tema all’UNITRE di Soletta è venuta dalla consapevolezza che la comunità
italiana o di origine italiana in Svizzera non è solo rilevante numericamente,
ma sta diventando sempre più importante anche politicamente, socialmente ed
economicamente. Sarebbe un peccato che soprattutto le giovani generazioni non
avessero nozione di come si è giunti a questa situazione, di come hanno
interagito le politiche migratorie dell’Italia e della Svizzera, di quanto
impegno hanno richiesto e ancora richiedono da parte di entrambi i Paesi il processo
d’integrazione ancora in corso e allo stesso tempo la salvaguardia e la
valorizzazione dell’italianità. Purtroppo molti giovani sono ignari di
questi processi perché gli adulti a loro volta ne sono (stati) spesso
protagonisti inconsapevoli. Si tratta quindi di recuperare un po’ di conoscenza
della nostra storia comune.
Lontananza dall’Italia
Una terza ragione a giustificazione
della scelta del tema delle relazioni italo-svizzere deriva dal desiderio di
maggior chiarezza nei rapporti soprattutto istituzionali tra i cittadini
italiani e l’Italia. La percezione assai diffusa che la collettività italiana
di oggi è molto diversa da quella di 20-30 anni fa e che si sta ulteriormente allontanando
a causa della sempre maggiore integrazione in questo Paese e del progressivo
allentamento dei vincoli col Paese d’origine, pone numerosi interrogativi sul
futuro e sulla natura dei legami che le nuove generazioni possono ancora avere con
l’Italia.
Alcuni cambiamenti intervenuti
negli ultimi decenni sono emblematici. Uno degli effetti più evidenti
dell’integrazione linguistica, scolastica, professionale e sociale dei giovani
è stato il loro allontanamento quasi totale da tutte quelle forme di
associazionismo sorte nel dopoguerra per cercare di risolvere problemi tipici
della prima generazione. Anche i rapporti degli italiani qui residenti con le
rappresentanze diplomatiche e consolari sono notevolmente cambiati, come sono
cambiati i rapporti soprattutto tra le giovani generazioni e l’Italia delle istituzioni
(Parlamento, Governo, Capo dello Stato, ecc.).
Gruppo di allievi e insegnanti dell'UNITRE di Soletta (2013) |
Il corso cercherà di rispondere
anche ad alcuni interrogativi che queste costatazioni pongono. Per esempio:
Qual è (stata) la politica italiana nei confronti della lingua e della cultura
italiana in questo Paese? Quale tipo di rapporti è auspicabile tra i giovani
italiani e l’Italia? Servono ancora i cosiddetti «organismi di rappresentanza» tipo
Comites e CGIE? Sono utili o addirittura dannosi i partiti politici italiani
operanti in Svizzera? Ovviamente le risposte non sono garantite.
Aspetti del corso
Il corso seguirà l’ordine
cronologico degli eventi (accordi bilaterali, incontri, visite di Stato,
ecc.), dalla proclamazione dell’Unità d’Italia (17 marzo 1861) alla prossima
visita in Svizzera del Capo del governo Enrico Letta. Si ricorderà che l’avventura
dei rapporti bilaterali è iniziata con qualche esitazione, anche se la Svizzera
è stata una delle prime nazioni a riconoscere Il Regno d’Italia.
I rapporti italo-svizzeri si sono poi sviluppati nel tempo
con molto dinamismo, soprattutto agli inizi (si pensi alle intense
collaborazioni in materia di costruzioni ferroviarie e alla libera circolazione
delle persone). Ovviamente l’evoluzione dei rapporti non è avvenuta sempre in
rapida progressione, anzi ci sono stati cali d’intensità, contrasti e persino
regressi, ma ciononostante hanno raggiunto oggi un livello qualitativo e
quantitativo molto elevato. Tanto che non c’è praticamente incontro
ufficiale tra rappresentanti dei due Paesi, in cui i rapporti bilaterali non
vengano definiti come «eccellenti» e non si sottolinei lo spirito di
collaborazione e di amicizia che li contraddistingue.
E’ vero che nelle cerimonie ufficiali i riferimenti ai buoni
rapporti bilaterali e alla solida amicizia mancano spesso di sincerità, ma nel
caso della Svizzera e dell’Italia corrispondono alla storia e, nella sostanza,
alla realtà, data soprattutto dalla presenza nella Confederazione di una collettività
italiana (costituita sempre più di seconde e successive generazioni) che è
evoluta costantemente non solo in numero ma anche in qualità, fino a diventare
una componente stabile di prim'ordine in questo Paese.
Alla fine del corso, proprio alla
luce dell’intensità e della qualità delle relazioni tra l’Italia e la Svizzera,
ci si potrà domandare perché mai restino ancora aperte certe questioni che
apparentemente non sembrano affatto corrispondere a quello spirito di amicizia
e di collaborazione. Penso in particolare alle questioni fiscali, alle «liste
nere» italiane, alla problematica sui frontalieri, ecc.
Per ogni periodo storico si
cercherà di inquadrare gli eventi più importanti nel contesto delle relazioni
generali tra i due Paesi, facendo notare di volta in volta i vantaggi reciproci
o di una sola parte a seconda del «peso» e della particolare situazione
politica, economica e sociale di ciascuna delle due parti.
Centralità della collettività italiana
Un punto di vista privilegiato
nell'esame delle relazioni italo-svizzere nel passato e nel presente sarà quello
degli effetti diretti e indiretti prodotti sulla collettività italiana
in Svizzera. Non verranno cioè esaminati i rapporti bilaterali soltanto per gli
effetti che producono in termini di scambi commerciali, finanziari e persino
culturali, ma si terrà presente in maniera speciale la ricaduta sugli italiani
che vivono e lavorano in questo Paese.
Si esamineranno pertanto in modo
speciale tutti gli accordi d’emigrazione intervenuti a partire dal primo accordo
del 1868, i principali interventi dei due Stati per migliorare le condizioni di
lavoro, economiche, sociali, salariali, abitative, ecc. dei lavoratori italiani
immigrati, la politica italiana in materia linguistica e culturale, la politica
svizzera in materia d’integrazione, di naturalizzazione e di salvaguardia dell’italianità.
Punto di vista europeo
Un altro punto di vista che verrà
tenuto presente durante il corso è quello europeo. Oggi infatti non si può non
osservare che entro i confini europei anche le relazioni bilaterali tra Stati hanno
necessariamente anche una valenza europea. In effetti anche nelle
relazioni italo-svizzere alcuni problemi (si pensi ad esempio alla tanto
dibattuta questione dello statuto di stagionali vissuto drammaticamente da
moltissimi lavoratori italiani soprattutto negli anni ’60 e ’70) sono stati
facilmente risolti nel quadro più ampio delle trattative tra la Svizzera e
l’Europa. Oggi, addirittura, gran parte dei rapporti italo-svizzeri rientra
nella normalità dei rapporti Svizzera-Unione Europea (si pensi alla libera
circolazione delle persone).
Una parte, tuttavia, forse la più
solida nonostante non sia regolata da trattati, è veicolata dalla comunità
italiana residente stabilmente in Svizzera con la sola cittadinanza italiana o
con la doppia cittadinanza. In altre parole, la migliore garanzia per le buone
relazioni tra l’Italia e la Svizzera è o dovrebbe essere la componente
«italiana», soprattutto culturalmente, diffusa e importante in tutti i settori
economici, sociali e culturali di questo Paese. L’integrazione degli italiani ne
è un aspetto emblematico.
Giovanni Longu
Berna, 20.11.2013
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