07 marzo 2017

Italiani in Svizzera: 8. Inforestierimento e naturalizzazione



Una delle conseguenze del dibattito di fine XIX e inizio XX secolo sul «problema degli stranieri» e sull’«inforestierimento» fu l’avvio di una discussione, che dura ormai da più di un secolo, sulle naturalizzazioni. Il risultato della votazione del 12 febbraio 2017 sulla «naturalizzazione agevolata degli stranieri della terza generazione» rappresenta a mio avviso solo una conclusione parziale e provvisoria, rispetto alle attese maturate nel secolo scorso tra la popolazione sia straniera che svizzera. Poiché la discussione sembra destinata a prolungarsi nel tempo, può essere interessante rievocare quanto veniva già sostenuto da molti svizzeri più di un secolo fa.

Naturalizzazione agevolata contro l’«inforestierimento»

All’inizio del XX secolo fino allo scoppio della prima guerra mondiale, l’inforestierimento percepito ormai in tutti i campi (demografico, economico, culturale, «spirituale» e persino politico) sembrava pericoloso e inaccettabile i governi cantonali e per l’opinione pubblica. Nessuno, però, nemmeno il governo federale, era in grado di proporre una soluzione che raccogliesse se non l’unanimità almeno la maggioranza dei consensi.
La proposta maggiormente discussa per risolvere almeno in parte il problema dell’inforestierimento demografico (il 7,9% di stranieri nel 1888) concerneva l’agevolazione della naturalizzazione della parte più «assimilata» degli stranieri, ossia di quelli nati e cresciuti in Svizzera. «Questi forestieri nati in Isvizzera – scriveva all’inizio del 1900 un quotidiano ticinese  - sono nella maggior parte Svizzeri di cuore e sentono e la pensano come noi. Ma noi non abbiamo fatto nulla per assicurarci almeno questi elementi. Questi forestieri che hanno frequentate le nostre scuole, che parlano i nostri dialetti, noi lasciamo che continuino ad essere forestieri …».
Poiché nessuna proposta faceva l’unanimità e nemmeno la maggioranza dei Cantoni, ognuno di essi si dotò di una propria legislazione nemmeno in sintonia con quella degli altri. Vi erano così Cantoni più disponibili, persino a concedere «gratuitamente» la naturalizzazione sia pure dopo un periodo di soggiorno prolungato (per es. di 15 anni come a Basilea Città), e Cantoni (quasi) totalmente chiusi alle naturalizzazioni. Nel mezzo era possibile trovare di tutto, Cantoni che usavano le naturalizzazioni per compensare gli svizzeri emigrati, Cantoni che naturalizzavano con molta facilità stranieri facoltosi e persino Cantoni che usavano le naturalizzazioni per specularci.
Questa diversità di regolamentazioni si spiega non solo per le difficoltà di raggiungere un’intesa tra tutti i Cantoni, ma anche per l’ostilità di molti di essi a un possibile intervento  della Confederazione in una materia da sempre nella potestà dei Cantoni.

Verso un cambio di prospettiva e nuovi traguardi
Solo lentamente si è fatta strada, soprattutto nella seconda metà del secolo scorso, l’idea che il problema della naturalizzazione agevolata andasse visto e risolto in maniera unitaria e condivisa tra Confederazione e Cantoni, tenendo conto del progressivo venir meno dei nazionalismi e soprattutto del reciproco interesse delle parti: l’interesse dello Stato a «riconoscere i propri figli» (l’espressione è della consigliera nazionale Ada Marra) come propri cittadini a pieno titolo e l’interesse degli stranieri naturalizzandi a superare l’ingiusto statuto di «cittadini di fatto» e «stranieri di carta».
Non mi ha meravigliato il fatto che l’esito della votazione del 12 febbraio scorso sulla naturalizzazione agevolata per le terze generazioni non sia stato festeggiato (come forse qualcuno si attendeva). In effetti si è trattato di un risultato largamente atteso, poco contrastato (mancavano infatti seri argomenti contro) e giunto tardivamente. Per di più il testo in votazione era ben lontano dalle richieste più progressiste avanzate oltre un secolo fa. Quando ancora non si parlava della terza generazione si diceva chiaro e tondo che bisognasse facilitare e rendere economicamente più accessibile la naturalizzazione dei figli nati in Svizzera da stranieri domiciliati, ossia della seconda generazione.
Mentre in tutto il mondo si fa strada l’idea che i figli ben integrati degli immigranti debbano essere agevolati, anche finanziariamente, nell’ottenimento della cittadinanza dei Paesi ospiti e qualcuno di questi è disposto a concederla automaticamente, sia pure a certe condizioni, in Svizzera dovrebbe essere considerato un grande successo essere riusciti a strappare alla maggioranza del Popolo e dei Cantoni un sì alla naturalizzazione agevolata, a richiesta, degli stranieri di terza generazione? Non mi pare e spero che il percorso intrapreso più di un secolo fa non si sia concluso il 12 febbraio 2017, ma continui.
Anche le seconde generazioni attendono la possibilità di una naturalizzazione agevolata e poco onerosa, senza pretese esagerate sull’integrazione. Questa, semmai, andrebbe anch’essa agevolata, incoraggiando per esempio ogni forma di partecipazione nelle istituzioni pubbliche, dai comitati di quartiere ai partiti politici, dalle commissioni scolastiche al voto amministrativo. Per questo ritengo che la strada dell’integrazione e della naturalizzazione facilitata per tutti sia in buona parte ancora da percorrere. (Segue)

1 commento:

  1. La prima generazione sono persone che percepiscono la pensione svizzera e vivendo in Svizzera spendono in Svizzera.
    La seconda generazione farà lo stesso fra una decina di anni.
    Fatti quattro conti e mettendo da parte la morale mi sembra che naturalizzarli conviene.

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