27 gennaio 2016

Capire la Svizzera: 13. La democrazia svizzera è un modello insuperabile?


Molte costituzioni moderne ai primi articoli sanciscono il principio che «la sovranità appartiene al popolo», precisando tuttavia i limiti entro cui si esercita. Quella italiana, per esempio, stabilisce che il popolo esercita il suo potere sovrano «nelle forme e nei limiti della Costituzione» (art. 1, cpv. 2); quella francese è più esplicita: «La sovranità nazionale appartiene al popolo che la esercita per mezzo dei suoi rappresentanti e mediante referendum» (art. 3, cpv. 1); quella tedesca è più dettagliata: «Tutto il potere statale emana dal popolo. Esso è esercitato dal popolo per mezzo di elezioni e di votazioni e per mezzo di organi speciali investiti di poteri legislativo, esecutivo e giudiziario» (art. 20).

Diritti popolari sempre più ampi
Leggendo queste e altre affermazioni simili si ha l’impressione che i costituenti dei vari Paesi si siano preoccupati più di limitare che di estendere i diritti popolari. La Costituzione svizzera dà invece un’altra impressione, quella di ricordare costantemente alle istituzioni e ai cittadini che la sovranità popolare è illimitata e reale, benché la si debba esercitare secondo determinate regole (per esempio, tipo di maggioranza richiesta, numero di firme necessarie, ecc.) e non in maniera selvaggia, ai fini del buon governo e non per sopraffare le minoranze.
Tale impressione si basa oltre che sul testo costituzionale attuale anche sulla storia della democrazia in Svizzera. Il nucleo essenziale risale al 1848, quando già la prima Costituzione federale prevedeva il diritto di voto (democrazia rappresentativa) e il referendum obbligatorio per tutte le revisioni parziali o totali della Costituzione; ma fu la revisione totale del 1874 che segnò il passaggio decisivo alla democrazia diretta introducendo il referendum facoltativo contro tutte le leggi federali e contro i decreti federali di carattere obbligatorio generale. Ulteriori ampliamenti dei diritti popolari si ebbero nel 1891 con l’introduzione dell'iniziativa popolare per la revisione parziale della Costituzione federale, nel 1921 con l’estensione del referendum applicato ai trattati internazionali e i successivi ampliamenti del 1977 e 2003.
La storia dei diritti popolari in Svizzera non registra solo il progressivo sviluppo di tali diritti, ma ne indica anche l’origine. Questa getta ulteriore luce sulla democrazia svizzera perché non furono le maggioranze al potere a favorire l’estensione dei diritti popolari, ma furono le minoranze e i movimenti di opposizione che non si sentivano sufficientemente rappresentati nelle istituzioni dominanti a reclamare fino ad ottenere per l’insieme del popolo sovrano un potere quasi illimitato di controllo, di verifica, di approvazione ma anche di rigetto di molte decisioni delle istituzioni.

Sovranità popolare quasi illimitata
Che tale potere del popolo sia «quasi illimitato» lo prova il fatto stesso che il popolo e soltanto lui può modificare o quantomeno approvare ogni cambiamento costituzionale e dunque anche le regole con cui esercita il suo potere sovrano. Tanto è vero che la Costituzione svizzera non impone limiti sostanziali alla sovranità popolare, mentre indica chiaramente, fin dal 1848, che i poteri della Confederazione, cioè dello Stato federativo, sono «limitati» dalla maggioranza dei Cantoni e dalla maggioranza del Popolo. A differenza di gran parte degli Stati europei, in cui la Costituzione, il Parlamento, il Governo o la Corte costituzionale possono limitare i diritti popolari, in Svizzera né il Parlamento né il Governo né i partiti politici né gruppi d’interesse hanno la facoltà di controllare la democrazia diretta.
La Costituzione federale è chiara: quando all’articolo 148 capoverso 1 stabilisce che «l’Assemblea federale esercita il potere supremo nella Confederazione», aggiunge immediatamente «fatti salvi i diritti del Popolo e dei Cantoni».
Un caso emblematico è il referendum finanziario: mentre esso esiste a livello cantonale (generalmente riguardo alle spese), non esiste a livello federale, ma non perché lo escluda la Costituzione o una legge federale, bensì perché l’adozione di questo tipo di referendum è stata sempre respinta. Un altro caso è l’iniziativa popolare legislativa: in Svizzera gli elettori non possono proporre in forma articolata una nuova legge mentre possono modificare la Costituzione semplicemente perché il popolo non ha mai voluto aggiungere alle svariate possibilità d’intervento in suo possesso anche quella tipicamente parlamentare e governativa.
E’ bene notare che il popolo svizzero non è solo titolare di un diritto sovrano, ma è anche consapevole di averlo, per cui l’idea (presente in molti tecnocrati europei) che gli svizzeri possano rinunciare in qualche modo alla loro piena sovranità o ridurre per decisione di poteri stranieri l’esercizio dei propri diritti democratici significa non conoscere la storia della Confederazione e le lotte del popolo svizzero per la libertà, l’indipendenza e il benessere. Se il rappresentante di un grande Paese membro dell’Unione europea dice che il suo Paese non è disposto a farsi telecomandare da Bruxelles, è facile immaginare cosa potrebbe dire qualunque rappresentante della Svizzera che non fa parte dell’UE.

Validità e limiti della democrazia diretta
Sulla democrazia diretta o semidiretta svizzera si è molto discusso e le discussioni si animano ancora soprattutto in prossimità di votazioni popolari il cui esito potrebbe avere ampie ripercussioni sull’intera società. La domanda fondamentale è soprattutto la seguente: è ancora giustificata la democrazia diretta? Formulata diversamente, la domanda potrebbe essere: non è forse eccessiva la sovranità praticamente illimitata del popolo svizzero?
La risposta non è univoca e spesso non è nemmeno semplice. Sebbene la maggioranza degli svizzeri sia convinta che la democrazia svizzera non abbia eguali almeno negli Stati europei, non sono pochi coloro che la ritengono inutile e persino pericolosa. Inutile perché, come negli altri Stati, anche in Svizzera la democrazia rappresentativa dovrebbe essere sufficiente. In fondo, le assemblee elettive sono espressione della volontà popolare e quindi pienamente legittimate ad agire per il bene della nazione. Pericolosa perché il popolo svizzero, non diversamente da altri, si lascerebbe facilmente suggestionare e sviare da un ragionamento che dovrebbe essere oggettivo, logico e lungimirante.
Credo che meritino rispetto sia la convinzione della maggioranza che le osservazioni delle minoranze. Circa queste ultime si può tuttavia obiettare che anche la democrazia rappresentativa parlamentare non esclude appunti dello stesso genere. E quando si afferma, per esempio, che il popolo svizzero, per quanto sovrano, non ha le competenze sufficienti per giudicare e decidere oggetti complessi, di portata nazionale e internazionale (il pensiero corre spontaneamente alla decisione del 9 febbraio 2014 sulla limitazione dell’immigrazione di massa e alla prossima votazione sulle espulsioni degli stranieri criminali), viene da chiedersi in quante assemblee rappresentative i votanti sono realmente competenti nella materia che votano. Inoltre, si è davvero convinti che i delegati al Parlamento siano così ben preparati e, soprattutto, così interessati a promuovere il bene comune piuttosto che l’interesse proprio o di partito? Chi non sa che, a prescindere dalle affermazioni di principio per cui i parlamentari dovrebbero votare senza vincolo di mandato e di partito, in realtà in molti Parlamenti la disciplina di partito è seguita rigidamente?

Democrazia svizzera come modello insuperabile?
D’altra parte, accettare senza batter ciglio, che il popolo, essendo sovrano, ha sempre ragione, comunque voti, mi pare eccessivo. E’ facile, infatti, che in mancanza di informazioni sufficienti e corrette il popolo votante possa incorrere in errore. In un caso del genere, credo che le istituzioni, pur rispettando immediatamente il verdetto popolare, debbano provvedere a rimediare all’errore, fornendo allo stesso popolo sovrano più ampie e approfondite informazioni per rivotare sullo stesso argomento. Spesso infatti il voto dei cittadini rispecchia più le suggestioni che le convinzioni. La maggioranza dei cittadini non è mai disposta a farsi del male con le proprie mani.
In generale, credo che la democrazia diretta com’è praticata in Svizzera sia un esempio straordinario di partecipazione responsabile del popolo alla gestione della cosa pubblica. Non ritengo tuttavia che sia allo stato attuale un modello insuperabile. E’ sicuramente migliorabile. Riuscisse a superare certe barriere psicologiche che portano ad una eccessiva chiusura, aprendosi maggiormente sia al mondo circostante (penso in particolare al principio della libera circolazione delle persone e all’accoglienza degli immigrati e dei profughi) che allo stesso mondo svizzero (estendendo i diritti popolari almeno agli stranieri residenti stabilmente da molti anni), sono convinto che il modello svizzero di democrazia semi-diretta sarebbe di sprone e di esempio per la realizzazione del difficile progetto di Unione europea.
Giovanni Longu
Berna, 27.1.2016