14 maggio 2014

1914: 3. La Svizzera e la coesione nazionale


Per capire la Svizzera (e gli svizzeri) bisognerebbe capire le sue origini, i suoi miti di fondazione (Guglielmo Tell e il giuramento del Grütli), le sue tradizioni, la sua storia, ma anche la sua geografia (
un paese alpino senza sbocco al mare), il senso delle sue montagne e delle sue vallate, le immagini che di essa hanno tramandato i suoi celebri scrittori e artisti.
Una delle personalità che è riuscita meglio di molte altre a capire l’essenza di questo Paese e a darne un’immagine plastica mi sembra il grande scrittore, drammaturgo e pittore svizzero Friedrich Dürrenmatt (1921-1990). Poche settimane prima della sua morte, in occasione del conferimento del premio Gottlieb Duttweiler allo scrittore e uomo politico ceco Václav Havel, Dürrenmatt tenne un discorso rimasto celebre soprattutto, credo, per l’immagine usata a proposito della Svizzera e degli svizzeri.

Svizzera come una prigione?
Friedrich Dürrenmatt
Egli paragonò la Svizzera a una prigione, costruita dagli stessi svizzeri, dove «si sono rifugiati perché soltanto lì si sentono al riparo da eventuali aggressioni, perché fuori di essa tutti si scagliano gli uni contro gli altri». Nello stesso discorso sostenne anche che «gli svizzeri si sentono liberi, più liberi di tutti gli altri, liberi, da prigionieri, nella prigione della loro neutralità».
Di seguito, Dürrenmatt precisava poi il senso delle sue affermazioni, spiegando che il problema è la neutralità svizzera: «La neutralità è motivo di discussione, di sofferenza, ha una connotazione ambivalente: rende liberi perché sicuri di non essere aggrediti e coinvolti nei conflitti del resto del mondo ma, allo stesso tempo, rende prigionieri perché limita la libertà di agire, la possibilità di scendere in campo attivamente. Il problema di questa prigione è dimostrare che essa deve essere vissuta come un baluardo della libertà».
Si può condividere o meno questa immagine di Dürrenmatt, ma non c’è dubbio che una delle chiavi interpretative dell’intera storia svizzera, dal (presunto) giuramento del Grütli al difficile rapporto della Svizzera di oggi con l’Unione Europea, è la concezione della neutralità di un popolo fiero, libero, circondato da grandi potenze spesso in guerra fra loro, protetto solo parzialmente da montagne e senza sbocchi sul mare. Che la geografia di questo Paese abbia creato problemi ai suoi abitanti è innegabile. Ma forse ha ragione Dürrenmatt quando considera l’attaccamento irrinunciabile degli svizzeri alla propria neutralità anche un limite alle possibilità di un intervento diretto e positivo della Svizzera in tante situazioni difficili, soprattutto a livello europeo.

Nascita e scopo della Confederazione
Non si può tuttavia negare, da un punto di vista strettamente storico, che l’attività esterna della Svizzera è sempre stata condizionata dal grado di coesione dei suoi cittadini, da quella che comunemente si chiama «identità nazionale». Basta ricordare com'è nata la moderna Confederazione nel 1848. Solo un anno prima la vecchia Confederazione aveva rischiato di scomparire in seguito alle lotte tra Cantoni cattolici e Cantoni protestanti, sull'orlo della guerra civile. Oltre alla spaccatura confessionale, un’altra linea di demarcazione era costituita dalla frontiera linguistica che spesso opponeva Cantoni tedeschi e Cantoni francesi. Per non parlare delle altre numerose differenze, che rendevano i 22 Cantoni disomogenei e spesso in contrasto.
Per parecchi decenni è sempre stato prioritario rafforzare la coesione nazionale. Del resto è con questa finalità che nel 1848 i 22 Cantoni svizzeri decisero di adottare una nuova Costituzione per fondare la moderna Confederazione, ossia «allo scopo di rassodare la lega dei Confederati, di mantenere ed accrescere l’Unità, la Forza e l’Ordine della Nazione Svizzera» (Preambolo della Costituzione federale del 1848, modificato nell'ultima revisione in «rinnovare l’alleanza confederale e consolidarne la coesione interna, al fine di rafforzare la libertà e la democrazia, l'indipendenza e la pace, in uno spirito di solidarietà e di apertura al mondo»).
Da allora, coerentemente, le autorità federali hanno fatto di tutto per evitare che le differenze linguistiche, confessionali, culturali, ma anche economiche potessero degenerare in lotta politica e conflitti sociali. Inoltre, allo scopo di salvaguardare la pacifica convivenza democratica e sostenere lo sviluppo del Paese hanno provveduto fin dall'inizio a creare strutture federali centrali efficienti, a consolidare il diritto federale, unificante ma al tempo stesso rispettoso delle autonomie locali, a fissare eque rappresentanze linguistiche e regionali negli organismi elettivi federali, a favorire l’iniziativa privata in tutti i campi dell’economia, della ricerca e della cultura, a garantire la libera circolazione e la libertà d’insediamento in qualsiasi parte della Confederazione di tutti i cittadini svizzeri, a creare un sistema di perequazione finanziaria sostenibile, ecc.

L’esposizione nazionale del 1914…
Anche l’esposizione nazionale del 1914 doveva contribuire al raggiungimento di tale obiettivo. Essa cadeva in un momento molto particolare, dopo un lungo periodo di crescita economica, tecnologica e culturale che la Svizzera doveva consolidare, e alla vigilia del primo grande conflitto mondiale che stava per divampare alle sue frontiere e che avrebbe potuto coinvolgerla, almeno indirettamente.
Nello spirito dei tempi, tra patriottismo e nazionalismo, quale mezzo più efficace per esaltare i valori di un popolo di una esposizione che proponesse ai milioni di visitatori i progressi compiuti dalla scienza e dalla tecnica nell'industria, nel commercio, nelle comunicazioni, ma anche nella cultura e nella qualità della vita di un’intera nazione rivolta decisamente al futuro? Nelle intenzioni degli organizzatori era un’occasione che avrebbe senz'altro favorito l’identità e persino un certo orgoglio nazionale.
Allo stesso tempo, tuttavia, dato il particolare momento storico, l’esposizione al grande pubblico nazionale e internazionale delle ultime conquiste tecnologiche e dell’alto livello di benessere raggiunto dal popolo svizzero doveva proporre alle altre Nazioni l’immagine di un Paese unito, moderno, efficiente, bene organizzato, economicamente solido e proiettato verso il futuro.
Qualcosa di simile era già avvenuto nell'esposizione del 1883 a Zurigo (un anno dopo l’inaugurazione del tunnel ferroviario più lungo del mondo) e in quella del 1896 di Ginevra (esaltazione dei macchinari e dell’elettricità). Quella del 1914 doveva rappresentare una sorta di somma dei progressi compiuti dalla Svizzera in tutti i campi, degna di meritare considerazione e rispetto da parte del mondo intero. L’identità nazionale doveva risultarne rafforzata all'interno come all'esterno.

…«manifestazione possente dell’attività nazionale»
E’ significativo in proposito il discorso d’inaugurazione dell’esposizione che il 15 maggio 1914 tenne il Presidente della Confederazione Arthur Hoffmann.
Arthur Hoffmann
Dopo aver ricordato che «questo giorno di festa è il coronamento di lunghi anni di intenso lavoro, e di ammirevole laboriosità» passò ai ringraziamenti: «Grazie, a tutto il popolo svizzero. Grandi e piccoli, poveri e ricchi, possenti e deboli, dal direttore al manovale, dall'artista al più modesto artigiano, dal grande industriale al semplice contadino, ciascuno ha contribuito all'opera immensa e merita oggi la nostra riconoscenza e la nostra ammirazione incondizionata. Noi possiamo dire con fierezza che questa esposizione è una manifestazione possente dell'attività nazionale. Essa è altresì un programma per l'avvenire. Non ignoriamo le difficoltà e le barriere colle quali si urta il nostro sviluppo economico».
Estendendo l’orizzonte anche fuori della Svizzera, Hoffmann, non nascose la sua soddisfazione di costatare che la Svizzera ha dovuto e saputo superare numerosi ostacoli: «Ovunque noi volgiamo gli sguardi, troviamo ostacoli insuperabili, ovunque troviamo l'aspro combattimento contro la concorrenza straniera. Felicitiamoci, tuttavia, che malgrado gli ostacoli, e a dispetto della svantaggiosa situazione del nostro Paese privo di sbocchi al mare e povero di materia prime, noi siamo riusciti a condurlo a uno dei primi posti nel commercio delle nazioni. Difendere questa conquista e aumentarla, deve essere l'obbiettivo delle forze riunite tra popolo e autorità svizzere».
Probabilmente Hoffmann era sinceramente convinto che da questa esposizione l’identità e la coesione nazionale sarebbero uscite rafforzate e avrebbero costituito una garanzia per la solidità dell’immagine della Svizzera nel panorama internazionale. Questo era almeno il suo auspicio. Non poteva certo rendersi conto che le difficoltà erano tutt'altro che superate definitivamente. In effetti si verificarono ben presto dissidi interni, ad esempio tra romandi e svizzeri tedeschi, già durante la guerra e anche in seguito. Tuttavia, il sentimento di appartenenza ad una nazione unita e forte, decisa a difendere con ogni mezzo la sua sovranità e integrità andò sempre più rafforzandosi nella coscienza svizzera fino ai nostri giorni.

Aprirsi all’Europa
Per questo ritengo che, almeno nel complesso, l’obiettivo primordiale della Confederazione della coesione e dell’identità nazionali, ribadito a più riprese nella storia della Svizzera e anche in occasione dell’esposizione del 1914, è stato ampiamente raggiunto. Pertanto, probabilmente è venuto il momento di andare oltre, di abbandonare certe posizioni troppo difensive (tipo: «la Svizzera non è una colonia europea», «contro l’adesione strisciante all’UE», ecc.), di superare l’ostacolo di cui parlava Dürrenmatt e aprirsi maggiormente alle moderne problematiche dell’integrazione europea, della libera circolazione non solo dei beni e dei servizi ma anche delle idee e delle persone, dell’«Europa senza frontiere» e simili.

Giovanni Longu
Berna, 14.5.2014