25 settembre 2013

L’Italia s’è desta?


Alcuni segnali fanno sperare in una ripresa delle relazioni diplomatiche tra l'Italia e la Svizzera. Non che queste relazioni si siano mai interrotte, ma certo non si può dire che in questi ultimi anni siano state ottime, benché non abbia esitato a definirle tali proprio recentemente la ministra degli esteri italiana Emma Bonino. Basti pensare al rifiuto del Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano di venire in Svizzera, poco più di un anno fa, o ai tanti dubbi dell’allora presidente del Consiglio dei ministri Mario Monti.

Tanti problemi: e le soluzioni?
La spinosa questione sembra essere quella relativa agli ingenti (così si dice) depositi di denaro sottratti in passato illecitamente al fisco italiano e al rifiuto della Svizzera di fornire informazioni automatiche anche su di essi (e non solo d’ora in avanti). Oltre alla delicata questione fiscale ve ne sono tuttavia anche altre che attendono da anni una soluzione adeguata. Si pensi anche solo al problema dei trasporti. Agli sforzi della Svizzera di contribuire, nei tempi e nei modi più opportuni e con costi finanziari ingenti, alla realizzazione dell’asse ferroviario europeo nord-sud, Amsterdan-Genova, l’Italia sembra rispondere solo a rilento, con scarsità d’interventi e finanziamenti inadeguati.
Al Ticino in particolare preme anche che s’intervenga, in Svizzera, sugli artigiani italiani operanti nelle regioni di frontiera, i cosiddetti «padroncini», accusati dalle piccole e medie imprese svizzere di «concorrenza sleale». Essi, infatti, per i servizi sotto i 10.000 franchi non sono soggetti al pagamento dell’imposta sul valore aggiunto (IVA), a differenza degli artigiani svizzeri, che subiscono in tal modo un netto svantaggio. Un segnale della serietà del problema è venuto pochi giorni fa dal Consiglio nazionale che ha approvato all’unanimità (172 voti favorevoli, nessuno contrario e nessun astenuto) una mozione dell’on. Ignazio Cassis, che chiedeva di sottoporre anche gli stranieri al pagamento dell’IVA per qualsiasi importo della prestazione. La mozione dovrà ancora essere discussa dal Consiglio degli Stati ma nessuno ha dubbi sulla sua approvazione.
Intanto sono sempre più numerose le aziende che dalla Lombardia si trasferiscono nel Ticino, nonostante gli inviti del governatore Roberto Maroni a restare.
Inoltre, è sicuramente una questione d’interesse comune tra l’Italia e la Svizzera il rafforzamento della lingua e della cultura italiana. Anche al riguardo la collaborazione bilaterale attende segnali concreti, più dalla parte italiana che da quella svizzera.

Urgenza dei lavori ferroviari
Se tanti sono i problemi sul tappeto, non dev'esserci alcun dubbio, alla luce della ultracentenaria amicizia e collaborazione tra l’Italia e la Svizzera, che prima o poi si troveranno le soluzioni. Bisognerebbe tuttavia evitare di perdere tempo e concretizzare in tempi ragionevoli le buone intenzioni. In questa direzione spingono, mi sembra, anche i recenti incontri di alcuni ministri dei due Paesi.
La consigliera federale Doris Leuthard, ministra dei trasporti, in visita a Roma, all’inizio del mese, ha sottolineato l’importanza di una politica di trasferimento del traffico dalla strada alla rotaia e la realizzazione o il potenziamento delle tratte ferroviarie a sud di Alptransit. Da parte sua, il ministro dei trasporti Maurizio Lupi ha assicurato una particolare attenzione alla realizzazione del collegamento Mendrisio-Varese e al tratto ferroviario Busto Arsizio-Gallarate-Luino-San Gottardo, considerato di interesse prioritario per il trasporto merci. Si tratta ora di passare dall’attenzione alla realizzazione.

Nuovo slancio nei rapporti bilaterali
Didier Burkhalter e Emma Bonino (Berna 11.09.2013)
Un altro incontro ufficiale molto significativo si è avuto in questo stesso mese a Berna tra i due ministri degli esteri d’Italia e Svizzera, Emma Bonino e Didier Burkhalter, per uno scambio d’opinioni sullo stato generale della cooperazione bilaterale, sulle questioni spinose della fiscalità e dei trasporti, sull’approvvigionamento energetico e sulla collaborazione ravvicinata in vista dell’esposizione universale di Milano del 2015.
Di per sé questi incontri non sono quasi mai concludenti, salvo quando si firmano accordi specifici, ma sono molto importanti per ravvivare i rapporti bilaterali e non perdere di vista gli obiettivi non solo di buon vicinato ma anche di sviluppo nei diversi campi. Forse per questo, a conclusione della sua visita, Emma Bonino ha definito i rapporti italo-svizzeri «ottimi», sottolineando che l’Italia e la Svizzera, oltre a condividere un confine e secoli di storia, «mantengono relazioni ottime che vanno nella direzione di un rafforzamento del nostro partenariato privilegiato. La mia visita in Svizzera è il segnale che si vuole imprimere un nuovo slancio a questa "partnership"». Speriamo.

Giovanni Longu
Berna, 25 settembre 2013

Italianità in ripresa


Si dice ormai da alcuni decenni che la lingua italiana in Svizzera sia in crisi e addirittura a rischio di sopravvivenza. Questo giudizio troppo pessimistico non tiene conto che sicuramente l’italiano non corre alcun pericolo a sud del San Gottardo in quelle regioni del Ticino e dei Grigioni che ancora oggi, dai tempi di Franscini, si chiamano «Svizzera italiana».
La vicinanza e in qualche misura, almeno sotto l’aspetto culturale, dipendenza dalla vicina Penisola la mettono al sicuro da ogni rischio di perdita del suo carattere «italiano» o «italico» (come suggerisce Remigio Ratti, presidente di Coscienza Svizzera).

Ottimismo ben riposto
Un certo pessimismo aiuta sicuramente ad essere vigilanti, ma un po’ di ottimismo non guasta, soprattutto quando questo ha fondate ragioni d’essere. Ad esempio, si dimentica spesso che in alcuni Cantoni d’oltre Gottardo, specialmente nelle grandi agglomerazioni, la presenza italofona è ancora consistente: Zurigo 66 mila, Vaud 30, Berna 28, Ginevra 26, Argovia 26, Basilea Città e Basilea Campagna 23, San Gallo 13, Soletta 10, Lucerna 9, Vallese 9, Turgovia 8, Neuchâtel 8.
Recenti rilevazioni statistiche attestano inoltre che la percentuale di utilizzatori dell’italiano in ambito familiare o professionale è ancora alta, attorno al 9%, sebbene lontana dai picchi registrati negli anni ’70 quando sfiorava il 12%.
A rafforzare un ragionevole ottimismo ci sono inoltre almeno altri due elementi confortanti.
Ticino in prima linea
Il primo è la presa di coscienza del Cantone Ticino, che ritiene finalmente suo compito (insieme alla Confederazione) tutelare l’italiano e l’italianità anche fuori del proprio territorio. I risultati cominciano a vedersi. Mi riferisco in particolare alle numerose prese di posizione delle autorità cantonali ogniqualvolta si manifesta la minaccia di chiusura di corsi o eliminazione di cattedre d’italiano, al rafforzamento dell’intergruppo parlamentare «Italianità» animato dai rappresentanti della Deputazione della Svizzera italiana, al sostegno alla nuova delegata al plurilinguismo Nicoletta Mariolini perché le vengano conferite sufficienti competenze per fare applicare la normativa vigente nell’amministrazione federale.

Il ruolo della Corsi e della RSI
Il secondo elemento è il coinvolgimento diretto della Corsi (Società cooperativa per la Radiotelevisione svizzera di lingua italiana) e della RSI (Radiotelevisione svizzera di lingua italiana) nella valorizzazione della lingua e della cultura italiane anche oltre Gottardo. Lo scorso 11 settembre è stata appositamente organizzata una tavola rotonda a Berna su «RSI e italianità», che ha avuto come protagonisti, oltre a un folto pubblico e numerosi giornalisti, personalità di spicco nel settore: Roger de Weck, direttore generale della SRG-SSR, Nicoletta Mariolini, delegata al plurilinguismo dell’amministrazione federale, Remigio Ratti, presidente di Coscienza svizzera, Silva Semadeni, consigliera nazionale dei Grigioni, Guglielmo Bozzolini, direttore dell’ECAP (Centro per la formazione migranti) di Zurigo. 
Luigi Pedrazzini, presidente della Corsi
Il dibattito, introdotto dal presidente della Corsi Luigi Pedrazzini, è stato poi moderato da Diego Erba, coordinatore del Forum per l’italiano in Svizzera.
Il dibattito, grazie anche all’alta qualità dei vari interventi, è servito a mio parere soprattutto a mettere in luce che il plurilinguismo svizzero è «una sfida non certo facile» (Roger de Weck), ma che può e dev’essere affrontata, e può essere vinta, col coinvolgimento di tutti gli interessati, autorità (anche italiane), istituzioni, insegnanti, cittadini che hanno a cuore la salvaguardia della lingua e cultura italiane ma anche la tutela dell’intero patrimonio culturale della Svizzera.

Molti protagonisti
Infine, non posso non accennare, a un elemento incoraggiante che si sta diffondendo in tutta la Svizzera tedesca e francese: l’Università delle tre età (UNITRE). E’ una moderna forma di tenere fede al principio dell’universalità del sapere di origine medievale, che si avvale come supporto della lingua italiana. Proprio in queste settimane le varie sedi iniziano l’anno accademico 2013/2014 con un’ampia varietà di corsi di cultura generale e per il tempo libero.
Bisognerebbe interessarsi maggiormente a queste istituzioni che offrono un notevole contributo a mantenere vive la lingua e la cultura italiana, ma anche a far conoscere meglio le istituzioni e il panorama culturale svizzeri.
In conclusione, se il realismo è d’obbligo, nella complessa problematica riguardante il plurilinguismo e in particolare l’italianità, un po’ di ottimismo non è avventato.

Giovanni Longu
25 settembre 2013