29 settembre 2010

Intervista alla consigliera nazionale Ada Marra

Ada Marra è una di quelle persone di cui si dice che «sanno quel che vogliono». E’ cioè una persona che ha le idee chiare su quel che fa e su ciò che vuole. Questa chiarezza e questa determinazione le provengono probabilmente dal fatto di essere figlia di immigrati, venuti in Svizzera per lavorare, guadagnarsi da vivere e consentire ai figli di avere maggiori possibilità di riuscita di quante ne hanno avute loro. Di fatto, sia lei che suo fratello gemello hanno potuto studiare.
Ottenuta la cittadinanza svizzera (1998) e terminati gli studi in scienze politiche, la carriera di Ada Marra è stata lineare. Dopo le prime esperienze in diverse associazioni e soprattutto come segretaria generale del Partito socialista vodese, nel 2007 si è sentita pronta per lanciarsi nella politica federale come consigliere nazionale nelle file del Partito socialista svizzero profilandosi come parlamentare coscienziosa e determinata.
Ciò che maggiormente colpisce nella sua azione politica è la preparazione e la combattività. La competenza le deriva non solo dalla preparazione professionale e dallo studio dei dossier, ma sicuramente anche dall’esperienza e dall’osservazione, soprattutto delle ingiustizie, delle disuguaglianze, delle discriminazioni, delle possibilità negate. Ma è convinta che su questo terreno si può migliorare. Per questo lotta ed è poco disposta ai compromessi.
Ada Marra, porta nella politica anche la sua storia personale di figlia di immigrati pugliesi, con i quali parla ancora dialetto pugliese, ma anche pienamente integrata in questo Paese dove le distinzioni e discriminazioni tra svizzeri e stranieri sono ancora forti per quanto riguarda l’uguaglianza delle possibilità. Per questo uno dei temi che le stanno più a cuore e su cui insiste nei suoi interventi parlamentari è l’integrazione e il riconoscimento dei diritti degli stranieri, soprattutto per quelli di seconda e terza generazione.

Domanda: Un’integrazione riuscita è quella che fa sentire una persona (di origine) straniera a casa propria nel Paese che ha scelto come centro dei suoi interessi principali (pur conservando la ricchezza affettiva e culturale del Paese d’origine) e dove ha le stesse possibilità di riuscita degli autoctoni. Lei si sente un esempio d’integrazione «riuscita»?

Risposta: Io sono una persona che ha avuto la fortuna di crescere in un comune in cui c’era un intreccio di culture e origini. Cioè, dove le diverse fasce socioeconomiche si mescolano e ognuna di loro porta la propria ricchezza. Perciò milito per una politica che faciliti l’integrazione e per una politica dell’alloggio che privilegi questo intreccio socioeconomico.

Domanda: Lei è di origine italiana e mantiene molti legami con l’Italia e soprattutto con la regione da cui provengono i suoi genitori. Qui in Svizzera, quali sono i momenti e i luoghi in cui si sente più italiana?

Risposta: Sicuramente quando sono con i miei genitori. Sono momenti in cui si parla dialetto leccese.

Domanda: In quanto consigliera nazionale Lei è rappresentante del popolo svizzero. Si sente anche rappresentante degli italiani (e in generale degli stranieri) che vivono qui?

Risposta: La mia concezione della politica è quella di fare politica per tutti gli abitanti del Paese. Svizzeri e stranieri. Con una particolare attenzione per le persone in situazione di precarietà. Ma è ovvio che la mia storia personale mi rende più sensibile alla problematica della migrazione.

Domanda: Purtroppo la trattazione della sua iniziativa sulla naturalizzazione agevolata degli stranieri di terza generazione ha avuto proprio nei giorni scorsi uno stop. A che cosa è dovuto?

Risposta: Tutti i partiti tranne l’UDC sono d’accordo sul contenuto dell’iniziativa. La consultazione che ha avuto luogo è stata positiva e la Commissione ha tenuto conto di qualche suggerimento dei Cantoni. Purtroppo, per mancanza di coraggio politico, questa stessa Commissione ha deciso di interrompere momentaneamente i lavori e aspettare che passino le elezioni del 2011 per riprendere poi la discussione in Parlamento. Il centro-destra ha paura di parlare di questo tema prima delle elezioni… Ciò è sintomatico dell’atmosfera particolare in Svizzera per quanto riguarda gli stranieri.

Domanda: Quali sono i vantaggi e gli svantaggi dei giovani di seconda generazione, con particolare riferimento agli italiani? Cosa caratterizza un italiano di seconda o terza generazione?

Risposta: Credo che una seconda e forse anche una terza generazione sia un riferimento per gli svizzeri, sul cosa significhi essere svizzeri. Una seconda generazione è costretta a porsi queste domande. In un certo senso deve creare e inventare la definizione dell’essere svizzero. Ma in un modo reale, non derivato da miti come Guglielmo Tell.

Domanda: Cosa pensa delle forme di rappresentanza degli italiani all’estero? Sono attuali ed efficaci?

Risposta: Credo che sia un modello da seguire per gli svizzeri. E cioè bisognerebbe assegnare un certo numero di posti al Consiglio nazionale e al Consiglio degli Stati per gli svizzeri all’estero.

Domanda: E cosa pensa dell’assenza da molti anni di una rappresentanza «italiana» in Consiglio federale?

Risposta: Ritengo importante la presenza di una rappresentanza «italiana» (e non esclusivamente ticinese) al Consiglio federale. Per dare sicurezza a questa presenza basterebbe aumentare il numero dei Consiglieri federali a 9 e iscrivere nella Costituzione che almeno 2 siano romandi e 1 italofono.

Domanda: Lei si sente rappresentata, in quanto italiana, dal Consolato italiano, dal Comites del sua circoscrizione consolare, dal CGIE, dai politici eletti all’estero?

Risposta: Non mi sento rappresentata, ma sento di essere un’interlocutrice privilegiata di queste persone. Anche per far passare dei messaggi in Consiglio nazionale.

Domanda: In che senso gli italiani all’estero possono essere considerati «una risorsa» per l’Italia? Lo sono per davvero?

Risposta: Sicuramente. Innanzi tutto non dimentichiamo l’immenso apporto economico degli italiani all’estero per l’Italia negli anni 60 per esempio. Gli emigrati lavoravano in Svizzera e spendevano i soldi in Italia, costruendo le loro proprie case, a volte aiutando i propri familiari rimasti in paese. Dovrebbe esserci una grande gratitudine nei confronti degli emigrati. Attualmente sono forse i migliori ambasciatori dell’Italia. Io stessa spero di fare onore all’Italia nella mia attività di parlamentare in questo mio altro Paese.

Grazie on. Marra e tanti auguri per il suo lavoro e le sue aspirazioni.











La consigliera nazionale italo-svizzera Ada Marra intervistata da Giovanni Longu



Berna 29.09.2010



Diritto di voto agli stranieri: andare avanti comunque…!

Lo scorso fine settimana, l'elettorato bernese e basilese hanno rifiutato massicciamente di estendere il diritto di voto e di eleggibilità agli stranieri, come chiedevano due simili iniziative popolari a livello cantonale. Si sa, il tema è molto controverso. In alcuni Cantoni è stato da tempo risolto, in altri evidentemente fa fatica a trovare un’equa soluzione, a causa soprattutto di un partito, l’Unione democratica di centro (UDC), che ha molta presa sul ceto medio e che è decisamente contrario a estendere il diritto di voto, anche solo a livello locale, agli stranieri. Per l’UDC il diritto di voto è legato inscindibilmente alla cittadinanza svizzera, punto e basta.
L’esito negativo di Berna e Basilea Città non dovrebbe tuttavia indurre soprattutto gli stranieri domiciliati in Svizzera da molti anni a rassegnarsi a questa esclusione. Essi devono continuare a sentirsi coinvolti da tutto quello che succede nel proprio Comune e partecipare alla vita pubblica, sfruttando ogni spiraglio di collaborazione offerto in numerosi ambiti (scuola, quartiere, chiesa, stampa, dibattiti pubblici, ecc.). Per convincere i numerosi svizzeri che hanno ancora qualche dubbio sull’equità e sull’utilità del voto degli stranieri la maniera più efficace potrebbe essere l’interesse che gli stranieri riescono a dimostrare per la cosa pubblica, partecipando ai dibattiti, rivolgendo domande pertinenti e motivate alle autorità, avanzando proposte convincenti nell’interesse di tutti.
Contro certe posizioni radicali gli argomenti valgono poco, ma un buon lavoro col tempo finisce sempre per portare i suoi frutti e prima o poi anche il diritto di voto degli stranieri a livello comunale rientrerà nella normalità. Anche l’ostacolo del federalismo, per cui in questa materia ogni Cantone decide autonomamente, finirà per essere travolto dal buon senso che vorrebbe in un piccolo Paese come la Svizzera un’unica politica in materia d’integrazione degli stranieri.
L’importante, a questo punto, è non perdere la fiducia. Forse, dopo le elezioni politiche dell’anno prossimo, che si preannunciano molto combattute, la strada per la conquista del diritto di voto agli stranieri e anche quella della naturalizzazione «semiautomatica» degli stranieri di terza generazione sarà più facilmente percorribile. Al punto in cui ci troviamo, in un mondo caratterizzato da una crescente circolazione della persone e in una Svizzera che non può fare a meno del contributo degli stranieri, nemmeno all’UDC converrà più ostacolare il coinvolgimento diretto degli stranieri in un processo d’integrazione che sarà sempre più la carta vincente della Svizzera.
In questa rubrica si cercherà di offrire ogni volta che se ne presenti l’occasione di tenere alta l’attenzione su questi temi. Cominciamo in questo numero con un’intervista alla giovane consigliera nazionale italo-svizzera Ada Marra.