19 settembre 2012

Festa italiana



Recentemente l’Ufficio federale della cultura ha pubblicato una lista di 167 «tradizioni vive», ossia rievocazioni di feste, attività, personaggi, rimasti nel sentimento delle persone che ne vogliono tramandare il ricordo nelle forme più svariate, per lo più in quella della festa, dello spettacolo, delle pratiche sociali (raduni, incontri, cortei…), a carattere religioso (si pensi alle processioni in costume) o profano (cortei, sfilate di carri, carnevali, mercatini, ecc.).

Italianità nel Vallese
Ho percorso la lista cercando qualcosa che ricordasse anche solo vagamente qualcosa della lunghissima tradizione migratoria italiana. Ho trovato soltanto «Italianità nel Vallese» con questa breve descrizione: «Nonostante la loro connotazione mediterranea, dei nomi come Pierre Gianadda e Denis Rabaglia ricordano a colpo sicuro il Vallese.
Gli italiani, primo grande gruppo di migranti stabilitisi nel Cantone, hanno contribuito sostanzialmente alla sua vita economica, sociale e culturale e continuano a farlo oggi. Questo contributo costante nel tempo si traduce nell'apporto di differenti associazioni: missioni cattoliche, colonie italiane, società scientifiche, club di calcio, compagnie teatrali, ecc. Si manifesta anche attraverso singole persone, come le due citate in apertura, imprenditori edili diventati mecenati sportivi o culturali, cineasti, umoristi, scrittori, ricercatori, ecc.
Tutte queste sfaccettature dell'italianità nel Vallese ricordano che l'identità sociale e culturale della regione, le sue «tradizioni viventi», si elaborano e si modulano in permanenza nella relazione complessa instauratasi tra coloro che si spostano, partendo o arrivando, e coloro che restano. Un bel modo di “contribuire a una presa di coscienza della diversità culturale in Svizzera e del suo potenziale creativo” come auspica la Convenzione UNESCO del 2003. Il caso dell'immigrazione italiana nel Vallese appare esemplare e spiana la strada ad altri gruppi di immigrati – spagnoli, portoghesi, tamil e cossovari – che s'installano in Svizzera, con dinamiche di scambio tra la popolazione locale e gruppi di migranti analoghe sul piano nazionale».

Italianità nella Svizzera
Mi chiedo: perché non diffondere in tutta la Svizzera il «modello vallesano»? Di più: perché non organizzare ogni anno una «festa italiana», a carattere nazionale, eventualmente una festa «mobile», ossia in luoghi diversi nelle varie regioni del Paese, soprattutto dove sono ancora particolarmente vive tradizioni di tipo «vallesano»?
In fondo, la collettività italiana in Svizzera di origine migratoria ha una storia lunghissima quasi quanto quella della Svizzera moderna, che ha contribuito forse più di qualunque altra comunità nazionale a sviluppare. In molte regioni sono ancora evidenti i segni di questa storia e la collettività italiana è particolarmente numerosa e attiva.
Ritengo un errore imperdonabile lasciare che le tradizioni legate al fenomeno migratorio italiano vadano pian piano dimenticate. Basti pensare al contributo italiano nel settore delle grandi infrastrutture ferroviarie, stradali e idroelettriche, nei campi della moda, del design, del vitto (varietà e gusti della cucina mediterranea), nella religione (contributo fondamentale delle missioni cattoliche italiane, trasformazione in molti Cantoni del panorama religioso tradizionale), in campo scientifico, imprenditoriale, artistico, letterario, culturale in genere, comportamentale (usi e costumi, modi di vivere e di pensare, relazioni umane…), ecc. Perché non rievocare ogni anno nel corso di una festa italiana a carattere nazionale qualcuno, a turno, di questi contributi e di queste tradizioni?
La data potrebbe essere variabile o fissa. In questo caso potrebbe essere il fine settimana più vicino al 22 luglio, che ricorda il primo accordo di emigrazione (ufficialmente: «Trattato di domicilio e consolare tra la Svizzera e l’Italia») del 1868. Si potrebbe cominciare già nel 2013 o 2014, magari a Berna. Utopia? Forse no!
Se ci fosse un interesse, la fattibilità è garantita e sono convinto che si otterrebbe facilmente il sostegno di molte istituzioni sia italiane che svizzere. Ci proviamo?

Giovanni Longu
Berna, 19.09.2012

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