28 dicembre 2011

Dieci anni fa il CISAP

Dieci anni fa si chiudeva ufficialmente l’ultimo capitolo della lunga storia del CISAP, un’istituzione italo-svizzera che ha contribuito a traghettare l’immigrazione italiana nella fase più difficile della sua presenza in Svizzera. Mi sembra utile ricordare il «Centro italo-svizzero di formazione professionale», conosciuto con la sua sigla originaria CISAP, perché ogni anno che passa anche i ricordi più belli tendono a sbiadire. Non dovrebbe essere così nei confronti del CISAP, perché è entrato di diritto nella storia dell’immigrazione italiana in Svizzera.

Il CISAP era stato fondato attorno alla metà degli anni Sessanta da Giorgio Cenni e alcuni amici come lui immigrati in Svizzera nel dopoguerra, provenienti soprattutto dal Nord Italia. Si erano subito ben inseriti nelle fabbriche svizzere grazie alle loro provate capacità professionali e al loro spirito di adattamento. Negli anni Sessanta, con l’arrivo in massa di immigrati italiani soprattutto dal Mezzogiorno, quelle capacità e quello spirito erano fortemente carenti. Il rischio di restare tutta la vita manovali e di essere espulsi dal mercato del lavoro in periodi di crisi era molto alto. Va aggiunto che contro questo rischio non prevedevano antidoti né le autorità italiane né quelle svizzere. Nel recente accordo italo-svizzero di emigrazione del 1964 non era stato previsto assolutamente nulla per la formazione professionale di questa nuova manodopera impreparata ad affrontare le problematiche di un mondo della produzione industriale evoluto.

Un centro pionieristico per l’integrazione professionale
Il CISAP, una scuola serale e del fine settimana, orientata all’integrazione nel mondo del lavoro svizzero attraverso la formazione e il perfezionamento professionale fu la risposta confezionata e gestita con spirito pionieristico e volontaristico all’interno dell’immigrazione stessa. Convinti dell’utilità e della validità dei corsi offerti per tornitori, fresatori, aggiustatori, saldatori, automeccanici, disegnatori, montatori, muratori, falegnami, elettricisti, installatori, elettronici, informatici, ecc. sostennero la scuola i sindacati svizzeri, gli imprenditori, le autorità cantonali e federali e specialmente le autorità italiane. Vennero aperti centri affiliati in tutto il Cantone di Berna ma anche in altri Cantoni. Del metodo formativo adottato dal CISAP s’interessarono psicologi, pedagoghi, insegnanti e persino l’Organizzazione internazionale del lavoro.
Negli anni Settanta e Ottanta il CISAP era diventato per migliaia di italiani ma in seguito anche spagnoli, portoghesi, albanesi, turchi, e altri immigrati stranieri una sorte di faro che attirava lo sguardo e segnalava un percorso che avrebbe potuto portare al successo. Molti lo seguirono. Sui suoi banchi, nei laboratori e nelle officine dei centri CISAP si formarono migliaia di lavoratori e lavoratrici desiderosi di migliorare le proprie conoscenze e competenze professionali e di trasformare possibilmente la propria dipendenza in autostima e capacità imprenditoriali inizialmente inimmaginabili.

Il CISAP, come una stella…

1972: il presidente della Confederazione Nello Celio visita il CISAP

Nel 1990 un rappresentante degli industriali scrisse che il CISAP brillava come una stella in mezzo all’Europa, «comme une étoile au milieu de l’Europe…». Già, questa istituzione, sebbene fortemente radicata in Svizzera, aveva maturato negli anni anche una vocazione europea e intensificato i contatti non solo con i Paesi comunitari, soprattutto Spagna e Portogallo, ma anche con Paesi allora extracomunitari come l’Albania, la Cecoslovacchia, la Bulgaria e l’Ungheria.
Sul finire degli anni Novanta, tuttavia, quel faro e quella stella cominciarono a offuscarsi, non già perché il CISAP avesse perso luminosità, ma perché erano sempre meno coloro che li guardavano. L’immigrazione italiana era finita e secondo i dirigenti del CISAP, ma anche i sindacati svizzeri, l’associazionismo e le autorità italiane era inevitabile che anche l’esperienza del CISAP stesse per concludersi, come appunto avvenne dieci anni fa.
Resta e deve restare invece il ricordo di questa pagina memorabile della storia dell’immigrazione italiana in Svizzera perché rappresentò per molti versi un’esperienza eccezionale. Eccezionale fu l’intuizione del percorso che avrebbe potuto garantire il futuro professionale di molte persone; eccezionale il metodo che consentiva di acquisire conoscenze e competenze in tempi molto più stretti di quelli abituali; eccezionale l’organizzazione della scuola diretta da immigrati, mossi soprattutto da spirito di solidarietà e di volontariato; eccezionale l’equipaggiamento del centro di Berna, ricco non solo di aule e laboratori, ma anche di una vasta collezione di opere d’arte; eccezionale la volontà di riuscita tanto degli organizzatori quanto dei frequentatori dell’istituzione; eccezionale, soprattutto negli anni Sessanta e Settanta, fu anche la collaborazione istituzionale italo-svizzera suscitata dal CISAP. Per questo il ricordo del CISAP deve restare!

Giovanni Longu
Berna, 28.12.2011

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