23 marzo 2011

1861-2011: 6. Le donne dell’Unità d’Italia

In un precedente articolo sono state presentate alcune donne risorgimentali che non figurano abitualmente nei libri di storia. Si trattava di una rappresentanza minima delle migliaia di donne che hanno contribuito a diverso titolo al processo di unificazione politica dell’Italia.
In questo articolo verranno presentate altre donne che hanno influito non tanto sull’Unità d’Italia quanto piuttosto sulla formazione della coscienza degli italiani, allora largamente assente. Non solo Massimo D’Azeglio (1798-1866) ammoniva che «il primo bisogno d'Italia è che si formino Italiani dotati d'alti e forti caratteri», ma anche Cavour (1810-1861) si rendeva conto che se a stento si era fatta l’Italia, ben più complesso e impegnativo sarebbe stato «fondere assieme gli elementi che la compongono, accordare Nord e Sud». Un’impresa che secondo lo statistica piemontese presentava «le stesse difficoltà di una guerra con l'Austria e la lotta con Roma».

Ebbene, se oggi gli italiani riescono a festeggiare abbastanza uniti il 150° anniversario dell’inizio della loro storia comune, evidentemente quell’impresa è stata non solo tentata ma anche portata a buon fine. Ma è doveroso ricordare che anche in questa impresa le donne hanno avuto un ruolo fondamentale. Si pensi alla diffusione della lingua e della cultura italiane, all’educazione dei bambini e degli adolescenti, all’emancipazione femminile, all’assistenza sociale, all’assistenza agli emigranti.

Donne protagoniste nel campo dell’educazione
E’ risaputo che all’epoca dell’unificazione in Italia l’analfabetismo era intorno al 78%, una percentuale tra le più alte d’Europa (al confronto, in Svizzera era al 19%, Germania-Austria al 20%, in Francia al 47%). Pochissime persone (2-3%) usavano l’italiano attivamente e quelle che erano in grado di capire un discorso o un testo in italiano non andavano oltre il 10%. Nemmeno Cavour padroneggiava l’italiano e per questo scriveva solitamente in francese. La comunicazione tra piemontesi e siciliani, tra veneti e napoletani o tra veneti e sardi era quasi impossibile. Questa situazione era insostenibile da ogni punto di vista, rappresentava una difficoltà enorme nel rapporto tra l’amministrazione (inizialmente a prevalenza piemontese) e la popolazione, era un freno ai rapporti commerciali e un ostacolo alla democrazia (per poter esercitare il diritto di voto bisognava saper leggere e scrivere). A giusta ragione il Presidente della Repubblica Napolitano va ripetendo che la lingua è stata un fattore determinante del processo di unificazione nazionale.
Di qui l’importanza della scuola, allora frequentata da pochi, nonostante l’obbligo di frequentarla almeno per due anni. E’ stata la scuola che ha diffuso da un capo all’altro della penisola la lingua di Dante, consentendo a tutti i cittadini la possibilità di comunicare e di elevarsi spiritualmente. E’ soprattutto nella scuola che si è fatta l’unità d’Italia.
La scuola ha svolto in effetti un ruolo unico non solo nel superamento dell’analfabetismo ma anche nella diffusione della coscienza nazionale, nell’emancipazione femminile, nello scoprimento e nella valorizzazione di talenti. Ma non si può dimenticare che nella scuola le donne sono state impareggiabili operatrici. Ne desidero ricordare alcune.

Adelaide del Balzo Pignatelli (1843-1932), aristocratica napoletana, molto colta, filantropa, fondatrice di scuole. Durante un’epidemia di colera scoppiata a Napoli nel 1884 accolse in un asilo d’infanzia da lei creato oltre 600 orfani. Grazie a lei, videro la luce nel 1896 la prima scuola per infermiere professionali in Italia e nel 1898 una scuola di educazione domestica. Nel 1900 diede vita alla Pro Infantia, un’istituzione pedagogica e di sostegno per minori abbandonati. Il suo nome è ancora legato alla fondazione dell’istituzione «Suor Orsola», un complesso educativo d’avanguardia, comprendente ogni ordine di scuole dal giardino d’infanzia all’Istituto superiore universitario di Magistero. Quando nel 1900 alla Camera dei Deputati si discuteva del diritto allo studio delle donne, il Suor Orsola venne additato come un modello di riferimento per la riforma scolastica. In questa sua intensa attività filantropica ed educatrice, la Pignatelli fu coadiuvata dalla pedagogista Maria Antonietta Pagliara.

Un’altra donna dalle ampie vedute nell’Italia post-unitaria fu Giulia Cavallari (1856-1935), laureata in lettere e filosofia con Giosuè Carducci. Partecipò attivamente al dibattito sull’istruzione postunitaria delle donne, sostenendo con saggi e conferenze il loro assoluto diritto all’istruzione superiore e la necessità dell’istruzione e del lavoro come garanzia di indipendenza, dignità, emancipazione.

Nel momento in cui la scuola pubblica superiore cominciava ad aprirsi anche alle donne, Maria Montessori (1870-1952) fu un grande esempio di riuscita. Ottenuto brillantemente il diploma in una scuola tecnica di Roma (ormai capitale d’Italia), s’iscrisse non senza difficoltà (superate anche grazie all’aiuto del papa Leone XIII) alla facoltà di Medicina dell'Università «La Sapienza» e fu una delle prime donne italiane a laurearsi in medicina (1896). Si dedicò a una vasta ricerca scientifica. Tra i suoi principali centri d’interesse ci fu il recupero dei bambini minorati mentali e i problemi educativi in generale. Le riuscì di mettere a punto un nuovo metodo pedagogico che la rese celebre in Europa e negli Stati Uniti. Femminista convinta, diede anche un forte contributo all’emancipazione femminile.

Nell’ambito della scuola e della sua funzione unificatrice non si può non ricordare anche Arpalice Cuman Pertile (1876 – 1958), insegnante, scrittrice di prose e poesie per la scuola. Sulla facciata della sua casa natale a Marostica fu posta una lapide con la scritta: «In questa casa nacque Arpalice Cuman Pertile, gentile scrittrice che ai fanciulli disse parole elette di bontà di letizia d'amore». Non aderì al Fascismo e perciò le fu imposto il pensionamento anticipato e i suoi libri sparirono dalle scuole. Molte generazioni di allievi impararono a memoria la sua «Poesia sull’Italia» (riportata in prima pagina sul numero precedente dell’ECO) e attraverso di essa a conoscere le regioni italiane. Anche mia madre in era prefascista la imparò a memoria e da piccolo me la declamava con tanta passione.

Donne nella politica e nell’assistenza
Le donne, tuttavia, non furono presenti e protagoniste solo nell’educazione delle giovani generazioni «italiane». Non ci fu anzi nessun campo in cui non cercarono di affermarsi, persino nella politica, nonostante fosse loro precluso il diritto di voto fino al 1945 (!).

In effetti, molte donne era attive politicamente attraverso i numerosi «salotti» che gestivano praticamente in tutte le grandi città italiane. Alcune furono anche politiche e sindacaliste di grande valore come Anna Maria Mozzoni (1837-1920), grande pioniera del femminismo e sostenitrice del diritto di voto delle donne; Anna Kuliscioff (1854-1925), tra le figure più rappresentative del socialismo italiano dell’Ottocento; Linda Malnati (1855-1921), organizzatrice delle associazioni delle insegnanti elementari e sostenitrice del diritto di voto delle donne; Argentina Altobelli (1866-1942), sindacalista; ecc. ecc.

Molte donne furono esemplari nel campo della filantropia. Giusto per citare alcune rappresentanti: Alessandrina Massini Ravizza (1846-1915), nata in Russia ma vissuta a Milano, grande realizzatrice di opere assistenziali, tra cui un servizio di assistenza medica per le donne povere; Ersilia Bronzini Majno (1859-1933), sostenitrice dell'emancipazione femminile e fondatrice dell'Unione Femminile Nazionale.

Artiste, femministe, letterate
Numerose sono state anche le donne che si sono segnalate all’attenzione nazionale e internazionale nel campo dell’arte, della poesia e della letteratura come Carolina Invernizio (1851-1916), popolare scrittrice di romanzi d’appendice; Matilde Serao (1856-1927), giornalista e scrittrice; Eleonora Duse (1858-1924), grande attrice teatrale; Grazia Deledda (1871-1936), premio nobel per la letteratura nel 1926; Lina Cavalieri (1874-1944), soprano e attrice cinematografica, Ada Negri (1870-1945), poetessa e scrittrice impegnata, la prima donna ad essere stata ammessa tra gli Accademici d’Italia; ecc. ecc.

Infine, ma non per ultime meriterebbero senz’altro un ricordo le innumerevoli donne consacrate (suore) o laiche che cercarono con ogni mezzo di assistere gli emigranti, che sempre più numerosi, dopo l’Unità d’Italia, cercarono una speranza di vita in altri Paesi. Spesso, abbandonati a sé stessi, trovavano assistenza e sostegno nelle organizzazioni soprattutto cattoliche. Non si può tuttavia non ricordare la straordinaria figura di Francesca Cabrini (1850-1917), apostola degli emigranti e fondatrice di una congregazione di suore missionarie. Operò soprattutto in America dove fondò numerosi istituti (scuole, convitti, orfanotrofi, convitti per ragazze, case di riposo, ospedali, ecc.).

(Gli altri articoli della serie 1861-2011 sono apparsi il 20.10.2010, 17.11.2010, 2.2.2011, 23.2.2011, 16.3.2011)

Giovanni Longu
Berna, 23.03.2011

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