24 marzo 2010

Segnali contrastanti per il futuro dell’italiano in Svizzera

Da una parte lo Stato ritiene di fare del suo meglio per migliorare la situazione soprattutto a livello di personale federale, dall’altra il panorama dell’italiano parlato e studiato nelle scuole e all’università si fa sempre più desolante.
Proprio nelle scorse settimane sono stati resi noti numeri e tendenze dell’italiano studiato nella Svizzera tedesca e francese. Gli uni e le altre dicono chiaramente che l’italiano è sempre meno studiato soprattutto nei licei e nelle università, gli studenti preferiscono studiare altre lingue. Per rallentare questa tendenza è già intervenuto il Consiglio federale che intende stanziare 1,2 milioni di franchi per la formazione dei docenti che assicurano corsi di lingua e cultura italiana soprattutto ai figli dei migranti italiani. Si tratta di una cifra sicuramente interessante, ma non risolutiva del problema. Anzi, secondo il prof. De Marchi dell’università di Zurigo, «un intervento fuori tempo massimo perché i figli degli emigrati italiani sono perfettamente integrati e non studiano l’italiano».
Occorrerebbe che nelle scuole svizzere si desse più spazio allo studio dell’italiano e della cultura italiana, ma i Comuni e i Cantoni hanno sempre meno soldi da investire nella scuola e poi, le preferenze degli allievi e studenti vanno ormai in altre direzioni.
«Eppur si muove…» scriveva la settimana scorsa il senatore Filippo Lombardi, per indicare che a livello federale qualcosa si sta muovendo nel senso di una maggiore consapevolezza di Berna in favore dell’italianità e del plurilinguismo. Effettivamente sia il Parlamento che il Consiglio federale da qualche mese dedicano maggiore attenzione al problema linguistico nazionale e mostrano la volontà di intervenire, grazie anche alla nuova legge sulle lingue entrata in vigore all’inizio dell’anno.
Con grande soddisfazione il presidente della Deputazione ticinese alle Camere federali annunciava la settimana scorsa che presto potrebbe esserci un mediatore incaricato di promuovere l’italiano e il francese, oltre che vigilare sull’adeguata rappresentanza di queste componenti nell’amministrazione federale. Il Consiglio degli Stati ha dato infatti via libera a una mozione di Filippo Lombardi in questo senso e il Governo si è detto favorevole all’istituzione di un «ombudsman» all’interno dell’Ufficio federale del personale.
Quale «ombudsman»?
Prima di fare salti di gioia aspetterei i risultati. Non è infatti chiaro che «statuto» avrà questo «mediatore» e di quale autorità disporrà. Sembrerebbe anzi, da quanto riportato dai media, che sarà una persona «nominata» e non «eletta» (com’è invece il caso dei mediatori parlamentari). Soprattutto non si sa come potrebbe «promuovere» l’italiano e il francese senza mezzi finanziari a disposizione (è stato infatti già anticipato che la carica non comporterà oneri supplementari) e se, oltre a «vigilare» sull’adeguata rappresentanza di italofoni e francofoni nell’amministrazione federale, potrà anche «intervenire» (con quali poteri?) in caso di inosservanza della legge e delle ordinanze (quando ci saranno) sulle lingue. E se, ad esempio, per certi posti dirigenziali messi a concorso non ci fossero candidati idonei italofoni o francofoni? E poi, quale dev’essere la rappresentanza «adeguata» degli italofoni? Il 4,3% degli italofoni di nazionalità svizzera o circa il doppio degli italofoni senza distinzione di nazionalità?
L’interrogativo certamente più importante resta tuttavia un altro: chi dovrà e potrà promuovere l’italiano in Svizzera, non solo nell’amministrazione federale, ma anche nelle scuole, nelle università, nei musei, negli uffici postali, nelle stazioni ferroviarie, negli uffici delle imposte, negli ospedali, nelle chiese, ecc.? Una cosa è certa: nessuna legge o regolamento salverà l’italiano in Svizzera, ma a salvarlo saranno unicamente, se lo vorranno, gli italiani qui residenti, i ticinesi, i grigionesi di lingua italiana, gli italofoni in generale, ma anche quanti altri avranno a cuore la lingua di Dante, la cultura e l’arte italiana, le bellezze d’Italia, ma anche quel bel lembo d’italianità che si estende sul versante sud delle Alpi in territorio svizzero.
Prossimamente a Berna un gruppo di lavoro italo-svizzero tenterà di fare il punto sulle esigenze e sulle possibilità dell’italianità nella regione. Se dovessero emergere chiaramente possibilità concrete d’intervento, sarebbe un’occasione da non perdere e sviluppare anche in altre regioni della Svizzera tedesca e francese.
Giovanni Longu
Berna, 24.03.2010

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