26 giugno 2013

Letta apre al dialogo italo-svizzero: «è il momento giusto!»


Dopo mesi e anni perduti in attesa di tempi migliori, sembra giunto «il momento giusto» per la ripresa del dialogo italo-svizzero sulla questione fiscale e non solo. Lo ha detto pochi giorni fa il presidente del Consiglio dei ministri italiano Enrico Letta e c’è da augurarsi che alle parole seguano i fatti. Oltre tutto, è specialmente nell’interesse dell’Italia che il dialogo riprenda.

Ottimismo e preoccupazione di Letta
Il Presidente del Consiglio italiano Enrico Letta
Il presidente Enrico Letta ha fatto tale dichiarazione nel corso di un suo intervento alla stampa estera al rientro dal G8, tenutosi nell'Irlanda del Nord, in cui si era parlato della lotta all'evasione e ai «paradisi fiscali» e della necessità di estendere il sistema degli scambi di informazione. Il clima generale del vertice gli era sembrato «molto positivo» per la soluzione delle vertenze tra Stati in materia fiscale.
E’ probabile che dopo il G8 Letta si sia convinto che fosse giunto il «momento giusto» per riprendere la trattativa con la Svizzera. «Sono convinto che con le autorità svizzere ci possano essere intese positive», ha affermato, non solo nel «recupero di risorse», ma anche nell'attuazione di un «sistema di relazioni che consenta di combattere efficacemente i fenomeni dell’evasione e dell’elusione».
Nell'incontro con la stampa, tuttavia, Letta non nascondeva una certa preoccupazione per la situazione delle relazioni tra la Svizzera e gli Stati Uniti, in quanto, proprio mentre al G8 si discuteva di paradisi fiscali, la Svizzera rifiutava un disegno di legge che, secondo il Consiglio federale, avrebbe consentito alle banche elvetiche operanti negli USA di risolvere importanti controversie col fisco americano. Di altro avviso era invece la maggioranza del Consiglio nazionale, che ha bocciato sul nascere quel disegno di legge.
Quanto accaduto a Berna merita una breve spiegazione. Sembra che il fisco americano stia indagando su diverse banche svizzere operanti negli USA sospettate di aver aiutato cittadini americani ad evadere il fisco. Per chiudere la vertenza, le banche indagate dovrebbero fornire alle autorità fiscali americane informazioni su nomi e impiegati di banca e di terzi nonché su conti, flussi bancari, trasferimenti e quant’altro dei presunti evasori fiscali.
Una trasmissione di dati di questo genere e al di fuori di una procedura giudiziaria normale non è però consentita dal diritto svizzero. La settimana scorsa il Parlamento elvetico ha perciò rifiutato un disegno di legge governativo per consentire eccezionalmente la trasmissione delle informazioni richieste dal fisco americano in via del tutto eccezionale, ossia sospendendo per un anno l’applicazione del diritto svizzero.

Un segnale per l’Europa
Non so quanto Letta fosse veramente «preoccupato dalla situazione delle relazioni tra Svizzera e Usa», per altro ritenute «buone» dal ministro dell’economia Johann Schneider-Amman e dal ministro degli Esteri Didier Burkhalter e sicuramente non minacciate dalle controversie tra il fisco americano e alcune banche private elvetiche operanti in America. Ritengo più probabile che il presidente Letta fosse in realtà più preoccupato delle relazioni tra l’Italia e la Svizzera, anche per il ritardo accumulato nel portare a buon fine le diverse trattative e per l’incertezza degli esiti.
Come ho avuto modo di riferire in altre occasioni, la Svizzera sembra ben disposta alla trattativa (anche sullo scambio automatico dei dati), ma non a qualunque costo e senza contropartite. Letta deve averlo capito anche dal comportamento del Parlamento svizzero nella discussione di una legge, quella che i media hanno chiamato «Lex USA», che sembrava più un diktat americano che il risultato di una trattativa.
Molti osservatori hanno interpretato il rifiuto della maggioranza parlamentare come un segnale molto preciso al governo federale di non illudersi di poter concedere e ad altri Paesi, soprattutto europei, di ottenere quanto non è ammesso dal diritto svizzero vigente. Se la Svizzera avesse «ceduto» agli USA, è molto probabile che altri Paesi europei, particolarmente quelli maggiormente indebitati, avrebbero seguito l’esempio degli Stati Uniti. «Coi tempi durissimi che corrono, ha commentato recentemente Moreno Bernasconi sul "Corriere del Ticino", Paesi europei indebitati fino al collo (o chiamati a pagare i debiti altrui) non avrebbero nulla da perdere ad estrarre la colt e a fare lo sceriffo».
Se anche Letta l’ha capito questo mi pare un ottimo punto di partenza per una trattativa che dev'essere finalizzata non solo a sanare il passato (e al recupero delle risorse illegalmente sottratte al fisco italiano), ma soprattutto a rilanciare le relazioni italo-svizzere in tutti i campi, scommettendo sui vantaggi reciproci, sulla vicinanza (non solo geografica) e amicizia e non da ultimo sulla presenza qualificata in Svizzera di oltre mezzo milione di cittadini italiani.

Giovanni Longu
Berna, 26.06.2013

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