25 aprile 2020

XXV APRILE 2020


Ricordare il passato è utile se aiuta a vivere meglio il presente. Il 25 aprile 1945, la Liberazione dell’Italia dal nazifascismo, rappresentò un momento straordinario di unità e di partecipazione popolare alla ricostruzione della democrazia e del Paese. Di fronte alla difficile situazione in cui si trova oggi l’Italia a causa della pandemia, il ricordo della Liberazione potrebbe nuovamente stimolare l’unità e la partecipazione degli italiani alla ripresa con convinzione e coraggio. Sarebbe un errore, anche tra le forze politiche, perdere questa opportunità, ricordando, però, che l’unità di un Popolo è sempre inclusiva e solidale.

Nel corso di una delle prime rievocazioni della lotta partigiana, uno dei maggiori protagonisti, Ferruccio Parri, disse: «Noi non siamo qui a cercare delle meschine gloriole in un momento in cui ci sono compiti così duri da assolvere». Queste parole sembrano attualissime. L’unità di valori e d’intenti da conservare e rafforzare in un momento di crisi profonda come quello attuale sarebbe anche una forma di omaggio dovuto a quanti si sono prodigati per evitare la disfatta ad opera del coronavirus e a quanti, purtroppo, non sono sopravvissuti. Né va dimenticato che nei momenti difficili l’unità e la solidarietà moltiplicano le forze. All'Italia o

ggi ne occorrono tante!
Giovanni Longu
25 aprile 2020

22 aprile 2020

Immigrazione italiana 1970-1990: 10. Alcune caratteristiche fondamentali


Gli anni Settanta del secolo scorso sono stati fondamentali nell’evoluzione della collettività italiana in Svizzera. Per poterne analizzare e descrivere in maniera adeguata alcuni aspetti caratteristici (formazione, integrazione, attività professionale, ecc.) occorre precisare di volta in volta di chi e di che cosa si sta parlando. I termini «immigrati», «giovani», «attività economiche», ecc. possono infatti risultare troppo vaghi se non sono accompagnati da connotazioni più precise. In concreto, quando si parla di «italiani» in Svizzera, in un contesto determinato, andrebbe specificato, per esempio, se si tratta di «immigrati» (prima generazione) o di figli di immigrati nati in Svizzera o giunti qui in età prescolastica o scolastica (seconda generazione). Prima di affrontare alcuni temi specifici è dunque opportuno premettere alcune indicazioni terminologiche. 

Precisioni indispensabili
Agli inizi degli anni Settanta, spesso il termine «immigrati» veniva usato per indicare semplicemente gli stranieri, anche quelli non immigrati. E quando si parlava degli «emigrati italiani» molti intendevano tutti gli italiani presenti in Svizzera. Si trattava di generalizzazioni che non tenevano conto di alcune distinzioni indispensabili per capire la portata del fenomeno migratorio nella sua varietà, qualità e dinamica.
Nei primi anni '70 decine di migliaia di italiani continuarono a emigrare in Svizzera.
Se è facile capire che la popolazione residente italiana non è mai stata omogenea per età, origine, motivazione, preparazione, ecc., di tale diversità si dovrebbe tener conto ogniqualvolta si descrive un fenomeno particolare anche solo in termini quantitativi. Per rendersene conto basterebbe riflettere quanto siano diversi fra loro il numero totale degli italiani «residenti» in Svizzera (esclusi stagionali e funzionari internazionali) in un determinato momento (per esempio durante un censimento della popolazione), il numero degli italiani «immigrati» (prima generazione) e quello dei «non immigrati» (seconda e successive generazioni), il numero degli italiani «attivi» (popolazione attiva, lavoratori e lavoratrici), il numero degli italiani «domiciliati», il numero degli italiani «soggetti a controllo» (annuali, stagionali, frontalieri), ecc.
Indubbiamente non è sempre facile districarsi tra le tante suddivisioni, ma è indispensabile se si vuole raggiungere una visione oggettiva della situazione.

Molte categorie di stranieri
Com’è noto, inoltre, nel periodo preso in considerazione (1970-1990), agli stranieri in Svizzera veniva attribuito un particolare «permesso di soggiorno per stranieri»: A (stagionale), B (annuale), C (domicilio), ecc. In certe statistiche tali distinzioni non venivano prese in considerazione, in altre invece sì, perché non era irrilevante, sotto molti aspetti, essere stagionale, residente annuale o domiciliato.
Non andrebbe nemmeno dimenticato il quadro giuridico complessivo, costituito per gli italiani non solo dalla legislazione svizzera sugli stranieri, ma anche dagli accordi bilaterali tra la Svizzera e l’Italia. Ma, per capire la situazione e l’evoluzione della collettività italiana in Svizzera è anche importante prendere in considerazione altre caratteristiche spesso sottovalutate, per esempio la provenienza (luogo di nascita), la scolarizzazione, la conoscenza della lingua locale, la permanenza in Svizzera, la qualifica professionale, l’attività svolta, la posizione professionale, ecc.
Non tutte le caratteristiche hanno evidentemente la stessa importanza, ma alcune in particolare, come si vedrà in seguito, hanno contribuito a determinare le condizioni salariali, sociali, professionali, abitative, pensionistiche, ecc. di moltissimi italiani. Non va tuttavia dimenticato che quasi sempre non era determinante una sola caratteristica, ma una combinazione di caratteristiche. Era un errore, per esempio, considerare il titolare del permesso C (domicilio) automaticamente integrato, tant’è vero che ci sono ancora oggi immigrati degli anni Sessanta e Settanta che non conoscono a sufficienza la lingua locale né nella forma standard né in quella dialettale.

Immigrati e non immigrati
La prima distinzione di cui bisogna tener conto, in riferimento alla collettività italiana, è quella tra «immigrati» e «non immigrati». Sono «immigrati» solo gli italiani nati in Italia (o comunque fuori della Svizzera) e venuti qui in età post-scolastica, specialmente per motivi di lavoro. Vanno invece considerati «non immigrati» i figli nati in Svizzera da genitori stranieri entrambi nati all’estero come pure i figli nati all’estero e venuti in Svizzera in età prescolastica o scolastica (purché abbiano frequentato qui la maggior parte delle scuole dell’obbligo).
Gli «immigrati» veri, uomini e donne, sono chiamati anche «prima generazione», i loro figli «seconda generazione» e i loro nipoti (nati in Svizzera da genitori di seconda generazione) «terza generazione». Pertanto solo la prima generazione è costituita da «immigrati», ossia essenzialmente stranieri adulti venuti in Svizzera per motivi di lavoro. Non sono propriamente «immigrate» nemmeno le «persone non attive» (persone non in età lavorativa) giunte in Svizzera nell’ambito del ricongiungimento familiare.
Dalla seconda metà degli anni '60 diventa sempre più consistente
il grupopo dei giovani stranieri «non immigrati» (2a generazione)
Negli anni 2000, in Svizzera, la terminologia riguardante gli stranieri è stata ridefinita e, se si può continuare a parlare di immigrati di «prima generazione», soprattutto per la seconda e per la terza generazione si preferisce ormai l’espressione «persone con un passato migratorio» con l’aggiunta di «diretto» (per indicare i figli di immigrati) o «indiretto» (quando s’intendono i nipoti di immigrati). Attualmente, in Svizzera, il gruppo più numeroso (quasi due terzi) delle persone con un passato migratorio è costituito da italiani.
Alla luce di queste precisazioni è bene osservare che ormai fanno parte delle «persone con un passato migratorio diretto o indiretto» anche numerosi svizzeri, ossia persone che hanno acquisito la nazionalità svizzera dopo la nascita. Nel 2018, ben il 38% della popolazione residente permanente con 15 anni e più (2.686.000 persone) aveva un passato migratorio in Svizzera. Un po’ più di un terzo di questa popolazione è costituito da persone di nazionalità svizzera (974.000)
Appare pertanto evidente che parlare in termini oggettivi di emigrazione o immigrazione italiana in Svizzera, per esempio degli anni Settanta, è possibile solo tenendo presenti le differenze fondamentali all’interno della collettività italiana.

Altre caratteristiche importanti
Per comprendere la situazione che si stava radicalmente modificando nella collettività italiana negli anni Settanta, occorre tuttavia tener conto non solo dei rapporti intergenerazionali, ma pure dei rapporti tra gli stessi immigrati. Anche all’interno della prima generazione, infatti, esistevano differenze rilevanti, perché pur essendo tutti «immigrati» e tutti «italiani», molti provenivano dal Nord e molti altri, dagli anni Sessanta sempre di più, dal Sud.
La caratteristica «provenienza» ebbe un impatto notevole non solo sulla formazione delle varie associazioni regionali, ma anche sull’attività e posizione professionale, sulla scolarizzazione dei figli, sulla loro integrazione sociale, sul loro orientamento professionale, ecc. Quando si tratterà, in un prossimo articolo, della scolarizzazione e della successiva formazione professionale delle persone con un passato migratorio non sarà difficile ricondurre alcune problematiche alla condizione dei loro genitori. Basti pensare alle difficoltà linguistiche, all’insicurezza nella scelta della scuola da seguire, alle prestazioni scolastiche, ai condizionamenti nell’orientamento professionale, alla scelta tra seguire un apprendistato o proseguire gli studi, ecc.
Nella narrazione dell’immigrazione italiana in Svizzera si tende spesso a trascurare non solo la «provenienza», ma anche la capacità professionale dei primi immigrati dal Nord e quella degli immigrati dal Sud. Eppure essa risulta fondamentale per capire come mai i primi immigrati si sono integrati con relativa facilità nei processi produttivi, mentre i secondi sono stati costretti a svolgere per lo più funzioni ripetitive e subalterne.
A questo punto è anche facile capire quanto l’attività svolta e la posizione professionale influissero sul salario e questo, a sua volta, sulla possibilità di risparmio, sulle condizioni d’abitazione e persino sui rapporti sociali.
Nei prossimi articoli si cercherà si precisare ulteriormente alcuni temi specifici che hanno dovuto affrontare gli immigrati italiani in vari contesti sociali, professionali, intergenerazionali, tenendo sempre presente che i protagonisti continueranno ad essere gli immigrati venuti dall’Italia essenzialmente per motivi di lavoro. (Segue)
Giovanni Longu
Berna, 22.4.2020