27 novembre 2019

Immigrazione italiana 1950-1970: 35. Il CISAP – Gli inizi difficili


A metà degli anni Sessanta del secolo scorso, la realizzazione del progetto di un Centro di formazione professionale per i lavoratori italiani immigrati in Svizzera fu un’impresa che ha dell’incredibile. Non si deve dimenticare che il gruppo promotore (cfr. http://disappuntidigiovannilongu.blogspot.com/2019/11/immigrazione-italiana-1950-1970-34-il.html) partiva da una base esperienziale molto modesta (l’organizzazione dei corsi della Colonia libera italiana di Berna), non aveva alcun supporto istituzionale (il problema non era stato nemmeno nominato negli ultimi accordi sull’immigrazione tra l’Italia e la Svizzera), sindacale (perché i sindacati non si erano mai occupati della formazione professionale di base dei lavoratori stranieri) o di altro genere, non disponeva di un progetto tecnico-organizzativo pronto per essere implementato e non aveva ancora alcuna garanzia di un sostegno finanziario adeguato. Solo l’idea era chiara e la volontà di realizzarla ferma: si voleva iniziare nella primavera del 1966.

La preparazione

Allievi automeccanici dei primi corsi CISAP (1966-1968)
Alla fine del 1965, tutti gli elementi mancanti erano ancora da ricercare e consolidare, ad eccezione del sostegno convinto delle autorità italiane. Il console Antonio Mancini, giunto a Berna nel 1964, dev’essersi convinto presto dell’utilità di un Centro di formazione professionale per i connazionali, tanto da rendersi in qualche modo portavoce e garante per il gruppo promotore fin dall’inizio del 1966.
Dopo aver organizzato la cena di lavoro con diverse personalità svizzere all’Hotel Bellevue di Berna (28.1.1966) e gettato le basi per il futuro sostegno da parte sia del sindacato FLMO e sia delle autorità svizzere, nel corso di un’altra riunione meno positiva convocata al Ristorante Touring (10.2.1966) dal Consiglio della Colonia libera italiana (CLI) di Berna, il console Mancini cercò invano di appianare le divergenze sorte all’interno della Colonia riguardo al futuro Centro.
La preparazione intanto proseguiva secondo un calendario fitto e impegnativo perché si era deciso di iniziare i corsi in primavera e tutto doveva essere pronto prima. All’inizio del 1966, in realtà, niente o quasi era pronto: non i programmi, non i locali, non le attrezzature, non gli insegnanti e nemmeno l’organizzazione definitiva dell’organismo di supporto.
«Nessuno dei più stretti collaboratori di Cenni, ricorderà più tardi un sostenitore del CISAP, Graziano Pedretti, potrà dimenticare le indescrivibili difficoltà di carattere pratico, economico e di credibilità che il Centro ha dovuto superare agli inizi». E’ vero, c’era il sostegno morale delle autorità italiane ed era già stato individuato e preso in affitto, grazie alla CLI di Berna, l’edificio in cui si sarebbero svolti i corsi, ma quel che restava da preparare, entro la fine del 1965, era ancora tanto, a cominciare proprio dalla sistemazione dei locali.

La sede
Si trattava di una vecchia casa al n. 7 dello Jägerweg, nel quartiere Breitenrain, che bisognava ristrutturare per ricavarne aule per le lezioni teoriche (al piano terra) e officine per le esercitazioni pratiche (nello scantinato). Per mesi, raccontano le cronache, si lavorò sodo ma con grande entusiasmo, le sere e i sabati, per poter finire entro la fine dell’anno.
Uno dei partecipanti a quelle trasformazioni, Giuseppe Gonnella, ricorderà alcuni anni dopo in uno scritto: «Siamo partiti con alcuni locali in un vecchio scantinato, desolanti e scadenti, ma che noi abbiamo resi accoglienti e funzionali. Abbiamo dovuto rifare tutto, dal pavimento al soffitto, dall'intonaco alla pittura delle pareti e degli infissi: un lavoro enorme che ci impegnava nelle ore libere e l'unica soddisfazione era quella di osservare compiaciuti ogni metro quadrato di restauro ultimato». Giorgio Cenni annoterà alla fine dei lavori: «Quella mattina avevamo deciso di finire in giornata anche col colore. Fu così che, mentre due spalmavano la malta sul muro con le mani, il terzo ripassava sopra il colore. Quando terminammo, con le mani gonfie ma soddisfatti, il muro reggeva bene ed il colore sembrava splendere. Ognuno di noi tornò in fretta a casa, mancavano pochi minuti alla mezzanotte del 31 dicembre 1965. II CISAP stava per nascere».

L’organizzazione
L’organizzazione è stata probabilmente l’elemento più semplice da definire e infatti non risulta che ci siano stati problemi né di organigramma né di assegnazione dei vari compiti. E’ bastato un incontro, il 18 febbraio 1966 all'Hotel Touring, in cui il gruppo promotore si costituì in associazione senza scopo di lucro ai sensi degli articoli 60 e seguenti del Codice civile svizzero, ne approvò lo statuto e si diede un organigramma.
Vennero eletti presidente dell'Associazione e del Comitato di direzione il professore di liceo Joseph Allenspach, direttore Giorgio Cenni, segretario Guido Scognamiglio, cassiere Cinzio Bonaldo, responsabile dell’ufficio acquisti Giuseppe Gonnella. Vennero inoltre eletti come consiglieri tecnici nello stesso Comitato Giovanni e Giuseppe Bello, Franco De Giorgi, Salvatore Di Pietro, Daniele Ceccato, Paolo Jacchini, Pasquale Tedeschi e Floriano Zanardo, come revisori dei conti Graziano Pedretti, Mirro Prosperi e Dante Zola. Tutti insomma ebbero un incarico e ognuno era pronto ad accollarsi la responsabilità che gli competeva con la serietà e l'entusiasmo di chi si accinge a compiere una missione.
Come detto, lo statuto venne approvato senza difficoltà, ma nei giorni precedenti si era discusso sul nome dell’associazione, che doveva essere semplice, identificativo dell’attività svolta e unico. In un primo tempo si era pensato all’acronimo C.A.P.I.S. che stava per Centro Addestramento Professionale Italiano in Svizzera, ma qualcuno (probabilmente Guido Scognamiglio) fece notare che quel nome richiamava facilmente «Cabis» che in tedesco significa cavolo. Fu il giovane tecnico Daniele Ceccato a trovare la soluzione: C.I.S.A.P. come acronimo di Centro Italiano in Svizzera per l’Addestramento Professionale.
Lo Statuto , costituito da 7 articoli era semplice e chiaro, niente era lasciato al caso. All’articolo 2 veniva precisato: «L’associazione ha per scopo di consentire ai lavoratori italiani di formarsi culturalmente e di apprendere un mestiere. Per conseguire tale scopo dovranno essere organizzati dei corsi in modo che i partecipanti possano, dopo l’esame finale, ottenere un certificato ufficiale italiano e iscriversi, se lo desiderano, ad una scuola professionale svizzera (art. 30 della Legge federale sulla formazione professionale)».

I primi corsi
I corsi che il CISAP si apprestava ad organizzare erano molto impegnativi sia perché diretti a persone (nuovi immigrati) che presentavano deficit scolastici, linguistici e culturali notevoli e sia perché miravano a consentire un inserimento qualificato nel mondo del lavoro e in una società e una cultura diverse e complesse.
Ai primi di marzo, attraverso annunci in vari giornali, furono raccolte numerose candidature per l’insegnamento di «tecnologia generale, matematica elementare, disegno geometrico e tecnico, lingua tedesca» e «personale qualificato per l’istruzione in officina di tornitori, fresatori, aggiustatori meccanici, automeccanici ed elettrauto». Furono scelti i candidati che davano maggiori garanzie.
I futuri docenti furono subito coinvolti nella complessa preparazione dei programmi, che dovevano tener conto sia della normativa italiana che delle esigenze della formazione professionale svizzera. Infatti, il diploma conseguito col superamento degli esami finali avrebbe dovuto garantire agli ex-allievi la possibilità di inserirsi agevolmente sia nel mondo del lavoro italiano (in caso di rientro) che di quello svizzero (se decidevano di restare).
Intanto si era sparsa la voce della prossima apertura dei corsi e le iscrizioni  non tardarono ad arrivare. Al momento dell’iscrizione non veniva promesso un percorso semplice, ma si raccomandava di non scoraggiarsi alle prime difficoltà e di frequentare assiduamente. I risultati non sarebbero mancati. Il diploma conseguito avrebbe potuto cambiare la loro vita anche notevolmente. A metà aprile gli iscritti erano già 128 e con essi, il 18 aprile 1966, furono avviati i primi corsi per tornitori, fresatori, aggiustatori, automeccanici ed elettrauto.
Non tutti arrivarono al traguardo finale, ma di quelli che per primi l’hanno superato è giusto indicarne i nominativi (in riquadro) perché furono di esempio alle migliaia di giovani e meno giovani che li hanno seguiti in un percorso gratificante.
Perché i corsi potessero funzionare secondo i programmi (teoria e pratica) e il CISAP potesse guardare con sufficiente fiducia al futuro mancavano ancora alcuni passi importanti da compiere, specialmente verso le autorità svizzere, il sindacato FOMO e gli ambienti economici interessati. (Segue).
Giovanni Longu
Berna, 27.11.2019