11 luglio 2018

Riforma e Controriforma in Svizzera: 5. La Riforma cattolica


Nel precedente articolo di questa serie ho accennato ad alcune conseguenze socio-religiose della Riforma protestante e della reazione dei Cantoni cattolici, mettendo in rilievo soprattutto l’assoggettamento incondizionato dei cittadini alla confessione ritenuta ufficiale in ciascun Cantone e il controllo dello Stato anche in materia religiosa. La conseguenza più importante della Riforma protestante è stata tuttavia, a mio parere, la spinta decisiva all’avvio della Riforma cattolica, da secoli auspicata in seno alla Chiesa. La serietà e la «pericolosità» della Riforma promossa da Lutero e dai suoi seguaci (in Svizzera specialmente Zwingli e Calvino) rese improrogabile una Riforma cattolica profonda ed estesa sia agli aspetti dottrinali e spirituali che agli aspetti strutturali organizzativi e amministrativi contestati dai riformatori protestanti.

Tentativi di dialogo «ecumenico»
Concilio di Trento
Fino alla ribellione di Lutero (1517) i papi e la Curia romana non prestarono mai attenzione alle molteplici richieste di rinnovamento che provenivano dal Popolo di Dio, presi com’erano da interessi materiali, di potere e di prestigio. Con il successo che stava ottenendo la predicazione del contestatore tedesco, però, il pericolo di una frattura insanabile nella cristianità occidentale apparve in tutta la sua gravità, tanto che lo stesso imperatore Carlo V, preoccupato delle conseguenze di un conflitto religioso in Germania, chiese invano l’intervento del papa Clemente VII (1478-1534) e la convocazione di un concilio ecumenico.
Di fronte al rifiuto di Clemente VII, Carlo V promosse una serie di «colloqui di religione» tra luterani e cattolici al fine di scongiurare una insanabile frattura tra il mondo cattolico e quello protestante. La rigidità delle posizioni li condannò tuttavia tutti al fallimento. Gli ultimi sono stati i Colloqui di Ratisbona (1541-1546) che, dopo un inizio promettente, terminarono anch’essi con una «frattura irrimediabile», perché non si riuscì a trovare un accordo soddisfacente sui sacramenti, l’ordinamento della chiesa e il primato del papa. L’ultimo tentativo, ormai invocato da molti, restava il concilio.

Il Concilio di Trento
In effetti, anche il Concilio di Trento (svoltosi in più fasi tra il 1545 e il 1563) avrebbe dovuto risolvere i contrasti tra cattolici e protestanti e rimettere ordine nella dottrina e nell’organizzazione della Chiesa. Ma i protestanti lo disertarono contestando l’autorità del papa che l’aveva convocato e per paura di non potersi esprimere liberamente.
Papa Paolo III (Tiziano)
Il successore di Clemente VII, papa Paolo III (1468-1549), si era lasciato convincere della necessità di un concilio e infatti, dopo alcuni rinvii per ragioni politiche e pratiche (guerra tra Francesco I di Francia e Carlo V), lo convocò per il 1545 a Trento. Nel frattempo, il 21 luglio 1542, aveva istituito l'Inquisizione romana, ossia la «Congregazione della sacra, romana ed universale Inquisizione del santo Offizio» con lo scopo di vigilare sulle questioni della fede e di difendere la Chiesa dalle eresie.
Due anni prima, nel 1540, lo stesso papa Paolo III aveva approvato l’ordine dei Gesuiti (la Compagnia di Gesù), fondato da Ignazio di Loyola, che si mise subito a disposizione del papa per la diffusione e la difesa della fede. In effetti, «i gesuiti furono i più importanti sostenitori della Riforma cattolica» (Dizionario storico della Svizzera).

S. Ignazio di Loyola
Il rinnovamento cattolico
Il Concilio di Trento, non essendo riuscito ad avvicinare le posizioni ormai troppo distanti tra protestanti e cattolici, si dedicò esclusivamente alla definizione della dottrina e dell’organizzazione della Chiesa cattolica. Da numerosi storici il Concilio di Trento è stato visto soprattutto come «la grande offensiva della Controriforma», ma si tratta di un giudizio parziale e riduttivo. Esso è stato infatti ben di più, il punto di svolta del rinnovamento della Chiesa cattolica. Era stato adeguatamente preparato da una commissione cardinalizia, nominata nel 1536 da Paolo III, col compito di individuare i mali della Chiesa e proporre adeguati rimedi. Essa produsse in effetti un progetto importante di riforma (Consilium de emendanda ecclesia) di cui il Concilio terrà conto, soprattutto nella parte riguardante la riforma delle istituzioni ecclesiastiche e la moralità del clero. Ma il Concilio andò ben oltre chiarendo le incertezze teologiche emerse con la predicazione degli «eretici» protestanti e soprattutto riformando la Chiesa «in capite et in membris», nel capo e nelle membra.
Il Concilio di Trento gettò le basi del rinnovamento, ma a proseguirlo fu la Chiesa intera, grazie alle riforme che venivano via via attuate ai vari livelli. Un contributo fondamentale fu dato dagli ordini religiosi e tra questi merita una considerazione particolare (nel prossimo articolo), specialmente in riferimento alla Svizzera, quello dei Gesuiti.
Giovanni Longu
Berna, 11.07.2018

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