07 febbraio 2018

Tracce d’italianità nell’agglomerazione di Ginevra



Ginevra è la seconda città svizzera per numero di abitanti (circa 200.000 abitanti; 600.000 considerando l’agglomerazione), la seconda piazza finanziaria, il secondo polo culturale della Svizzera, tra i più dinamici e innovativi del mondo, la città più cosmopolita della Svizzera, non solo perché ospita numerose istituzioni internazionali, ma anche perché è il risultato di influssi di popolazioni diverse. Ancora oggi Ginevra è tra le metropoli svizzere quella con la più alta percentuale di stranieri (41%), quasi la stessa che aveva nel 1910 (42%). Il gruppo straniero più numeroso è da sempre quello francese, ma è seguito a poca distanza da quello italiano, costituito oggi da circa 40 mila persone (in parte con la doppia nazionalità). Il suo contributo allo sviluppo della città è stato nei secoli notevole.

Dalle origini al Principato vescovile
Ginevra, cattedrale di Saint-Pierre
La regione di Ginevra, situata all'estremità sud occidentale del Lago Lemano, è stata lungamente contesa dapprima dai Romani, poi dai Burgundi, dai Franchi, dagli imperatori del Sacro Romano Impero (Corrado II), dai duchi di Savoia, prima di trovare una forma di sostanziale indipendenza dal 1124 nel Principato vescovile e dal 1536 nella Repubblica di Ginevra. I vari influssi hanno inciso profondamente sul carattere della città e dei suoi abitanti, fieri di far parte della «Repubblica e Cantone di Ginevra», ma anche aperti al mondo. Oggi Ginevra ospita numerose organizzazioni internazionali, quali la principale sede europea delle Nazioni Unite (ONU), la sede del Comitato internazionale della Croce Rossa (CICR), dell’Organizzazione mondiale del commercio (OMC) e della sanità (OMS), ecc.
L’origine romana della città è testimoniata non solo dal nome Genava (civitas Genavensium), che dettero i Romani a un preesistente insediamento celtico (da cui derivò probabilmente il nome), ma anche da numerosi reperti ritrovati sulla collina dove sorge oggi la cattedrale di Saint-Pierre. Anche Ginevra, infatti, come Basilea, si è sviluppata su un sito dove sorgeva l’antico oppidum romano. Quando alla fine del IV secolo il dominio romano venne meno, il Cristianesimo prese il sopravvento in tutta la regione e Ginevra, da civitas romana già sviluppata, assunse una posizione dominante col rango di città episcopale. La cattedrale di Saint-Pierre, in stile romano-gotico, ne fu per quasi un millennio il simbolo più prestigioso.
Sotto il regime del «reverendissimo e temutissimo signor Vescovo, signore di Ginevra» Ginevra si sviluppò non solo in campo religioso (con la creazione di parrocchie, monasteri, abbazie, conventi, chiese), ma anche politicamente (Ginevra divenne un principato vescovile), urbanisticamente (con nuovi palazzi), economicamente (artigianato, commercio) e socialmente (potere crescente della borghesia). 

La partecipazione «italiana» all’ascesa di Ginevra
La partecipazione degli «italiani» (intesi genericamente come provenienti dalla penisola italiana) allo sviluppo della città fu importante e talvolta determinante. Nel XII e XIII secolo Ginevra era già un fiorente centro artigianale, commerciale e finanziario a livello europeo. Quattro volte l’anno si tenevano importanti fiere, che duravano anche 15 giorni e attiravano mercanti e banchieri da tutta l’Europa, molti anche dall’Italia. Alcuni di questi finirono per stabilirsi nella città con proprie sedi (Guadagni, Sassetti, Grasso, Medici, Giustiniani, Grimaldi, Baroncelli, Clerici, ecc.) e crearono importanti reti commerciali e finanziarie, che operavano anche fuori di Ginevra.
I banchieri italiani avevano costituito una corporazione, che impiegava parte dei profitti nel restauro di chiese e una di esse era conosciuta come la Chapelle des Florentins. Del resto, essi figuravano tra i maggiori contribuenti della città e grazie essi Ginevra divenne la piazza finanziaria più importante d’Europa. Non fu tuttavia un periodo tranquillo, perché i duchi di Savoia cercarono in tutti i modi d’imporre il loro dominio su Ginevra. In parte vi riuscirono, quando il duca Amedeo VIII, divenuto papa (1439) con il nome di Felice V, nel 1444 si appropriò del principato vescovile, per consegnarlo praticamente in eredità ai suoi discendenti.
La borghesia di Ginevra, molto attiva e ben organizzata in potenti corporazioni, era comunque decisa a battersi per l’indipendenza. Pur di non cedere alle ambizioni dei Savoia, che intendevano fare di Ginevra la capitale della Savoia, i ginevrini stipularono nel 1526 un trattato di alleanza con i confederati bernesi e friburghesi, che, di fatto, segnò la fine del dominio vescovile e, pochi anni dopo, l’adesione alla Riforma (1535).

Ginevra calvinista rifugio di molti italiani
Finito il dominio del principe vescovo, costretto a lasciare la cattedrale e a ritirarsi (1533) nelle abbazie della Franca Contea, i ginevrini aderirono alla Riforma, avviata dal predicatore Guillaume Farel e consolidata dal grande riformatore Giovanni Calvino, giurista francese giunto a Ginevra nel 1536. La cattedrale di Saint-Pierre venne trasformata in chiesa protestante e dal suo pulpito per 23 anni Calvino lesse e spiegò le Sacre Scritture da lui interpretate. Ginevra divenne la «capitale» della Riforma protestante nella Svizzera francese ed è emblematico che il «Museo internazionale della Riforma» si trovi a pochi metri dalla cattedrale.
Giovanni Calvino (1509-1564)
Nonostante la rigidità della predicazione di Calvino, Ginevra conservò anche nel periodo della Riforma il suo spirito cosmopolita e aperto (sebbene non tollerante). Per questo fu scelta come rifugio da numerosi esuli italiani per motivi religiosi, in fuga dall’Italia per evitare le persecuzioni dell’Inquisizione (Bernardino Ochino da Siena, Giordano Bruno e molti altri). Dopo di loro arrivarono a Ginevra anche commercianti, farmacisti, artigiani e, «benché nella seconda metà del XVI secolo la colonia italiana rappresentasse appena i 6% del totale della popolazione, essa risultava la forza motrice dello sviluppo commerciale e manifatturiero ginevrino» (Cremonte).
Ben presto gli italiani costituirono una «colonia» (350-400 persone), conducendo una vita autonoma, in un quartiere «italiano», dove sorse anche una chiesa protestante italiana. Sembra che non avessero alcun desiderio d’integrarsi, forse sperando in un prossimo rimpatrio. Per non gravare sull’assistenza pubblica (e correre il rischio di essere espulsi), chi non lavorava in proprio trovava facilmente un’occupazione in una delle tante imprese commerciali e industriali dirette da italiani.
Ci furono tuttavia immigrati facoltosi che, pagando una tassa, ottennero abbastanza facilmente i diritti di cittadinanza e si distinsero come liberi professionisti e imprenditori. Per esempio, i Diodati, i Turrettini e i Calandrini provenienti da Lucca, sono stati all'origine d'importanti attività economiche, come l'industria serica, che portarono a un alto livello molto competitivo. Con la seconda generazione, pienamente integrata e naturalizzata, gli italiani cominciarono ad occupare anche importanti posti pubblici come insegnanti, teologi, notai, ecc. All’università, fondata nel 1559 sotto l’influenza di Calvino, insegnarono Giovanni Diodati (1576-1649), Giulio Pacio (1550-1635) e altri.
La nutrita presenza italiana, molto apprezzata, alimentò negli ambienti colti ginevrini un crescente interesse per l’arte e la cultura italiana. Uno dei ginevrini più legati all’Italia è stato Jean Charles Léonard Simonde de Sismondi, spesso citato come Simondo (o Sismondo) Sismondi (1773-1842), grande economista, storico e critico letterario, autore di un’accurata Storia delle Repubbliche Italiane dei secoli di mezzo in otto volumi.
Nell’Ottocento, prima dell’ondata di immigrati dall’Italia per motivi di lavoro, erano giunti nella prima metà del secolo numerosi rifugiati politici. Il più celebre è Pellegrino Rossi (1777-1848), giurista di formazione, approdato a Ginevra come profugo politico nel 1815. Ottenuta la cittadinanza nel 1820, entrò nel legislativo cantonale e fu a più riprese delegato alla Dieta federale, l'assemblea che in quegli anni riuniva i rappresentanti dei Cantoni confederati.

Immigrazione nell’Ottocento e inizio Novecento
Negli ultimi decenni dell’Ottocento giunsero invece a Ginevra, come nelle principali città svizzere in fase espansiva, soprattutto immigrati per motivi di lavoro. All’inizio del Novecento erano già molti, tanto da scegliere Ginevra come prima sede dell’Ufficio emigrazione sotto la direzione di Giuseppe De Michelis (1872-1951), attento alle condizioni di vita e di lavoro degli immigrati italiani.
A Ginevra fu fondata nel 1909 anche la Camera di commercio italiana per la Svizzera, che ebbe come primo presidente lo stesso Giuseppe De Michelis. Di recente la Camera di commercio ha organizzato a Ginevra un incontro per imprenditori italiani, segno che l’imprenditoria italiana è ancora molto viva.
Per venire incontro ai problemi spirituali (e sociali) dei numerosi immigrati italiani, nel 1900 era sorta a Ginevra anche una Missione cattolica italiana per opera dei sacerdoti bonomelliani. L’attuale Missione è gestita dal 1942 dai missionari scalabriniani.

Immigrazione recente
Fabiola Gianotti, direttrice gen. del CERN
Parlando di istituzioni, non si può evitare di menzionarne un’altra, internazionale, con sede a Ginevra, in cui l’Italia è sempre stata ben rappresentata, il CERN (Organizzazione europea per la ricerca nucleare). Tra i promotori della sua istituzione ci furono due grandi scienziati italiani: Edoardo Amaldi (1908-1989) e Gustavo Colonnetti (1886-1968). Inoltre, al vertice della prestigiosa istituzione c’è stato dal 1989 al 1994 il Premio Nobel Carlo Rubbia e anche attualmente è rappresentato da una italiana, la scienziata Fabiola Gianotti. Sono inoltre decine i ricercatori italiani che studiano e ricercano al CERN.
Per finire, non credo che sia esagerato affermare che Ginevra è una delle città svizzere che ha assimilato maggiormente elementi del carattere italiano a tal punto da renderla ancora oggi una delle mete più ambite della moderna emigrazione italiana. Gli italiani hanno contribuito attivamente a questo lungo processo di assimilazione e trasformazione, evidenziato anche dall’attuale ripartizione confessionale degli abitanti dell’agglomerazione di Ginevra. Al censimento del 2000 i cattolici risultavano di gran lunga maggioritari (163.197) rispetto ai riformati (72.138).
Giovanni Longu
Berna, 7.2.2018

1 commento:

  1. Ginevra... Città che, come detto giustamente, è stata rifugio di diversi oppoitori politici: in particolare, francesi durante l'"Ancien régime". Ginevra era la città ideale per Rousseau, la città di Voltaire e soprattutto la meta pivilegiata digrandi accademici russi che fuggivano dall'Unione Sovietica. Questa grande concentrazione di intellettuali ha conferito alla città, e in particolare alla sua prestigiosa sede universitaria, un carattere culturale particolare, che viene spesso definito come "scuola gnevrina". È a Ginevra infatti che nasce lo Strutturalismo; È pure a Ginevra che si gettano le basi della Linguistca moderna saussuriana; È qui che nascerà, non da ultimo, la scuola moderna: dapprima con Frenet, infine con Piaget. Una scuola moderna ed eccellente che molto spesso è stata (e lo è tutt'ora) ignarata da gran parte del paese che considera questa città come qualcosa a se, che va trattato separatamente, e in molti casi guardato con indifferenza

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