I media italiani hanno affrontato e continuano
ad affrontare il tema della cittadinanza «jus soli» senza riuscire, a
mio parere, nemmeno a chiarire all’opinione pubblica i termini del problema. La
questione è tutt’altro che semplice e proprio per questo andrebbe affrontata in
maniera oggettiva, evitando gli scontri ideologici, ma soprattutto chiara. Nei
media regna invece grande confusione perché da molti resoconti non risulta evidente
se la cittadinanza spetterà «di diritto» (ossia automaticamente) agli stranieri
nati sul territorio nazionale (jus soli) o verrà loro concessa a precise
condizioni, per esempio, se la loro integrazione nella società italiana è
provata, se anche i loro genitori o chi ne fa le veci risultano integrati e
rispettosi delle leggi italiane, se ne faranno richiesta, ecc.
Anzitutto, in questa discussione, bisognerebbe
cercare di stare al tema, evitando di introdurre argomenti e pregiudizi riguardanti
l’intera problematica degli stranieri, soprattutto quella relativa ai nuovi
«immigrati», ai profughi e ai richiedenti l’asilo. Il disegno di legge di
modifica della legge sulla cittadinanza del 1992, attualmente in discussione al
Senato, non ha infatti nulla a che vedere con l’accoglienza dovuta ai profughi
o con i diritti che spettano ai richiedenti l’asilo. Esso riguarda unicamente
lo stato giuridico degli stranieri di «seconda generazione», i figli, cioè, di
stranieri già stabiliti in Italia e ritenuti integrati.
Andrebbe anche evitato, a mio parere, di
esagerare la portata della novità che si vorrebbe introdurre nell’ordinamento
della cittadinanza italiana, perché se non venisse accettata non priverebbe lo
straniero di alcun diritto fondamentale che gli spetta in quanto persona umana
e se invece venisse approvata aggiungerebbe a un certo numero di stranieri,
soprattutto se nati in Italia, solo il godimento dei diritti politici, da non
sottovalutare, ma nemmeno da ritenere di per sé indispensabili alla loro
riuscita sociale e professionale.
Perché, dunque, il tema della cittadinanza
agli stranieri è tanto controverso? A mio parere lo è per due ragioni. La prima
perché è facile da strumentalizzare e la seconda perché effettivamente attorno
al tema si fa tanta confusione.
Evitare le controversie strumentali
Soprattutto in alcuni ambienti politici è
facile vedere nel provvedimento legislativo che si sta discutendo una sorta di
regalo agli stranieri in vista di un tornaconto elettorale alle prossime
votazioni. Alcuni politici e giornalisti sono convinti che in questo modo la
cittadinanza verrebbe per così dire «regalata» e finirebbe per dare «privilegi
rimarchevoli ai migranti, compresi i clandestini e i criminali». Non sono
ovviamente in grado di elencare anche solo un privilegio che i nuovi cittadini
avrebbero rispetto ai cittadini figli di cittadini, ma sono convinti che prima
di pensare agli stranieri lo Stato dovrebbe pensare a risolvere i problemi dei
cittadini, specialmente di quelli più poveri, disoccupati, precari, senza casa,
ecc.
La seconda ragione che divide l’opinione
pubblica (e politica) sul tema dello «jus soli» è proprio l’uso o piuttosto
l’abuso di questa espressione latina, di cui gran parte degli italiani non
conosce il significato e la cui traduzione «diritto del suolo» non aiuta
granché. A mio parere andrebbe evitata, soprattutto da politici e giornalisti,
anche perché nel disegno di legge in discussione quell’espressione non compare.
Essa è fuorviante perché può indurre facilmente a pensare che la modifica, se
venisse approvata, introdurrebbe una nuova modalità per ottenere facilmente la
cittadinanza: la nascita dello straniero nel territorio della Repubblica.
Basterebbe leggere per intero la frase più importante del disegno di legge
di modifica per rendersi conto che non basterà nascere in Italia per essere
cittadino italiano. La frase che andrebbe a completare l’articolo 1 della legge
vigente con l’aggiunta di una lettera b-bis) precisa infatti: [è
cittadino per nascita] «b-bis) «chi è nato nel territorio della
Repubblica da genitori stranieri, di cui almeno uno sia titolare del diritto di
soggiorno permanente […] o sia in possesso del permesso di soggiorno UE per
soggiornanti di lungo periodo […]».
Esiste una
soluzione condivisibile?
Secondo me sì, ma con qualche sforzo in più da parte del legislatore.
Bisognerebbe riformulare e precisare meglio le parti del disegno di legge non
sufficientemente chiare e soprattutto quelle che potrebbero indurre a ritenere
la cittadinanza un diritto «automatico», salvo per chi è «figlio
di padre o di madre cittadini». In tutti i Paesi d’immigrazione ormai la
cittadinanza (o naturalizzazione) è concessa «a richiesta» (o previa
«dichiarazione di volontà») e una volta soddisfatte determinate condizioni, non
ultima l’integrazione provata e non solo presunta degli interessati. Invece di
«diritto di cittadinanza agli stranieri» sarebbe forse più appropriato parlare
di cittadinanza agevolata o facilitata per i giovani stranieri nati in Italia…
che abbiano frequentato… ecc.
La via maestra per facilitare l’acquisizione della cittadinanza resta
tuttavia l’integrazione. Non vorrei che la discussione in atto in Italia
fosse solo strumentale in vista delle prossime elezioni e un alibi alla insufficiente o quasi inesistente politica d’integrazione degli
stranieri in Italia. E’ questa, mi sembra, la priorità del Paese nei confronti
dei giovani stranieri: una seria integrazione sociale e professionale.
Ma anche all’esigenza di agevolare la naturalizzazione degli stranieri «integrati»
va data una risposta legislativa ragionevole e condivisa.
Giovanni LonguBerna, 28.6.2017