18 gennaio 2017

Italiani in Svizzera 1. Una storia complessa e avvincente



L’immigrazione italiana in Svizzera è una storia lunga, complessa e avvincente, una delle più importanti pagine della storia moderna della Svizzera. Non è facile raccontarla in una forma breve, semplice, comprensiva e allo stesso tempo oggettiva, non solo perché abbraccia un periodo di ben 150 anni, ma anche perché la narrazione che se ne fa abitualmente è spesso sommaria, soggettiva, squilibrata, persino triste. Molti testi, basati su racconti autobiografici, su testimonianze episodiche, su fonti orali limitate tendono a evidenziare più gli ostacoli che gli immigrati hanno dovuto superare che gli sforzi per superarli, più le discriminazioni (vere o presunte) sopportate che i tentativi per colmare lacune e distanze, più i torti subiti che le opportunità di successo ricevute, ecc.

Non solo aspetti negativi, ma anche positivi
Sull’immigrazione italiana in Svizzera esiste ormai una vasta letteratura. Accanto a studi approfonditi e innumerevoli saggi di storici, sociologi, linguisti e ricercatori vari, è disponibile anche tutta una serie di filmati, interviste scritte, orali, televisive, racconti di immigrate e immigrati, memorie autobiografiche e documenti vari, che offrono interessanti e a volte appassionate descrizioni di esperienze migratorie.
Immigrati italiani, anni '50.
Attraverso questa diffusa narrazione, che copre praticamente l’intera gamma delle condizioni di vita e di lavoro ma anche dei sentimenti degli emigrati/immigrati italiani in terra elvetica, emerge un aspetto fondamentale dell’esperienza vissuta di moltissimi emigrati/immigrati fino agli anni Ottanta del secolo scorso: la drammaticità esistenziale della «vita dell’emigrato». Gli elementi più rilevanti che si riscontrano in queste fonti sono i sentimenti contrastanti al momento della partenza, il dilemma del partire o non partire, lo shock del primo impatto con una realtà profondamente diversa da quella di provenienza e spesso da quella immaginata, la frustrazione nell’impossibilità di comunicare normalmente con gli svizzeri, le difficili condizioni di vita e di lavoro, la percezione di una xenofobia manifesta o nascosta, l’isolamento, la nostalgia, le paure, ecc.
Molte narrazioni non vanno oltre questa visione negativa della «vita dell’emigrato». Eppure essa contiene anche molti aspetti positivi che spesso non vengono rilevati e valorizzati sufficientemente. Si pensi allo spirito di sacrificio di tantissimi immigrati per far stare meglio la famiglia, al coraggio nell’affrontare condizioni di vita e di lavoro dure, alla volontà di affrancarsi da situazioni di disagio, di povertà e spesso d’ignoranza, alla chiarezza del progetto di vita e alla tenacia nel volerlo realizzare, all’impegno sul lavoro, al risparmio finalizzato all’investimento nella sicurezza della casa e nella formazione dei figli, al rispetto degli altri, ma anche al senso della festa, della vita associativa, dei grandi raduni, all’orgoglio di essere italiani, all’amicizia, alla solidarietà, alla generosità, ecc.

Immigrazione economica volontaria
Mi propongo, in una serie di articoli, di illustrare a grandi linee la lunga storia dell’immigrazione italiana in Svizzera, nei suoi molteplici aspetti negativi e positivi, senza negarne o enfatizzarne alcuno, ma cercando di mettere in evidenza la sua complessità, la sua lenta e contrastata evoluzione e la sua importanza per entrambi i Paesi coinvolti e soprattutto per i protagonisti immigrati.
Mi sembra opportuno precisare subito che l’oggetto di questi articoli è l’immigrazione economica di generazioni d’italiani dall’Unità d’Italia ai nostri giorni. I confronti che talvolta vengono proposti con i profughi di oggi non aiutano a capire la storia dell’emigrazione italiana. Questa, infatti, è stata sempre, almeno sotto il profilo del diritto, un’emigrazione libera, talvolta incoraggiata, ma mai forzata. Mi sembra importante ribadire questo aspetto perché il successo dell’esperienza migratoria in Svizzera, a livello individuale e collettivo, è anche legato all’esercizio di tale libertà (e responsabilità).

Poche caratteristiche comuni e molte differenze
Parlando di «immigrazione italiana in Svizzera» è bene evidenziare anche che la sua storia è difficilmente riassumibile in poche pagine non solo perché si è svolta in un arco di tempo molto ampio (oltre un secolo e mezzo) e si è sviluppata in contesti storici, politici ed economici molto diversi, ma anche perché ha coinvolto milioni di persone, provenienti da regioni e contesti socioeconomici diversi, con mentalità, abitudini, formazione, aspettative diverse e con esiti assai differenti. Uno sforzo di sintesi sarà pertanto inevitabile.
La complessità della materia pone qualche difficoltà anche al linguaggio, per cui, per esempio, quando si parla «immigrazione italiana» senza riferimento a epoche e contesti precisi l’espressione ha il valore di semplice aggregato linguistico utilizzato per indicare genericamente gli immigrati italiani di diverse epoche, provenienze, ecc. Tanto più che gli «immigrati italiani in Svizzera» non hanno mai costituito una popolazione omogenea.
Le varie generazioni di immigrati hanno infatti avuto sempre poche caratteristiche comuni. Fino agli anni Settanta si poteva dire che gli immigrati italiani erano giunti in Svizzera desiderosi di una vita migliore, moltissimi erano disposti a svolgere qualsiasi lavoro, anche pericoloso, intendevano farsi un bel gruzzolo e poi rientrare in patria per costruirsi la casa, mettere in sicurezza la famiglia, garantire ai figli un avvenire meno faticoso e più dignitoso. In comune avevano anche di essere quasi tutti poco scolarizzati e con conoscenze della lingua locale scarse o nulle. Le differenze erano più numerose. Esse riguardavano in particolare la provenienza (da ogni parte d’Italia), la formazione scolastica, il lavoro esercitato prima e dopo, la capacità di adattamento, le aspettative, i progetti per il futuro, ecc.

Bilancio complessivamente positivo
Di fronte alla complessità dell’immigrazione italiana in Svizzera e alla difficoltà di raccontarla tenendo conto dei vari aspetti, numerosi studiosi hanno preferito una semplificazione inaccettabile, quella di drammatizzare troppo le difficoltà (fino a considerare gli immigrati i moderni schiavi dell’imperialismo economico) e sia quella di enfatizzare troppo i successi (generalizzandoli ed esagerandoli).
In una narrazione distaccata e serena, non ideologizzata, le varie voci, attive e passive, riportate obiettivamente, alla fine devono essere messe a confronto in una sorta di bilancio. Soprattutto il saldo è importante, non le singole voci. In un ipotetico bilancio di tutta la storia dell’immigrazione italiana in Svizzera, il saldo non potrebbe che essere positivo, favorevole agli immigrati italiani. Si potrebbe obiettare che per il popolo svizzero è (stato) più positivo e sarebbe difficile negarlo, ma ciò non toglie che sia (stato) positivo anche per gli immigrati.
Per convincersene basterebbe mettere a confronto il prima dell’espatrio (ricordando le ragioni dell’emigrazione: povertà, debiti, desiderio di un lavoro stabile, certezza del reddito, ricerca del meglio, dare un futuro ai figli, ecc.) e il dopo (gran parte degli obiettivi raggiunti, soddisfazione familiare, maggiori possibilità per i figli, ecc.).

La prova e il merito del successo
Lo storico o chiunque voglia conoscere e capire il fenomeno migratorio non dovrebbe limitarsi a osservare episodicamente l’intermezzo (il periodo di emigrazione tra il prima e il dopo), ma concentrare l’attenzione soprattutto sul dopo, sui risultati. La fase intermedia, la vita della prima generazione, è certamente fondamentale, ma l’orizzonte dell’osservazione va spinto in avanti. E’ vero che per molti decenni, almeno fino agli anni Ottanta del secolo scorso, gli immigrati italiani hanno avuto una vita difficile, ma non c’è dubbio che anche per loro il bilancio è positivo perché, almeno nella maggioranza dei casi, hanno raggiunto gli obiettivi che si erano proposti, soprattutto quello fondamentale di assicurare un futuro più sereno ai loro figli e nipoti.
L'immigrazione italiana verso la Svizzera continua ancora!
Questa riuscita, attestata dall’alto grado d’integrazione dei giovani italiani (con o senza la doppia nazionalità), che garantisce le stesse possibilità di carriera professionale degli svizzeri e lo stesso stato sociale, è la prova della riuscita anche delle prime generazioni. I livelli raggiunti nel mondo economico, sociale, culturale, politico rappresentano anche il superamento del cliché della «vita dell’emigrato» narrata da chi tende ad esasperare, spesso in chiave politica e ideologica, la drammaticità di alcuni aspetti dell’esperienza migratoria specialmente in certi periodi di accentuata xenofobia. Per questo mi sembra doveroso riconoscere (anche) agli immigrati il merito del successo.

Uno sguardo distaccato e partecipe
Nella narrazione intendo mantenere un atteggiamento allo stesso tempo distaccato e partecipe, osservando il fenomeno immigratorio dall’esterno e dall’interno in tutti i suoi aspetti essenziali. Cercherò di mettere in luce sia il contesto storico, politico, economico italiano e svizzero in cui si susseguirono i flussi immigratori dall’Italia verso la Svizzera e sia le principali caratteristiche socio-demografiche, culturali e professionali degli immigrati, attingendo a fonti statistiche, documentarie e orali, anche inedite, oltre che alla mia stessa esperienza.
Sarà inevitabile, in questa trattazione, dare qua e là valutazioni sulle politiche migratorie italiana e svizzera, come pure su atteggiamenti e comportamenti degli stessi immigrati e delle loro organizzazioni, rifiutando tuttavia quelle visioni ideologizzate che si servono soprattutto di contrapposizioni (spesso di tipo manicheo tra buoni e cattivi, sfruttati e sfruttatori) che, a mio parere, non tengono sufficiente conto dei fatti, del contesto socio-politico e delle stesse caratteristiche degli immigrati.
L’immigrazione italiana in Svizzera è soprattutto una storia di donne e uomini coraggiosi alla ricerca del meglio, è una storia interessante e avvincente. (Segue)
Giovanni Longu
Berna 18.01.2017