Cosa fanno gli
italiani in Svizzera in età di formazione? Rispetto agli svizzeri, gli italiani
seguono percorsi formativi diversi? Quali sono, eventualmente, le principali
differenze? Rispondere con dati certi a queste o a simili domande significa
verificare il grado d’integrazione dei giovani italiani non solo nel sistema
formativo, ma anche nella società svizzera. Si dice e si scrive che i giovani
italiani sono generalmente «ben integrati» ed è vero. Eccone di seguito la
prova, almeno per quel che attiene alla formazione, che è poi la base
dell’integrazione complessiva.
Notevoli
miglioramenti nell’ultimo decennio
Poche decine di anni
fa la situazione era grosso modo la seguente: la maggioranza dei giovani con la
sola nazionalità italiana concludeva il percorso formativo con la scuola
dell’obbligo, una minoranza proseguiva con una formazione professionale
completa (certificato federale di capacità) o con una scuola di maturità,
pochissimi andavano all’università. La differenza rispetto agli svizzeri delle
stesse classi d’età era considerevole.
Nel frattempo la
situazione è notevolmente migliorata, nel senso che anche i giovani italiani dopo
la scuola dell’obbligo proseguono generalmente lo studio acquisendo una
formazione di grado secondario superiore e sono sempre più numerosi coloro che
compiono studi universitari. Praticamente non esiste più, stando ai dati più
recenti dell’Ufficio federale di statistica, alcuna differenza significativa
tra italiani e svizzeri.
Anzitutto nel grado
primario e secondario
Nel decennio 2006-2015,
nei due cicli principali (livello elementare e livello secondario inferiore) della
scolarità obbligatoria (grado primario) la ripartizione degli italiani risultava
quasi identica a quella degli svizzeri, con una differenza minima (a favore
quasi sempre degli svizzeri) di meno di un punto percentuale. Dunque, nel grado
primario l’integrazione dei giovani italiani è da ritenersi quasi perfetta.
Lo stesso livello
d’integrazione si osserva nel grado secondario superiore (scuole di maturità,
formazione professionale, altre formazioni post-obbligatorie), visto che svizzeri
e italiani frequentano le scuole superiori nelle stesse proporzioni rispetto al
loro numero per classe d’età nella popolazione residente. Le uniche differenze
per altro poco significative si riscontrano nella partecipazione alle due filiere
principali: mentre nella formazione professionale completa (con certificato
federale di capacità) gli italiani sono proporzionalmente più presenti degli
svizzeri, nelle scuole di maturità prevalgono gli svizzeri.
Nessuna
sottorappresentazione nel grado terziario
Ben diversamente che
in passato, da una decina d’anni si assiste a una crescente presenza degli
italiani anche nel grado terziario (università e politecnici, scuole
universitarie professionali, alte scuole di pedagogia). Negli ultimi dieci anni,
infatti, il loro numero è molto aumentato sia complessivamente (da 3893 nel
2006 a 6998 nel 2015) che nelle università/politecnici (da 2579 a 4731), nelle
scuole universitarie professionali (da 1032 a 2014) e nelle alte scuole
pedagogiche (da 105 a 253). Rispetto agli svizzeri gli studenti italiani sono
leggermente sottorappresentati solo in queste ultime. Complessivamente,
tuttavia, anche nel grado terziario gli italiani sono presenti nelle stesse
proporzioni degli svizzeri.
In conclusione
Il traguardo raggiunto
dai giovani italiani dimostra chiaramente il loro alto grado d’integrazione nel
sistema formativo svizzero. Questo è stato possibile soprattutto grazie alle
seconde e terze generazioni di italiani, che non hanno più l’handicap
linguistico che avevano i loro coetanei alcuni decenni fa. Si deve tuttavia
aggiungere che il percorso compiuto è stato molto lungo e accidentato. Si sono
dovuti superare numerosi ostacoli di natura istituzionale e psicologica e alla
loro rimozione hanno contribuito in tanti, svizzeri e italiani, sorretti dalla
convinzione che la collaborazione facilita il compito e che il miglior
investimento per il futuro è quello che si fa nella formazione dei giovani. I
risultati lo confermano.
Dal prossimo numero inizierà in questa rubrica una narrazione succinta
ma eloquente del lungo cammino dell’immigrazione italiana in Svizzera verso
quella che oggi, anche alla luce di quanto detto prima, è giusto definire
un’integrazione riuscita.
Giovanni Longu
Berna, 3 gennaio 2017
Berna, 3 gennaio 2017