20 settembre 2017

Ignazio Cassis rappresentante dell’italianità



Con Ignazio Cassis, dopo 18 anni, l’italianità come espressione linguistica e culturale di una regione e di una popolazione della Svizzera è nuovamente rappresentata in Consiglio federale.
La candidatura di Cassis, data per vincente fin dalla sua presentazione, in queste ultime settimane è stata da più parti contrastata. Trovo questi contrasti vitali per la democrazia, ma anche per la raffinazione del prodotto che esce da questo crogiuolo.
Ignazio Cassis era il miglior rappresentante di questa italianità assente dalla stanza dei bottoni ormai da troppo tempo. Era anche, a mio parere, il più meritevole, non tanto o non solo per le sue indubbie competenze politiche, ma perché era quello che in questi ultimi anni, soprattutto dopo la bocciatura della sua precedente candidatura nel 2010, ha lavorato meglio, a mio parere, per creare le condizioni per dare all’italianità una giusta rappresentanza nell’esecutivo federale.
Ignazio Cassis, personalità di grande intelligenza che tutti gli riconoscono, ha fatto tesoro degli errori commessi in parte da lui stesso ma soprattutto dai media ticinesi nella precedente candidatura, che finirono per farlo apparire una candidatura di bandiera e una sorta di «rivendicazione regionale-ticinese». In buona fede riteneva che fosse chiaro che lui si presentava come esponente della «Svizzera italiana» e non soltanto del Cantone Ticino. Non fu creduto, probabilmente non solo per difetto di comunicazione ma anche per ragioni politiche e culturali.
Qualche mese dopo la sconfitta in un’intervista rilasciatami ammetteva: «Fatichiamo ad essere un Cantone autorevole agli occhi dei Confederati. Lo sguardo che la Svizzera tedesca e francese posano sul nostro Cantone è caratterizzato dalla simpatia che si prova per i parenti poveri: esiste un diffuso e strisciante complesso di superiorità nei nostri confronti, che si manifesta pienamente quando la posta in gioco si fa seria, quando – per esempio – sono in gioco i posti di potere dell’economia o della politica svizzera».
Per far superare i complessi da una parte e dall’altra, Cassis in questi anni ha lavorato molto e bene sia a livello della comunicazione che della sostanza. Ha introdotto più chiarezza nel linguaggio, parlando più della Svizzera italiana e dell’italianità che del Ticino (e ne ha dato molte prove in queste ultime settimane), tenendo sempre presente la sostanza: il diritto della Svizzera italiana e della comunità italofona e più in generale della componente culturale italiana della moderna Confederazione ad essere rappresentata anche nell’esecutivo federale, come del resto prescrive la stessa Costituzione.
Il lavoro di questi anni è stato premiato. Nel 2011 Cassis dichiarava nell’intervista citata: «Continuerò certamente a lottare perché la terza Svizzera sia riconosciuta a pieno titolo: sono persuaso che ne va dell’essenza stessa della Svizzera e della coesione nazionale». Il fatto che sia stato eletto sta a significare, oltre al riconoscimento personale per le sue competenze e capacità, che il lavoro tenace di persuasione svolto in questi anni è penetrato nelle coscienze della maggioranza dei parlamentari e forse dell’opinione pubblica svizzera che, stando ai sondaggi, era favorevole a Cassis. E’ questo il massimo risultato che ci si poteva francamente attendere.
Di fronte a questo risultato, credo che anche la componente strettamente «italiana» dell’italianità della Svizzera possa ritenersi non solo soddisfatta, ma orgogliosa di avere un suo degno rappresentante in seno al Consiglio federale. Perché Cassis l’italianità, anche se non risulta più dal passaporto, ce l’ha nel sangue e nella testa e ne ha fatto addirittura una bandiera. Congratulazioni e auguri, Ignazio Cassis.
Giovanni Longu
Berna, 20.09.2017

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