Il 25 aprile 1945 è
giorno memorabile per l’Italia, perché segnò la fine di un incubo e l’inizio di
una speranza, per altro non ancora completamente realizzata.
In Italia, grazie alle sollevazioni popolari e all’arrivo delle forze alleate, quasi ovunque cessarono i combattimenti: il popolo italiano poteva celebrare la sua vittoria sui nazifascisti e sperare in uno sviluppo pacifico e democratico dell’Italia e del mondo.
In Italia, grazie alle sollevazioni popolari e all’arrivo delle forze alleate, quasi ovunque cessarono i combattimenti: il popolo italiano poteva celebrare la sua vittoria sui nazifascisti e sperare in uno sviluppo pacifico e democratico dell’Italia e del mondo.
Lo stesso giorno
iniziava a San Francisco una conferenza internazionale per gettare le basi di
un nuovo sistema internazionale di sicurezza collettiva, l’Organizzazione delle Nazioni Unite (ONU). Vi
parteciparono delegati di una cinquantina di nazioni che
avevano combattuto contro la Germania e i suoi alleati. Pur non essendo una
conferenza di pace, per volontà dei vincitori furono esclusi i delegati dei
Paesi sconfitti, dunque anche dell’Italia. Un’onta per l’Italia, come ricorderà
il presidente del Consiglio Alcide De Gasperi l’anno seguente alla conferenza
di pace di Parigi (29 luglio-15 ottobre 1946) in un celebre discorso che iniziava
con queste parole:
«Prendo la parola in questo consesso mondiale e sento che tutto, tranne la vostra cortesia, è contro di me: è soprattutto la mia qualifica di ex nemico, che mi fa ritenere un imputato, l'essere arrivato qui dopo che i più influenti di voi hanno già formulato le loro conclusioni in una lunga e faticosa elaborazione.
[...] Ho il dovere innanzi alla coscienza del mio paese e per difendere la vitalità del mio popolo di parlare come italiano, ma sento la responsabilità e il diritto di parlare anche come democratico antifascista, come rappresentante della nuova Repubblica che, armonizzando in sé le sue aspirazioni umanitarie di Giuseppe Mazzini, le concezioni universalistiche del cristianesimo e le speranze internazionalistiche dei lavoratori, è tutta rivolta verso quella pace duratura e ricostruttiva che voi cercate e verso quella cooperazione fra i popoli che avete il compito di stabilire».
«Prendo la parola in questo consesso mondiale e sento che tutto, tranne la vostra cortesia, è contro di me: è soprattutto la mia qualifica di ex nemico, che mi fa ritenere un imputato, l'essere arrivato qui dopo che i più influenti di voi hanno già formulato le loro conclusioni in una lunga e faticosa elaborazione.
[...] Ho il dovere innanzi alla coscienza del mio paese e per difendere la vitalità del mio popolo di parlare come italiano, ma sento la responsabilità e il diritto di parlare anche come democratico antifascista, come rappresentante della nuova Repubblica che, armonizzando in sé le sue aspirazioni umanitarie di Giuseppe Mazzini, le concezioni universalistiche del cristianesimo e le speranze internazionalistiche dei lavoratori, è tutta rivolta verso quella pace duratura e ricostruttiva che voi cercate e verso quella cooperazione fra i popoli che avete il compito di stabilire».
Il 25 aprile 1945,
dedicando un articolo alla Conferenza di San Francisco («San Francisco e l’Italia»),
il quotidiano socialista ticinese Libera Stampa, scriveva: «Se avessero
dovuto decidere della presenza d'Italia a S. Francisco i nemici che realmente
conobbero il popolo italiano, i fuggiaschi francesi e polacchi, i profughi
greci e jugoslavi, i prigionieri di guerra, gli internati ebrei, le truppe
alleate che procedono combattendo in Italia, certamente alla delegazione
italiana spetterebbe oggi un posto d'onore, quale rappresentante di un popolo
che ha commesso gravi errori per inesperienza politica e per insufficienza o
complicità delle istituzioni, ma in ogni momento della sua storia, al cospetto
di ogni altro popolo, sempre ha voluto ascoltare il battito del proprio cuore,
incapace di odio. Né è forse errato ritenere che alla rigenerazione del mondo,
alla sua trasformazione ed al suo miglioramento, le doti di bontà innata, di
evangelica comprensione siano del tutto inutili».
Ricordare così il 25
aprile del 1945 ha ancora un senso.
Giovanni Longu
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